STORIE DI CALCIO – […] Il «giallo» del Mondiale azzurro andò in scena nei due giorni convulsi della vigilia. Il 7 giugno, all’indomani del successo sull’Ungheria che ci ha qualificato matematicamente per la seconda fase, Bearzot lascia intuire intenzioni prudenti: «cercheremo di amministrare le nostre forze, come in una corsa a tappe, quando i medici mi avranno dato il quadro della situazione, deciderò chi mandare in campo contro l’Argentina […]».
La situazione «strategica» consiglia di vincere il girone per rimanere a Buenos Aires, schivando così Argentina e Brasile nella seconda fase. La situazione ambientale suggerisce di non stuzzicare i padroni di casa, già pesantemente aiutati dai fischietti e «predestinati» in qualche modo alla finale. Parlando coi cronisti, l’8 giugno Bearzot rincara la dose: «Noi dobbiamo giocare sempre per vincere, ma conta pure la strategia […]».
Perché poi cambia idea? Una diffusa tendenza fa risalire a un intervento dall’alto, del presidente federale Carraro, […] Lo stesso presidente, nel corso di una cena coi giornalisti, quella sera stessa dell’8 giugno, sente il dovere di precisare: «Nessuna pressione è stata fatta o verrà fatta: deciderà Bearzot, in base a considerazioni personali e tecniche».
[…] Ecco il racconto di Gianni Brera: «La Federcalcio dà una cena ai giornalisti. Finita la quale il calabrese Gigi Peronace, che tiene le pubbliche relazioni per il clan azzurro, mi garantisce che le sostituzioni saranno ben cinque: ha sentito lui con le sue orecchie i numeri dei giocatori tenuti a riposo. Sono quelli di Causio, Bettega, Rossi, Antognoni e Cabrini (mi sembra). Telefono subito al giornale questo indubitabile scoop offertomi dalla cortesia e dal senso politico di Peronace. Due giorni dopo si apprende che a incontrare l’Argentina sarà la squadra-tipo. Cosa è successo? Semplice: per una questione di premi i titolari non hanno voluto essere sostituiti. Bearzot non ci può nulla» […]
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