L’omaggio a Jan Jongbloed
Il ruolo del portiere di calcio è quello che ha subito più mutamenti nella storia, dovuti alle tante variazioni regolamentari che lo hanno interessato. Oggi il prototipo del portiere moderno può essere individuato nel tedesco Manuel Neuer, nel francese Mike Maignan o nel camerunese André Onana, formidabili tra i pali ed eccellenti con i piedi, la storia, naturalmente, inizia molti anni fa e nella squadra più improbabile. Correva la fine degli Anni Sessanta, il grande tumulto sociale dell’epoca investì anche il calcio, con l’affermazione dell’Olanda e del Calcio Totale di Rinus Michels e Johan Cruijff, con una fioritura di campioni unica in ogni ruolo. Con un modulo così offensivo ed eclettico si adeguò anche il ruolo del portiere, e bene lo interpretò l’attore dell’epoca, Jan Jongbloed, tra l’altro di professione tabaccaio, perché non tutto il calcio olandese di quei tempi era professionistico.
Il suo modo di stare in porta divenne qualcosa di completamente diverso rispetto all’interpretazione del ruolo fino ad allora, con il portiere che invece di restare ancorato alla sua porta usciva a giocare anche con i piedi, partecipando da difensore aggiunto alla manovra della squadra, forse questo vero simbolo del calcio diventato poi totale. Jongbloed era anche un tipo estroso, fantasia che riversava sul campo con giocate e parate a volte estemporanee nello stile, ma questa stravaganza non gli impedì, con la sua Nazionale, di raggiungere due finali mondiali che si tinsero d’argento mancando il metallo più prezioso, a Germania Ovest 1974 e Argentina 1978.
La rottura dei canoni del ruolo portata da Jan è facilmente individuabile anche nel look: con lui iniziò a chiudersi l’epoca delle maglie nere con rare concessioni al grigio, indossando egli spesso un vistoso maglione giallo su pantaloncini bianchi, e anticipò anche la moda attuale dei numeri personalizzati, indossando il numero otto anziché il regolare numero uno, anche perché all’epoca i numeri per i tornei delle Nazionali spesso erano assegnati per ordine alfabetico. Una rottura degli schemi del ruolo totale, quindi, che ha funto da apertura alla modernità attuale. Jongbloed avrebbe poi avuto una carriera lunghissima, chiudendo a quarantasei anni, bizzarro come la sua carriera fu anche il conto che gli presentò il Destino, con la tragedia familiare della perdita del figlio, anch’egli portiere, ucciso da un fulmine davanti ai suoi occhi durante una partita.
GLIEROIDELCALCIO.COM (Raffaele Ciccarelli)