La Vecchia Signora
“Quando ami una donna
Di lei sposi il bianco e il nero
Sali fino al cielo”
(Fausto Leali – Quando ami una donna)
La Juventus da sempre domina il calcio italiano. Tra alti e bassi, tra critiche e processi, tra vittorie storiche e quelle contestate.Ma è indubbiamente il simbolo, come società, del nostro calcio. Piaccia o non piaccia è il nostro Real Madrid o Barcellona, Manchester Utd o Liverpool, Bayern o Benfica, o Ajax, fate voi. Si avvicineranno a lei altri squadroni del nord, l’Inter di Moratti padre e figlio, il Milan di Silvio Berlusconi. Tenteranno sporadici tentativi di contrastarla la Roma di Viola e Sensi, il Napoli di Ferlaino e Maradona, il Torino di Pulici e Graziani, la Lazio di Maestrelli e Chinaglia. Verrà il momento dell’Inter di Moratti figlio, Mourinho e del triplete mentre la Juventus ancora si toglie le scorie dell’umiliazione della serie B.
Tutti effimeri tentativi, che durano il tempo della forza di chi gestisce queste società. Ma eterna, come l’araba fenice, torna sempre lei: la Vecchia Signora del calcio italiano, la Juventus. Ma c’è un decennio, e forse qualcosa in più, che più di ogni altra epoca spiega lo spirito Juventus, quello che contraddistingue questa società, da sempre e che la rende unica nel panorama calcistico nazionale.
La Juventus, la FIAT e l’epopea bonipertiana
“Andavamo che non era ancor giorno.
La bocca piena di sogni e dolore.
Lasciavamo in un niente di ore lì attorno.
Una casa di gente e di amore.
E una terra da infami, di sassi e di rabbia.
La miseria attaccata alla pelle come una scabbia.
Ma nei petti gonfiava un respiro che volava in giro come una danza”
(Francesco Guccini- I Migranti)
La Juventus ha spesso seguito le sorti della sua azienda-padrone: la FIAT della famiglia Agnelli. E come tale è stata gestita, e i successi e le sconfitte dell’una sono stati riflessi nelle vittorie e nelle sconfitte dell’altra. Gli anni ’70, per l’appunto, sono anni di vittorie e sconfitte per entrambi. E se Gianni Agnelli è il deus ex machina dell’azienda FIAT, il suo prolungamento, in campo sportivo, diviene una vecchia gloria del club bianconero: Giampiero Boniperti. Boniperti, dopo una brillante carriera da giocatore, diventò presidente nel 1971 ed, insieme al fido Pietro Giuliano, fu al contempo amministratore, manager e direttore sportivo. I primi allenatori erano uomini della società come Parola e Vykpalek o si tentava la fortuna (ma veder lontano ed essere capaci di giudicare può essere chiamata fortuna?) con giovani di belle speranze , come lo era Giovanni Trapattoni, ex bandiera, da calciatore, Milan.
Il Trap, allora conosciuto per lo più come l’uomo che fermò Pelè con la maglia azzurra della Nazionale! E’ con Trapattoni che la Juventus inizia un decennio, dal 1976 al 1986, d’oro! Agnelli, Boniperti, Giuliano, Trapattoni. Quattro uomini al comando, simbiotici nelle loro differenze. Maniacali nella loro ricerca della perfezione. La Juventus azienda come la FIAT. E come la FIAT trovava la sua forza lavoro nelle bracce dei meridionali che cercavano, a Torino, una nuova vita, anche la Juventus diventa “meridionale” nella sua “forza lavoro pedatoria”. La Juventus si arma con siciliani come Furino e Anastasi, pugliesi come Brio e Causio, sardi come Virdis e Cuccureddu, calabri come Longobucco, romani come Spinosi. Persino quasi stranieri come Gentile, nato in Libia, quindi a sud del nostro sud!
“Per i tanti lavoratori che venivano dal Sud e che si facevano il mazzo in fabbrica sono diventato un simbolo, anzi ero uno di loro, quello che aveva avuto la buona sorte di giocare a pallone. Ricordo che mi fermavano fuori dello stadio e mi dicevano di farmi valere anche per loro. Mi rendeva orgoglioso.“ (Pietro Anastasi)
Importa calciatori meridionali, esibendoli sulla scena calcistica nazionale e internazionale, esportando, e conquistandolo come fecero i Savoia, così il suo tifo al meridione. Una bella operazione di marketing, a pensarci bene ! Questa che nascerà, negli anni ’70, sarà una Juventus forgiata nel metallo dei suoi uomini, plasmati da titaniche battaglie.
“Alla Juve non basta la classe, ci vogliono le palle d’acciaio.“ (Giuseppe Furino)
La Juventus “cannibale”.
