Oggi, nel Corriere dello Sport, potete trovare un ottimo spunto di analisi scritto da Alberto Polverosi e sulla gratitudine in nazionale.
Ecco alcuni passaggi chiave.
“[…]Si chiama gratitudine e si paga alla rovescia. In Nazionale è così da sempre, nel club è diverso, lì si cancella e si riparte, ma in Nazionale è tutto più difficile, pur sapendo che la riconoscenza non ha mai portato a niente. […]”
” […] Non è un’opinione, lo dire la storia. Ferruccio Valcareggì vinse l’Europeo del ’68, fece molto bene il Mondale del 70 con la finale contro il Brasile di Pelé, uscì ai quarti di finale dell’Europeo del ’72 e al Mondiale del 74 fu un fallimento perché non riuscì a staccarsi dal suo gruppo storico. Enzo Bearzot costruì la Nazionale nel 78 (iniziando quasi da zero), perfezionò il lavoro col trionfo dell’82, non si qualificò per l’Europeo dell’84 e fallì in Messico ’86, dove portò alcuni reduci della Spagna. Azeglio Vicini dette inizio a un nuovo ciclo portando in Nazionale la sua Under 21 quasi in blocco, ottimo l’Europeo dell’88, terzo posto a Italia ’90 e nemmeno qualificato per l’Europeo del ’92. Nella semifinale del mondiale contro l’Argentina, dopo che Baggio, insieme a Schillaci, aveva trascinato l’Italia fino a quel punto, Vicini Io tolse per rimettere dentro Vialli, che era il suo uomo dai tempi della Under. Uscimmo ai rigori. Arrigo Sacchi divenne vice campione del mondo in Usa ’94 (titolo perso ai rigori), poi andò all’Europeo del ’96e tornammo a casa subito, alla fine del girone iniziale. […]”
” […]di nuovo la stessa storia con Marcello Lippi che dopo aver vinto il Mondiale del 2006 tornò, ereditando la squadra da Roberto Donadoni, e fallì in Sudafrica nel 2010. […]”
Fonte: Corriere dello Sport – Alberto Polverosi