La parabola calcistica di José Laguna si è persa tra la polvere del tempo e della storia. Racconti sudamericani di fútbol che si possono ritrovare, ormai, solo in qualche vecchio libro in vendita su una bancarella di Montevideo o di Buenos Aires.
Oggi cercheremo di raccontarvela, ma per farlo bisogna cominciare da lontano: dall’inizio della rivalità tra argentini e brasiliani.
per GLIEROIDELCALCIO.COM Francesco Gallo
Un’antica rivalità
Tutto comincia quando l’ex presidente argentino Julio Roca, divenuto nel frattempo ambasciatore in Brasile, decide di organizzare una sfida tra la Nazionale del Paese in cui lavora e quello che gli ha dato i natali. E così Brasile e Argentina si affronteranno per la prima volta nel settembre del 1914 per aggiudicarsi la Copa Roca.
Ad assurgere a protagonista della partita è Roberto Leonardi, uno studente di medicina di chiare origini italiane. Dopo il vantaggio carioca siglato da Rubens Salles, a riportare la partita in parità è proprio Leonardi, il quale, però, appena torna a centrocampo, si presenta dall’arbitro brasiliano Borgeth e confessa di aver stoppato la palla di mano, e non con il petto. L’arbitro annulla. Il Brasile vincerà 1-0 quella partita grazie a un grande gesto di fair-play, in linea con gli insegnamenti dei college inglesi.
Sembrerebbe una storia a lieto fine, ma non lo è. Due anni dopo, in occasione della prima Copa América, le due squadre devono riaffrontarsi. Nel frattempo, però, il clima internazionale è totalmente cambiato. Ma l’eco degli spari che a Sarajevo hanno ucciso l’arciduca Francesco Ferdinando e dei colpi di cannone che si sparano nelle trincee di mezza Europa, giunge sulle rive sudamericane assai debole. L’America latina è distratta da un’altra guerra che sta per scoppiare, quella tra Argentina e Brasile. A livello calcistico, si tratta della più dura, della più combattuta e della più sentita rivalità tra nazioni.
Laguna, un gol dalla tribuna
In vista della sfida valida per il Campeonato Sudamericano de Football, un giurista argentino, si rifiuta di accogliere la squadra brasiliana e accompagnarla a Buenos Aires. Sventola una copia dell’Ariel, si appella all’orgoglio nazionale, e dichiara che mai avrebbe accolto quei ladrones di brasiliani sulla sua imbarcazione. Ai calciatori brasiliani toccherà dunque affrontare quattro giorni e cinque notti in treno per raggiungere la capitale argentina.
Finalmente si gioca. Tutto esaurito per la grande sfida. Ad arbitrare la difficile partita è stato chiamato Carlos Fanta, che in realtà è l’allenatore del Cile. L’Argentina, però, al momento di entrare in campo, ha un giocatore in meno che si è infortunato all’ultimo momento. Servirebbe un attaccante, e in panchina non ce ne sono. Che si fa? Dalle tribune alza il dito José Laguna, il goleador dell’Huracán. Potrebbe giocare lui. La delegazione ci pensa un po’ e poi dice sì. Lo convocano seduta stante. Il tempo di scendere negli spogliatoi e infilarsi la divisa ed ecco che Laguna segna il gol dell’uno a zero! La partita però finirà pari, 1-1, con il gol finale di Manoel Alencar Monte.
¡Vamos a jugar a muerte!
Cinque anni dopo, l’edizione del 1921 porta con sé un’importante novità: dopo l’ennesima sconfitta, il Cile è assente. Al suo posto c’è il Paraguay.
Ad Asunción il calcio è arrivato per mano del mercante olandese William Paats, salpato da Rotterdam, che nel 1895 aveva preso posto al Banco Mercantil della capitale. Avrebbe poi coinvolto gli alunni della Escuela Normal de Maestros e fondato la prima squadra: il Club Olimpia, ancora oggi il più titolato del Paese grazie a quaranta campionati nazionali, tre Coppe Libertadores e due finali di Coppa Intercontinentale, di cui una persa contro il Milan di Sacchi nel 1990.
La crescita economica del Paese, agevolata dalle esportazioni di carne e cotone, insieme alla rete ferroviaria inglese, ha permesso negli anni il contatto con l’Argentina e quindi con il calcio rioplatense.
E proprio dall’Argentina arriva l’allenatore del Paraguay: José Laguna, adesso negli inediti panni di commissario tecnico. Laguna esordisce sulla panchina paraguaiana proprio nella sua Buenos Aires allo stadio Barracas, contro i campioni uscenti dell’Uruguay. Ernesto Fígoli, allenatore della Celeste, si avvicina all’esordiente collega e gli dice: “José, dimmi a che numero di gol dobbiamo fermarci. Siamo tutti hermanos sudamericani, non vogliamo umiliare nessuno”. All’argentino salta la mosca al naso e risponde per le rime: “¡Vamos a jugar a muerte!”.
La partita sembra infatti una battaglia, e a uscirne vivi, alla fine, saranno incredibilmente proprio gli uomini di Laguna. Il Paraguay all’esordio sconfigge così i campioni uruguagi per 2-1, con gol di Gerardo Rivas e Ildefonso López. A nulla serve la rete di Piendibene, ormai vicino all’addio alla Nazionale.
Quella sarà l’ultima vittoria del Paraguay, dopodiché Laguna andrà ad allenare tra Brasile, Uruguay e Argentina. Tornerà nel 1930, giusto in tempo per regalare ai paraguaiani la prima qualificazione e la prima vittoria ai Mondiali. Ecco perché dalle parti di Asunción nessuno ha mai dimenticato l’argentino che ha ridato orgoglio e speranza a tutti i paraguaiani. Almeno per 90 minuti.
Nato a Cosenza, classe 1985, è storico, regista cinematografico e scrittore. Autore di diversi saggi e documentari sulla storia dello sport, è anche membro della Siss e dell'Anac. Da qualche anno lavora come supplente a Torino e ha da poco fondato la propria casa di produzione.