“Perché sei cannibale, ma non sei cattiva
E mi brucio su di te, ma che meraviglia “
(Dargen D’Amico – Sei cannibale ma non sei cattiva)
Ai vari Salvadore, Morini, Capello, Benetti e a quelli già citati sopra, si aggiungono, e li sostituiscono in futuro, giovani promesse come l’elegante libero Scirea, il terzino-modello Cabrini, il giovane attaccante, dalla chioma prematuramente grigia, Bettega, il centrocampista tutto polmoni e classe Tardelli, il portierone dei record Dino Zoff. Ma anche vecchi campioni, in differenti periodi, che nella Juventus troveranno una nuova giovinezza come Altafini, Boninsegna o Haller. Insieme formeranno una squadra che dominerà , a cavallo tra gli anni ‘ 70 e i primi anni ’80, la scena calcistica nazionale. I numeri parlano chiaro: dal 1970 fino al 1983 saranno messi in bacheca 8 Scudetti, 2 Coppe Italia, 1 Coppa uefa e una Coppe delle Coppe e 1 Supercoppa, prologo della Coppa Campioni vinta nel 1984 con annessa Coppa Intercontinentale dell’anno dopo.
Una squadra, dicevamo, forgiata nell’acciaio ma anche di gran classe. E che fornirà l’ossatura di quella Nazionale Italiana di calcio che diventerà Campione del Mondo nel 1982, ai Campionati Mondiali di Calcio di Spagna Che il suo avversario sia il Torino dei gemelli del gol Graziani e Pulici, il Milan di Liedholm e del. terzino goleador Maldera, o l’Inter di Bersellini e Beccalossi o la Roma di Viola e Falcào, non importa. La Juventus cannibale ci mette poco a riprendersi la scena, dopo le temporanee altrui vittorie, arrivando a siglare record come i 51 punti nel campionato a sedici squadre, con due punti per la vittoria!
E quando fa un pur onorevole secondo posto (nel 76, dietro al Toro quello di Pulici e Graziani, Zaccarelli e i due Sala, Castellini e Pecci) la cosa viene considerata come una sconfitta al punto tale
che Boniperti, l’anno successivo, dimezza l’ingaggio a tutti i calciatori al motto “Alla Juventus vincere non è importante. Ma è l’unica cosa che conta!”
Invece negli ultimi anni di questo secolo le avversarie della Juventus festeggiano secondi posti a -15 dalla Vecchia Signora. Anche questo fa capire come siano differenti le mentalità! Da Bilbao al Bernabeu
“Novantanove volte è un fallimento. Giochi perché vincere dà un senso al tuo passaggio e quando perdi il premio è che diventi un po’ più saggio”
(Ermal Meta – Un’altra volta da rischiare )
I trofei bianconeri negli anni ’70
Con questi uomini la Juventus porterà a casa la prima sua vittoria internazionale, quella Coppa Uefa, che allora era cosa seria e difficile, che andrà a strappare a Bilbao, nella tana dei guerrieri baschi dell’ Atletico Bilbao. Questa fu la Juve che nacque negli anni ’70. Una squadra capace di trovare il suo punto culminante, come crescita, nella vittoria di Bilbao, ma la sua consacrazione, anche stavolta con una maglia azzurra (a Bilbao infatti aveva indossato la seconda divisa), quella della Nazionale, della quale era l’ossatura, nella magica notte del Bernabeu, nel 1982. Guarda caso, Bilbao e Madrid, la Spagna nel destino. O forse non è solo un caso, se rileggiamo queste parole di Claudio Gentile.
“Alla Juve si acquisisce una abitudine mentale di sacrificio che non c’è da altre parti. Qui ti insegnano che la partita più importante è sempre quella che deve venire. Ti insegnano ad avere sempre «fame» di vittorie, a non accontentarti mai. Non è un caso che le fortune della Nazionale siano sempre coincise con la larga presenza di bianconeri in azzurro.“
Dopo arriveranno Brady, Platini, Zidane, Vialli e Baggio, Cannavaro e Ibrahimovic, Del Piero e Buffon,Pirlo e Tevez , Pogba e Cristiano Ronaldo. Verranno vinti altri trofei, battuti altri record. Si piangeranno vittorie amare, come quelle dell’Heysel, o sconfitte brucianti come Atene con l’Amburgo, Monaco di Baviera con il Borussia Dortmund, o Manchester con il Milan, eccessive nel risultato come quelle con Real Madrid e Barcellona.
Verranno subite anche cocenti delusioni, con retrocessioni a tavolino dopo processi, e fatti incresciosi come l’affaire doping. Altre ombre giuridiche e finanziarie minacciano gli orizzonti bianconeri oggi, dove forse, pur essendo tornati gli Agnelli alla guida, si è perso un pò della classe e del “saperci fare” del grande Gianni, sostituite da tracotanza e volgarità gratuita. Nessuna Juventus, però, sarà d’acciao come quella, alle quali le altre fromazioni bianconere, vincenti o meno, dovranno riconoscere la paternità della genesi della storia bianconera. Io la ricordo con nostalgia, da tifoso romanista, perché allora, lottare al suo pari era già un merito. Significava che non gli eri da meno. Almeno non come sino a qualche anno fa.
GLIEROIDELCALCIO.COM (Antonio Mattera)