Le Interviste degli Eroi

ESCLUSIVO – Intervista a Giancarlo De Sisti : “La Partita del Secolo? Eravamo tutti nati tra il ’38 e il ’44… abituati al senso del sacrificio”

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GLIEROIDELCALCIO.COM (Federico Baranello) –“Ci vorranno un paio di giorni per renderci conto che partita abbiamo vinto e come l’abbiamo vinta. Io credo che di questa Italia-Germania tra dieci anni si parlerà ancora con gli stessi accenti di adesso. Il problema è di dormirci su. Sarebbe bello svegliarsi domenica mattina quando dovremo affrontare il Brasile” (Cit. La Gazzetta dello Sport, 19 giugno 1970).

Queste parole sono state pronunciate da Giancarlo “Picchio” De Sisti cinquant’anni orsono, il 17 giugno 1970, al termine della gara passata alla storia come “La partita del Secolo”, ItaliaGermania4a3, pronunciata senza pause e scritta senza spazi, così come sono stati quei fantastici e leggendari supplementari: un susseguirsi di colpi di scena, emozioni e palpitazioni… nessuna pausa.

Abbiamo raggiunto “Picchio”, “Trottola” in romanesco, per capire se quelle frasi pronunciate a caldo da un ragazzo di 27 anni, dopo cinquant’anni, hanno un sapore o un significato diverso.

Leggiamo a De Sisti questa sua dichiarazione dell’epoca … “Intanto ho sbagliato perché ho detto che ne avremmo parlato dieci anni dopo ed invece ne sono trascorsi cinquanta e ancora ne parliamo …”, ci dice ridendo.

Partiamo dalla prima frase … “Ci vorranno un paio di giorni per renderci conto che partita abbiamo vinto e come l’abbiamo vinta

L’abbiamo vinta sorridendo”, ci rivela il campione, “non dominando, soffrendo tanto e grazie alla volontà e alla personalità della squadra e una dose di fortuna. Tutte componenti queste che ci hanno portato alla vittoria. Abbiamo vinto perché siamo stati più bravi… mi spiego meglio.

Qualche tempo fa Sepp Maier, il portiere tedesco, disse che noi siamo stati “catenacciari” e che ci siamo messi in difesa al contrario loro che, invece, avrebbero attaccato generosamente. Nella stessa intervista c’erano anche Muller, che fu abbastanza polemico, oltre a Overath e Seeler che ho trovato invece più equilibrati nelle loro dichiarazioni. Intanto dobbiamo precisare che loro sono stati in svantaggio dall’8° minuto del primo tempo, dal gol di Boninsegna, sino ad oltre il 92° minuto quando hanno trovato il pareggio con Schnellinger. Poi andarono in vantaggio con Muller all’inizio del primo tempo supplementare. Poi pareggiamo con Burgnich su un loro errore difensivo. Poi, quasi al termine del primo tempo supplementare, torniamo in vantaggio dopo un assolo di Riva in contropiede. Poi ancora Muller a ristabilire la parità momentanea intervenendo di testa con Rivera che cercava di deviare la palla. Quindi io dico… se dopo una partita di questo tipo, a pochi minuti dalla fine, dopo che hai “ripreso” la partita, non puoi criticare il nostro gioco, questo è il nostro calcio. E sono i risultati quelli che alla fine contano. Loro hanno detto che attaccavano? In quel momento erano undici tedeschi nella loro metà campo, abbiamo ribattuto il calcio d’inizio, Boninsegna-Rivera, io a Facchetti, palla a Boninsegna che ha galoppato sulla sinistra e ha crossato. Maier dovrebbe spiegarmi come fa Rivera che ha seguito l’azione a trovarsi da solo all’altezza del dischetto del rigore. Come fa…! Questi sono errori enormi, non centra nulla il fatto di giocare di rimessa. Loro erano schierati. Queste sono le ragioni della nostra vittoria finale.

Vero che loro hanno attaccato in massa in alcuni momenti, ma noi avevamo il nostro gioco: il libero staccato e con una previsione di recupero palla intorno i 35/40 metri per una rimessa veloce a innescare il contropiede rapido. Questa era la nostra arma, niente di più, niente di meno. Chiaro anche che se vai in vantaggio all’ottavo minuto non ti “butti” nemmeno in attacco. Poi certo abbiamo anche subito il loro gioco e Albertosi ha anche neutralizzato alcune conclusioni. “

Il prezioso tagliando d’ingresso alla Partita del Secolo (Collezione Matteo Melodia dal libro “World Cup Tickets” di M. Melodia, Anniversary Books, 2018)

Torniamo all’altra sua frase … “Io credo che di questa Italia-Germania tra dieci anni si parlerà ancora con gli stessi accenti di adesso…”. Cosa l’aveva portata a pensare che se ne sarebbe parlato a lungo…?

