La storia del calcio è piena di grandi giocatori: è un assunto tanto banale quanto vero. Il quesito successivo da porsi è capire cosa trasforma un giocatore in mito. È, questa, una domanda meno banale di quello che può sembrare. Naturalmente, il primo parametro di valutazione è dato dalle capacità tecniche, dal talento di un giocatore, bravo al punto di entrare nell’immaginario collettivo. Molti, però, pur non possedendo qualità eccelse, sono diventati idoli dei propri tifosi per altre qualità: attaccamento alla maglia, carisma, spirito di sacrificio. Un’ultima categoria, infine, è quella cui appartengono quei campioni che rappresentano tutte le caratteristiche sopra elencate, ed hanno una definizione ben precisa: fuoriclasse, quei campioni eccelsi destinati a restare imperituramente nella memoria degli appassionati, e non solo, un pantheon, dove i pochi eletti hanno ormai completato l’apoteosi con il mondo divino. Pelé, Alfredo Di Stefano, Diego Armando Maradona. E Johan Cruijff.
Il tulipano amplifica la propria leggenda, avendo incarnato anche in cambiamento epocale nella storia del calcio. Pelé, Maradona, Di Stefano sono stati fuoriclasse eccelsi rappresentativi di un’epoca, posti nel pantheon in cui assiederanno, quando smetteranno di giocare, Lionel Messi e Cristiano Ronaldo, anch’essi rappresentativi dell’epoca che hanno vissuto, in quanto questo scorcio iniziale degli anni Duemila si identifica in loro, nelle loro giocate. Cruijff è stato questo, ma anche qualcosa di diverso, tanto che il soprannome più azzeccato per designarlo resta sicuramente quello di “Profeta”. L’olandese non solo ha contrassegnato un’epoca con il suo talento, ma ha proprio rappresentato un nuovo modo di giocare, essendo egli il leader maximo di quella ventata di novità e freschezza che fu il calcio totale. Caso volle, o forse conseguenza, che la nuova concezione calcistica si affermasse in quel periodo di grandi cambiamenti sociali che fu il 1968.
La nuova ideologia: il calcio totale
Il calcio totale sembrava la giusta propaggine sportiva della nuova ideologia giovanile. Una reinvenzione integrale del modo di intendere e di giocare al calcio, antesignana e poi ispiratrice di tutte le successive espressioni del gioco, dal Barcellona, quasi per stigma naturale, poiché egli stesso lo spinse verso questa nuova frontiera, prima giocandoci e poi allenandolo, al Milan di Arrigo Sacchi, fino agli adattamenti attuali. Tutto questo fu Cruijff, prima nell’Ajax campione di tutto, poi nell’Olanda campione di nulla ma massima espressione dell’idea concepita da Rinus Michels e messa in pratica in campo da Johan in primis, un giocatore che “non è un attaccante, ma fa tanti gol. Non è un difensore, ma non perde mai un contrasto, non è un regista, ma gioca ogni pallone nell’interesse del compagno”, come ebbe a dire Di Stefano, tra l’altro massima espressione del club rivale in Spagna, il Real Madrid.
L’essenza stessa del Total Voetbal. Ad un certo punto della sua carriera, punto nell’orgoglio per aver perso i gradi di capitano nell’Ajax, Cruijff decide di andare via e trova sua città di adozione Barcellona, in Catalogna, dove lo aveva preceduto il suo mentore, Michels. La sua mentalità vincente rappresenta un pieno di insospettata energia per i blaugrana allora molto depressi, arrivano subito le vittorie in campionato e i successi sugli eterni rivali del Real Madrid, cosa che ne arricchisce il prestigio, ma anche l’invidia che spesso deve subire una star, oltre che ad essere costantemente al centro dell’attenzione. Il fattaccio accade una sera apparentemente tranquilla, un caldo lunedì di metà settembre del 1977, il 19 per l’esattezza. L’olandese e la sua famiglia, i tre figli e la moglie Danny Coster, si apprestano alla cena quando suonano alla porta.
