La storia di quel che è il grande romanzo nazional-popolare che rappresenta il campionato di calcio italiano va divisa in due parti distinte, quello che era prima e dopo l’introduzione del girone unico.
Questo nella varietà stessa delle squadre vincitrici, concentrate esclusivamente al Nord prima, con un respiro più ampio, nazionale, dopo, anche se il centro resta sempre il Nord della Penisola.
Grande era il fermento che si avvertiva in quella organizzazione calcistica ancora approssimativa, il caos regnava sovrano acuito dalla incapacità dei dirigenti di allora di prendere, il più delle volte, decisioni univoche.
Il tasso di litigiosità era alto: niente di nuovo sotto il sole.
Erano gli anni di un calcio ancora ruspante, con il titolo italiano che veniva assegnato con una sorta di torneo tra squadre che spesso uscivano da estenuanti gironi di qualificazione regionali.
Re quasi incontrastato di quel nascente calcio era il Genoa Cricket and Football Club, i grandi club metropolitani iniziavano a scrivere la loro storia, ma importante era il ruolo che rivestiva il calcio delle province, che all’epoca era tutto tranne che “minore”.
Per capire, poi, l’ambiente dell’epoca, dobbiamo pensare che si tratta del periodo antecedente lo scoppio della Prima Guerra Mondiale.
Fervente era l’ardore giovanile di quegli anni, molto avvertito il sentimento patriottico, la polemica imperante era proprio questa, se avere squadre con prevalenza di giocatori stranieri, o squadre a base italiana.
Anche qui, nulla di nuovo con l’attualità, gli anni saranno pure passati, ma i problemi di fondo sono rimasti sempre gli stessi.
È in questo ribollente scenario che si affaccia sul panorama calcistico una nuova realtà: la Pro Vercelli.
Nuova lo era in tutti i sensi: la Società Ginnastica Pro Vercelli era stata fondata nel 1887 e affiliata alla Federazione di Ginnastica nel 1892, nel 1903 fu istituito anche il calcio come disciplina sportiva su iniziativa di Marcello Bertinetti, importante sportsman dell’epoca, schermidore che sarebbe stato anche medagliato olimpico, arbitro nel calcio.
La squadra si distingueva per alcune caratteristiche peculiari: la maglia bianca, per cui sarebbero passati alla storia come le Bianche Casacche; essere composta da giocatori tutti italiani; la più importante di tutte, essere dei vincenti.
Nel 1907 vinsero il campionato federale di Seconda categoria e approdarono nella massima divisione.
A questo punto iniziò il periodo d’oro della squadra piemontese che coincise con le feroci polemiche di quel momento al quale abbiamo già accennato.
Per risolvere la questione tra chi voleva squadre con stranieri e chi no, con la solita soluzione all’italiana, la Fif, Federazione Italiana di Football, decise di risolvere il problema assegnando due titoli: quello di Campione d’Italia sarebbe andato alla vincente del campionato italiano di Prima Categoria, unitamente alla “Coppa Romolo Buni”; quello di Campione Federale, e relativa “Coppa Spensley”, alla squadra prima classificata tra quelle con dirigenti o calciatori stranieri.
Un guazzabuglio, che provocò il ritiro dei grandi club e che ridusse il campionato del 1908 ad un torneo che portò ad un girone finale a tre squadre, Andrea Doria, Pro Vercelli, US Milanese.
Alla fine di questo gironcino risultò prima la Pro Vercelli con sei punti, seguita con cinque dall’US Milanese, ultima l’Andrea Doria con uno.
Le Bianche Casacche conquistarono il loro primo titolo potendo esibire con orgoglio non solo di essere una squadra tutta italiana, ma addirittura tutta vercellese, caso probabilmente unico nella storia del calcio nostrano.
Questo l’undici vittorioso:
Giovanni Innocenti; Carlo Salvaneschi, Vincenzo Celoria; Guido Ara, Giuseppe Milano I, Pietro Leone; Romussi, Marcello Bertinetti, Vincenzo Fresia, Annibale Visconti, Carlo Rampini I.
La stagione successiva rientrarono le squadre che per protesta avevano rinunciato al campionato precedente, anche per il nuovo cambiamento federale in merito alla questione degli stranieri, ma la Pro si dimostrò ancora una volta più forte.
Dopo i gironi regionali le semifinali videro di fronte Pro Vercelli e Genoa da una parte e US Milanese e Venezia dall’altra.
Nella prima i piemontesi si imposero sui liguri nel doppio confronto (3-2 e 1-1), nella seconda prevalsero i lombardi (7-1 e 11-2), la finale fu equilibrata (2-0 e 1-1), vinsero ancora le Bianche Casacche, al loro secondo titolo, con Angelo Binaschi, Giuseppe Servetto, Felice Milano II e Carlo Corna che che avevano preso rispettivamente il posto di Salvaneschi, Celoria, Romussi e Bertinetti.
Nel 1910 ci fu un tentativo di girone unico, seppur limitato alle squadre del Nord, soprattutto ci fu l’esordio della Nazionale, che molto influì sull’esito di questo campionato.
