(GLIEROIDELCALCIO.COM di Andrea Gioia)
“C’E’ TANTA PAURA DI RIPERDERE. FACCIAMO LE CORNA”
Con questo eloquente titolo de La Gazzetta dello Sport si svegliavano gli italiani il 23 Giugno del 1994.
Siamo negli Stati Uniti ed è la torrida estate che ospita un torneo attesissimo.
Una Nazionale Italiana piuttosto giù di corda sta per giocare la sua seconda partita di un Mondiale ancora senza vittorie.
Un esordio da dimenticare contro l’Eire e le perenni critiche dei giornalisti, più interessati ad inculcare negatività piuttosto che ad esaltare l’ambiente.
Lo Giants Stadium, poco sapientemente scelto per ospitare le partite azzurre della prima fase, è una bomboniera ribollente di tifo italico e di caldo asfissiante.
Quel giorno la partita è fondamentale.
Chi vince ha buone speranze di andare avanti.
Lo stratega di Fusignano, al secolo Arrigo Sacchi, disegna una formazione con due piccoli in attacco (supportati da Casiraghi) ed un centrocampo fatto da gente di gamba, tiro e altezza.
Nicola Berti ed il secondo Baggio, Dino, sono le scelte giuste per combattere lo scontato predominio aereo dei giganti norvegesi.
In difesa, un esordiente Benarrivo affianca Costacurta, Baresi e Maldini, sostituendo Tassotti sulla fascia destra.
Gli avversari sono tosti e tenaci, con un attaccante di peso del quale si parla un gran bene: Tore Andre Flo.
La partita inizia con un vero e proprio assedio, seppur sterile. Ci provano, in sequenza, Baggio, Casiraghi e Berti. Poca fortuna e tanta bravura del portiere Thorstvedt, soprattuto sul colpo di testa del Nicolino nerazzurro. Ma il risultato non si sblocca.
Minuto 21. La linea difensiva italiana è quasi a centrocampo.
Succede così che da una piccola distrazione si arrivi all’evento che cambierà la storia di quell’incontro.
Rushfeldt riceve la palla e la infila nel corridoio giusto, di prima, per lo scattante Leonhardsen che punta dritto verso Pagliuca.
Fuorigioco fatto male ed il portiere sampdoriano costretto ad andare fuori area e a fermare con la mano il pallonetto del norvegese.
Krug non ha dubbi: è rosso diretto.
A questo punto il buon Arrigo è chiamato a prendere una decisione. Con un portiere espulso e un altro pronto ad entrare, bisogna sacrificare necessariamente un attaccante.
Dentro Marchegiani e fuori Roberto, quello col codino, quello dai piedi raffinati, quello che tutto il mondo ci invidia.
In quel momento il silenzio in campo diventa surreale e così accade che Pizzul e Baggio, protagonisti in maniera diversa di quell’istante, vengano accomunati dall’incredulità per quella decisione all’apparenza assurda e inefficace.
Ma la partita continua, tra il caldo asfissiante ed i minuti che passano.
E’ il quarto del secondo tempo. Il grande capitano Baresi sta intervenendo in scivolata per bloccare un attacco dei norvegesi; nulla di più normale, ma qualcosa va storto. Il leone rossonero ha appena rotto il menisco ed è costretto ad andare fuori, abbandonando il sogno di portare a casa il suo ultimo Mondiale. Forse.
Italia in 9 contro 11 per alcuni minuti prima che Apolloni, un altro debuttante, venga gettato nella bolgia dei 74000 del Giants.
Nella frenesia di un secondo tempo confuso e poco chiaro, succede che un altro Roberto si erga come ultimo baluardo di una squadra ormai arresa al suo destino.
Beppe Signori da Alzano Lombardo, il bomber della Lazio diventato ala sinistra più per sacrificio di squadra che per propensione tecnica, ha deciso di prendere in mano la squadra.
Si butta su ogni pallone, lotta e, al 69esimo, batte una punizione.
E pensare che doveva andare fuori lui dopo l’espulsione.
Un sinistro magico al centro dell’area, pilotato verso la testa del giocatore più alto tra i giganti del nord.
Dino Baggio sta aspettando quel pallone; lo vede, lo sente, capisce che può essere suo e salta tra tre avversari.
Il numero 13 impatta la palla con forza e la mette sotto la traversa; questa volta a nulla vale il colpo di reni del reattivo portiere della Norvegia.
Alla faccia del buon Candido Cannavò che, nella prima pagina de La Gazzetta dello Sport di quel giorno, suggeriva di battere i “vichinghi” attraverso “la velocità e la fantasia e non certo con trame marionettistiche pilotate verso il nulla”.
L’Italia sta per vincere una partita strana, a tratti sfortunata e piena di colpi di scena.
Quella del 23 Giugno del 1994 sarà ricordata come la partita dei due Baggio.
Almeno per quel giorno, Dino sarà quello che si prenderà la scena, anche se Roberto se la cavò con un “questo è matto” in mondovisione.