La stampa tedesca celebra oggi i 25 anni del mitico sfogo di Giovanni Trapattoni contro il suo Bayern Monaco, era il 10 marzo 1998.
La conferenza stampa scrive la Süddeutsche Zeitung divenne un esempio, “sfoggio di grande retorica. Le vivaci formulazioni scelte da Trapattoni sono entrate da tempo nell’uso tedesco: «Strunz», «debole come una bottiglia vuota»…”.
Trapattoni, in quella conferenza stampa che vi invitiamo a rivedere qui sotto, se la prese con i suoi giocatori “piagnucoloni”, Scholl, Basler e Strunz, “mescolando emozione, pathos e leggera confusione linguistica, Trapattoni ha creato qualcosa di speciale: ha contribuito a plasmare il linguaggio. In seguito avrebbe modestamente detto che non poteva essere orgoglioso di uno scatto d’ira in cui aveva commesso un mucchio di errori grammaticali, ma non è questo il punto”.
Il suo “sono finito!” (commise un errore) è diventato talmente celebre in Germania da essere usato anche nei manifesti elettorali socialdemocratici (con riferimento all’allora cancelliere Helmut Kohl).
Inoltre “Cosa vuole Strunz?” divenne il titolo di un programma televisivo, e lo stesso Trapattoni grazie alla “bottiglia vuota” divenne testimonial del sistema di resto dei vuoti di una catena di supermercati tedesca.
Non solo, continua il quotidiano tedesco, il suo discorso è usato ancora oggi nei manuali di lingua tedesca della nota casa editrice Klett come esempio eccezionale di “varietà di transizione”.
“A Monaco, tuttavia, Giovanni Trapattoni è riuscito in qualcosa che Gabriele D’Annunzio (“Memento audere semper!”), Cesare (“Veni, vidi, vici”) o Orazio (“Carpe diem!”) rappresentano allo stesso modo: la creazione di nuovi modi di dire. Se si trascura l’aspetto della lingua straniera, che non è del tutto impeccabile, resta la turbolenta dinamica di Trapattoni, che ricorda quella di Roberto Benigni agli Oscar del 1999, così come di altri grandi attori italiani come Totò”.
“In ogni caso il discorso di Trapattoni non è affatto ridicolo. Al contrario: anche dopo un quarto di secolo è ancora vivo e rappresenta una cosa che sembra mancare sempre di più nel calcio professionistico tedesco: la vera passione!”