Internazionale e Pro Vercelli, infatti, finirono a pari punti, discordanze ci furono sulla data per la disputa dello spareggio, che si sarebbe dovuto giocare a Vercelli il 24 aprile su decisione della Figc.
Quelli della Pro tentarono di far cambiare data, ma Internazionale e Federazione non accettarono, anche per la concomitanza della partita della Nazionale, allora in campo quel giorno i vercellesi mandarono una squadra di undicenni, che naturalmente perse (10-3).
Una macchia sul periodo d’oro della Pro Vercelli, che tra l’altro interruppe il ciclo di vittorie consecutive, che riprese l’anno successivo e continuò i due dopo.
Nel 1911 alla finale arrivarono i vercellesi ed il Vicenza, i primi si imposero facilmente e senza problemi (3-0 e 2-1); ancora più facile la vittoria nel 1912 quando, dopo i gironi regionali, in finale i piemontesi surclassarono il Venezia (6-0 e 7-0).
La novità del 1913 fu l’apertura alle squadre meridionali, dopo i gironi regionali il titolo sarebbe stato assegnato tra le vincenti del Girone finale Nord e di quello Sud.
Fu la Lazio a sfidare la Pro Vercelli, ma il divario tecnico era troppo ampio, come dimostrò il rotondo sei a zero finale.
Questo l’undici che si fregiò di quei tre titoli nazionali:
Innocenti; Binaschi, Valle; Ara, Milano I, Leone; Milano II, Visconti, Fresia, Rampini I, Corna.
Poi ci fu la Grande Guerra con i suoi lutti, tutto si fermò, calcio compreso, alla ripresa la Pro Vercelli fu ancora protagonista.
Nel 1919/1920, il primo dopo gli eventi bellici, la vittoria andò all’Internazionale, la stagione successiva si preannunciò con la solita aria di burrasca.
Stavolta il pomo della discordia non erano gli stranieri, ma le troppe squadre iscritte ai vari gironi, con quelle metropolitane che premevano per una riduzione ai danni delle provinciali.
A Vittorio Pozzo fu affidata un’ipotesi di riforma, prontamente rifiutata dalle squadre “minori”, si andò avanti con una sorta di pace armata e con la consueta formula, stavolta a sfidare la Pro Vercelli in finale arrivò il Pisa, che oppose una fiera resistenza grazie soprattutto alle parate del portiere Mario Gianni, ma si dovette comunque arrendere alla forza degli avversari (2-1).
Le polemiche apparentemente sopite deflagrarono in maniera clamorosa nel 1921/1922, arrivando addirittura alla scissione: le grandi squadre confluirono nella Confederazione Calcistica Italiana (CCI), mentre le “piccole” disputarono quello Figc.
Quest’ultimo fu vinto dalla Novese, altra storica novità di provincia, l’altro vide arrivare all’epilogo finale Pro Vercelli e Fortitudo Roma, con i primi che si imposero, a Roma, per tre a zero.
Questo l’undici vittorioso in quelle due stagioni:
Mario Curti; Virginio Rosetta, Piero Bossola; Guido Ara (Milano IV), Giuseppe Parodi, Antonio Perino; Ugo Ceria, Mario Ardissone, Arturo Gay, Alessandro Rampini II, Francesco Borello.
Fu il canto del cigno delle Bianche Casacche e del calcio provinciale in generale, mai più assurto a questi vertici.
Dopo quell’ultima vittoria, con il sistema calcio ormai avviato verso il girone unico voluto dal regime fascista ma cercato dalle stesse grandi squadre, per ragioni soprattutto economiche il calcio di provincia si dimensionò a diventare serbatoio per le grandi squadre metropolitane, come dimostra il passaggio proprio dalla Pro Vercelli di giocatori, poi campioni del mondo, come Virginio Rosetta e Silvio Piola.
Resta il ricordo di un calcio glorioso, che sicuramente ha gettato le basi per la definitiva imposizione di questo sport e per quel legame indissolubile di passione che sempre resiste nel tempo.
allenatore di calcio professionista, si dedica agli studi sullo sport, il calcio in particolare, dividendo tale attività con quella di dirigente e allenatore.
Giornalista pubblicista, socio Ussi e Aips, è membro della Società Italiana di Storia dello Sport (Siss), dell’European Committee for Sports History (Cesh), dell’Associazione dei Cronisti e Storici dello Sport (La-CRO.S.S.).
Relatore a numerosi convegni, oltre a vari saggi, ha pubblicato: 80 voglia di vincere – Storia dei Mondiali di Calcio (2010); La Vita al 90° (2011), una raccolta di racconti calcistici; Più difficile di un Mondiale – Storia degli Europei di Calcio (2012); Il Destino in un Pallone (2014), una seconda raccolta di racconti calcistici; Lasciamoli giocare-Idee per un buon calcio giovanile (Edizioni del Sud, Napoli 2016).
Per GliEroidelCalcio in convenzione S.I.S.S.