Quando si deve scrivere di grandi squadre, si entra in mondi a parte, isole nell’oceano, ognuna con la propria storia, il proprio passato e il proprio futuro.
Vale per tutte, e tutte rappresentano mondi separati accomunati dalla galassia che condividono, denominata calcio, dove ognuna conduce lotte strenue per imporsi sulle altre, in maniera incruenta, ma con identico obiettivo.
Come nelle grandi saghe storiche o nei distopici mondi fantascientifici, sono gli uomini, poi, a decidere i loro destini e i mondi che abitano.
Nel calcio sono grandi o piccole figure del passato ad aver creato l’impulso primigenio che poi è cresciuto nel tempo fino a diventare Storia, se non Mito o Leggenda.
Tutto questo, calcisticamente parlando, in Europa ha un nome ben preciso: Real Madrid.
La squadra spagnola è il riferimento indiscusso non solo nel Vecchio Continente, ma anche nel mondo, un prestigio costruito e accresciuto negli anni vincendo in serie il torneo che più di tutti identifica la regina del calcio, la Coppa dei Campioni.
Non che il Real non fosse famoso: fondato ufficialmente nel 1902, nella prima metà del Novecento vantava già una bacheca ricca di trofei, ma fu con l’elezione a presidente nel 1943, al termine della Guerra Civil, di Santiago Bernabeu che il club iniziò a emergere a fama internazionale.
Bernabeu ristrutturò club, stadio e soprattutto iniziò a costruire squadre zeppe di campioni, caratteristica che è viva ancora oggi, ingaggiando i vari Alfredo Di Stefano, Ferenc Puskas, Raymond Kopa, affiancandoli ai talenti locali già in organico, Miguel Muñoz, Paco Gento, tra gli altri.
Fu in quegli stessi anni che sui giornali internazionali specializzati iniziò a sorgere il quesito su quale fosse la squadra più forte del Continente: gli ungheresi, rappresentanti di una scuola calcistica all’epoca in auge, vantavano la Honvéd di Budapest; l’Italia aveva nei rossoneri del Milan la squadra più rappresentativa; per gli inglesi, gli inventori del calcio moderno, non c’era nessuno più forte del Wolverhampton; per gli spagnoli i più forti erano, appunto, quelli del Real Madrid.
Era evidente come occorresse inventare una qualche competizione che dirimesse la questione sul campo, proprio in quel periodo erano maturati i tempi, l’Europa era almeno in apparenza pacificata dopo le due guerre mondiali, da poco era stata fondata anche la Uefa.
Fu così che su impulso di Gabriel Hanot, direttore de L’Equipe, fu proposta la nuova competizione che fu denominata Coppa dei Campioni.
La prima edizione prese il via nella stagione 1955/1956, le partecipanti furono sedici e solo per quella prima volta designate dalle varie federazioni, e non le vincenti del campionato, regola che sarebbe partita dalla stagione successiva e, ironia della sorte, mancava proprio la squadra inglese, poiché i soliti, spocchiosi, britannici non ritenevano il torneo all’altezza del valore della loro squadra.
Abbiamo scritto degli albori del Real Madrid, di quella che è diventata la sua competizione per eccellenza, ma chi era l’allenatore di quella squadra?
A differenza dei tempi moderni, a una domanda del genere si può rispondere solo dopo un’attenta ricerca, per il semplice motivo che all’epoca gli allenatori non erano figure importanti, ma solo marginali.
Nonostante ciò erano presenti negli organici, e la panchina di quel Real Madrid era stata affidata a José Villalonga Llorente.
Nato nel 1919 nell’andalusa Cordoba, Villalonga iniziò a giocare a calcio come portiere nella squadra della sua città, ma ben resto rispose alla sua vocazione militare arruolandosi, ma senza abbandonare l’amore per lo sport, diplomandosi allenatore ai primi corsi tenuti a Burgos nel 1949.
Al Real Madrid avrebbe iniziato come preparatore atletico due anni dopo, ruolo che assunse anche in nazionale nel 1953.
Fu la stagione successiva che Villalonga divenne allenatore della Real Casa, e subito vinse la Liga spagnola e la Coppa Latina che, fino a quel momento, era stato il torneo di riferimento per club a livello internazionale.
La stagione successiva partecipò con il Real alla prima edizione della Coppa dei Campioni, con avversarie di spicco, tra le altre i campioni di Francia dello Stade Reims, quelli d’Italia del Milan, il Rapid Vienna, lo Sporting Lisbona, il PSV Eindhoven, il Rot Weiss Essen, l’Anderlecht.
Non fu una passeggiata per i Blancos, il cammino fino alla finale: l’inizio fu morbido contro gli svizzeri del Servette, superati con un sette a zero complessivo, ma il turno successivo contro il Partizan gli jugoslavi quasi riuscirono a rimontare il quattro a zero subito all’andata, e in semifinale solo un gol li divise dal Milan nel cinque a quattro complessivo a favore degli spagnoli.