Il rapimento di Johan Cruijff
Un corriere annuncia di avere un messaggio da parte di Michels, che alloggia poco lontano. Appena Danny apre la porta, però, si ritrovano sotto la minaccia di una pistola. L’obiettivo è quello di rapire l’asso olandese, ma il tentativo è maldestro quanto approssimativo, la donna riesce a liberarsi e a dare l’allarme, il rapitore preso e arrestato. Carlos Gonzalez Verburg risultò essere un balordo, probabilmente in cerca di notorietà, tifoso del Real Madrid, spinto da propositi di vendetta verso colui che rappresentava il simbolo della rinascita degli odiati catalani.
Per fortuna, nell’immediato e fisicamente per la famiglia Cruijff il tutto si risolse con un grosso spavento Diverso fu l’impatto emotivo sulla psiche del campione. Scosso per quanto accaduto, iniziò a vivere sotto scorta, poi ci fu la rinuncia al mondiale argentino del 1978 e l’addio al calcio europeo, andando a spendere gli ultimi spiccioli di carriera agonistica negli Stati Uniti.
La carriera la chiuse al Feyenoord. In linea come sempre con un personaggio mai banale, andando a vincere l’ultimo titolo olandese con i rivali del “suo” Ajax. Molte illazioni si sono fatte sulla sua rinuncia a partecipare ai mondiali del 1978, paventando il tentativo di sequestro come una ritorsione e intimidazione per essersi apertamente schierato contro la dittatura dei Generali nel paese che avrebbe ospitato il mondiale.
Potrebbe essere, come altrettanto vera potrebbe essere l’ipotesi di rivalsa del regime franchista, di cui il Barcellona rappresentava l’opposizione più accanita, oppure quella iniziale, di un fan del Real Madrid offuscato dalla gelosia. In merito ai mondiali, e al suo addio al calcio in Europa, lo stesso Cruijff anni dopo in un’intervista giustificò le decisioni con il desiderio di proteggere la famiglia che vedeva in pericolo.
Non solo Johan Cruijff eco gli altri episodi
Fatto sta che l’episodio in sé non rappresentava una novità: già nel 1963 fu sequestrato in Venezuela, da un gruppo rivoluzionario venezuelano, Alfredo Di Stefano, per 48 ore. Successivamente, in circostanze ancora più drammatiche, nel 1981 lo stesso Barcellona patì un altro rapimento, stavolta andato a segno, quello del centravanti Enrique Castro Gonzales detto Quini, rimasto nelle mani dei rapitori per circa venti giorni prima di essere liberato, ma mai ripresosi completamente dal trauma. Disavventure simili, con tentativi soprattutto maldestri di farsi pubblicità attaccando personaggi famosi, divi dello sport, in questo caso Johan Cruijff, dio del pallone di quell’epoca.
allenatore di calcio professionista, si dedica agli studi sullo sport, il calcio in particolare, dividendo tale attività con quella di dirigente e allenatore.
Giornalista pubblicista, socio Ussi e Aips, è membro della Società Italiana di Storia dello Sport (Siss), dell’European Committee for Sports History (Cesh), dell’Associazione dei Cronisti e Storici dello Sport (La-CRO.S.S.).
Relatore a numerosi convegni, oltre a vari saggi, ha pubblicato: 80 voglia di vincere – Storia dei Mondiali di Calcio (2010); La Vita al 90° (2011), una raccolta di racconti calcistici; Più difficile di un Mondiale – Storia degli Europei di Calcio (2012); Il Destino in un Pallone (2014), una seconda raccolta di racconti calcistici; Lasciamoli giocare-Idee per un buon calcio giovanile (Edizioni del Sud, Napoli 2016).
Per GliEroidelCalcio in convenzione S.I.S.S.