“Il computo delle emozioni era stato così elevato e così intenso che era riscontrabile in poche altre circostanze. Ci sono state due partite, una nei primi 92 minuti di gara, un’altra nei successivi trenta. In questa seconda frazione la questione tattica si era persa, era saltata. Era più la forza nervosa ad imporsi insieme all’energia di una Nazionale composta da gente che conosceva il valore del sacrificio, di quella mentalità del “guadagnarsi il pane momento dopo momento”. Eravamo i figli di una generazione che aveva fatto la guerra e noi stessi eravamo nati tra il ’38 e il ’44, quindi non in una situazione di benessere. Eravamo abituati al senso del sacrificio, al lavoro e al sudore. Avevamo la capacità di stringere i denti, valori che arrivavano appunto dai nostri genitori. Mio padre, come tanti altri, era stato prelevato per essere portato nei campi di concentramento e solo grazie ad uno stratagemma riuscì a salvarsi, ma tornò a casa dopo quasi un anno…

Ma torniamo alle emozioni della partita… dicevo di queste forti sensazioni … si capiva che non erano solo in campo ma anche sugli spalti. E questo alternarsi di situazioni faceva sobbalzare il cuore. Noi ci guardavamo tra di noi in campo, per trovare coraggio nell’altro o per sfogarsi ma comunque poi ci si incoraggiava”

“Il problema è di dormirci su. Sarebbe bello svegliarsi domenica mattina quando dovremo affrontare il Brasile”. Cosa si nasconde dietro queste parole?

“Beh sapevamo di dover affrontare una grande squadra. Noi avevamo giocato a Puebla e a Toluca a oltre 2.500 metri d’altezza dove era difficile sostenere andature elevate e recuperare: eravamo consapevoli della spesa energetica avuta anche per via dei supplementari, cosa che i Brasiliani non avevano dovuto effettuare. Pensavamo, prima della gara, che la loro velocità potesse trovare un ostacolo nell’altitudine… invece… correvano correvano… forse anche un po’ disordinatamente. un pressing che metteva in luce le loro risorse anche atletiche, ma era più un arrembaggio. Noi ci siamo difesi in modo gagliardo. Sentivamo la responsabilità di rappresentare l’Italia, in modo particolare quando il Presidente Franchi ci portò la testimonianza di ciò che stava succedendo in Italia dopo la partita con la Germania: un paese pieno di gioia unito nel tricolore. Non erano grandi momenti per il nostro paese e sapere che tanta gente aveva partecipato con gioia ai nostri successi ci trasmise tanto, tanto orgoglio. Fino al 66’ siamo stati in partita, poi forse un po’ di stanchezza psicologica dopo il vantaggio dei brasiliani. Ma questa è un’altra storia…”

Sempre dalla Gazzetta di quel giorno, “Le Pagelle”…“DE SISTI – Come logico, in pratica mediano. Lui che vede il gioco è giusto che sosti poco dinanzi l’area azzurra a comandare la manovra: nei suoi spunti a rete era stato più fortunato in occasioni precedenti. Ottimo”. Le sembra una descrizione corretta?

“Al 117’ minuto ho fatto un allungo poderoso, io che di allunghi poderosi in carriera non è che ne abbia fatti tanti. Non era una azione a me congeniale, mai portavo la palla così tanto; in quel momento però ce n’era bisogno. Andavo avanti e non mi fermava nessuno e alla fine mi hanno fatto fallo. In quella cavalcata ho attinto risorse non so nemmeno io dove, ma la situazione mi ha portato a dare più di quello che normalmente avevo. Mi sono adattato come mio costume avendo a riferimento il centrocampista, con un compito di bilanciare il settore numericamente e come occupazione di spazi, che non dovevano essere troppi. Lo feci bene in questa occasione, anche con dei recuperi che normalmente non erano i miei. Io basavo tutto sull’intelligenza tattica, sul posizionamento, sulla semplicità del gioco, sul funzionamento dei reparti. Non dovevo tenere la palla più di tanto, questo era compito di Mazzola o Rivera o iniziativa negli ultimi 16 metri degli attaccanti. Ho fatto anche un paio di falli su Grabowski solo per generosità di intercettarlo, sono arrivato fuori tempo. Comunque si, mi ci ritrovo”.

Rivera “butta” la palla dentro …. È fatta?

In una partita che era andata in quel modo c’era da aspettarsi di tutto. Ma la gioia è stata incontenibile, una gioia “quasi a volersi fidanzare con Rivera”… eravamo a 10 minuti dalla fine… un momento di estasi  personale e collettiva. Pensammo: “Ora ci mettiamo tutti dietro e non passano più”. Ovviamente una cosa è dirlo e una cosa farlo… davanti avevamo giocatori quali Overath, Beckenbauer e Muller ma anche Schnellinger, tutti in avanti insomma.

Cinque reti in meno di mezz’ora certificano che nessuno ha dominato: è stata una partita combattuta dal primo all’ultimo minuto. Diciamo che il gol di Boninsegna all’8’ ci ha messo nella condizione di poter scegliere la tattica migliore. Una tattica che per noi è basata sulla difesa e gli attaccanti in contropiede. Poi in realtà non l’abbiamo sfruttata a dovere perché siamo arrivati alla fine dei tempi regolamentari senza riuscire a fare il raddoppio e subendo invece la rete del pareggio. Comunque abbiamo vinto la partita del Secolo…”.

De Sisti ha vinto uno Scudetto, una Coppa Italia e una Mitropa Cup con la Fiorentina, una Coppa Italia e una Coppa delle Fiere con la Roma oltre all’Europeo del 1968 con la Nazionale… “Ma questa è la partita che ho nel cuore” dice, “il punto più alto della mia carriera. Certo lo scudetto con la Fiorentina è stato il premio di un anno di lavoro e anche di più, in una piazza non abituata a vincere. Emozionante anche la vittoria con la Nazionale in Europa nel 1968 arrivata dopo 30 anni dall’ultimo successo, quello del Mondiale del 1938. Anche quest’ultimo successo non ha avuto la risonanza a livello mondiale che ha avuto e ancora ha nel mondo questa partita. Una cosa che rende fieri e orgogliosi di esserci stati”.

Grazie per le emozioni regalateci… grazie grande Campione.

 

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