In finale trovarono i francesi dello Stade Reims, che avevano in Kopa, non ancora madridista, la loro stella, che erano giunti invitti all’ultimo atto.
La finale cui dettero vita spagnoli e francesi, a Parigi il 13 giugno 1956, fu altamente spettacolare, i transalpini subito sul doppio vantaggio ma raggiunti già nel primo tempo, ancora avanti nella ripresa e alla fine superati, fu quattro a tre finale, e Villalonga da allenatore firmò quel primo successo.
Se quella prima edizione può essere considerata di lancio, la successiva di Coppa dei Campioni assunse crismi più ufficiali e probanti: tutte le squadre partecipanti avevano vinto il loro campionato, ventuno più il Real Madrid detentore, e stavolta c’erano anche gli inglesi, rappresentati dal Manchester United.
Anche in questa seconda edizione della Coppa il cammino degli spagnoli non fu semplice: dopo aver superato agli ottavi gli austriaci del Rapid Vienna solo alla terza partita di spareggio, avanzarono anche con il Nizza ai quarti e con il Manchester United in semifinale, vincendo la gara d’andata (3-1) e pareggiando al ritorno (2-2).
In finale trovarono la Fiorentina che aveva superato, senza mai perdere, gli svedesi del Norrköping, gli svizzeri del Grasshopers e gli jugoslavi della Stella Rossa di Belgrado.
Il 30 maggio del 1957, in un “Bernabeu” pieno all’inverosimile, con centoventiquattromila spettatori, il Real pur con qualche difficoltà si impose sulla Viola grazie alle reti di Di Stefano e Gento, con Villalonga che alzava la seconda Coppa.
Al termine di quella stagione, dopo aver vinto anche la Liga e l’ultima edizione della Coppa Latina, si ritirò, ma il suo esilio volontario non durò molto.
Due stagioni dopo, infatti, fu chiamato alla guida dell’Atletico Madrid, e con i Colchoneros continuò la sua straordinaria striscia di vittorie: vinse subito i due campionati del 1960 e del 1961, e non si fece mancare nemmeno il successo internazionale.
Con l’altra squadra di Madrid raggiunse la finale di Coppa delle Coppe, avversario ancora la Fiorentina, e stavolta per superare la squadra italiana allenata da Nandòr Hidegkuti occorsero due partite, con la prima finita in parità (1-1) e la ripetizione vinta dagli spagnoli nettamente (3-0), con la curiosità che in entrambe le finali per l’Atletico in panchina andò il secondo di Villalonga, Rafael Garcia Repullo.
Terminò qui la carriera di Villalonga nei club, che sarebbe però proseguita in nazionale.
Alla pari delle Coppe Europee per club, a partire dal 1960, era stata istituita una competizione omologa per le nazionali.
La fase finale dell’edizione del 1964 sarebbe stata ospitata proprio dalla Spagna, andavano fatte le cose per bene, e la guida della Roja fu affidata in prima persona proprio a Villalonga, che si dimostrò anche qui vincente, sollevando il trofeo, il 21 giugno 1964, nella finale contro l’Unione Sovietica, grazie alle reti di Jesus Maria Pereda e di Marcelino Martinez dopo il momentaneo pareggio di Galimzyan Khusainov, in quello che era stato il suo stadio vincente, il “Santiago Bernabeu”.
José Villalonga avrebbe guidato la nazionale iberica fino al mondiale inglese del 1966 uscendo nella fase a gironi, ultima gara il match perso contro la Germania Ovest (2-1) il 20 luglio 1966.
Poi il ritiro, stavolta definitivo, e l’incarico di direttore della Scuola Nazionale Allenatori fino alla sua morte nel 1973.
Un allenatore poco noto ma che in poco più di dieci anni di straordinaria carriera seppe vincere tutto il possibile, con i club e la nazionale, non dimenticato dal suo Paese, che gli ha dedicato la sala stampa del centro sportivo delle nazionali: Sala Villalonga, il primo condottiero.
allenatore di calcio professionista, si dedica agli studi sullo sport, il calcio in particolare, dividendo tale attività con quella di dirigente e allenatore.
Giornalista pubblicista, socio Ussi e Aips, è membro della Società Italiana di Storia dello Sport (Siss), dell’European Committee for Sports History (Cesh), dell’Associazione dei Cronisti e Storici dello Sport (La-CRO.S.S.).
Relatore a numerosi convegni, oltre a vari saggi, ha pubblicato: 80 voglia di vincere – Storia dei Mondiali di Calcio (2010); La Vita al 90° (2011), una raccolta di racconti calcistici; Più difficile di un Mondiale – Storia degli Europei di Calcio (2012); Il Destino in un Pallone (2014), una seconda raccolta di racconti calcistici; Lasciamoli giocare-Idee per un buon calcio giovanile (Edizioni del Sud, Napoli 2016).
Per GliEroidelCalcio in convenzione S.I.S.S.