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La tragica storia di Italo Bonatti

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GLIEROIDELCALCIO.COM (Federico Baranello) – “Diciamo bravissimo. Non esito a definirlo l’elemento più interessante osservato in campo. Il suo gol è stato stupendo. Ha “verve”, ha spirito, intelligenza manovriera e aggressività. Non rappresenta una novità per me. Bonatti avrebbe fatto comodo anche a molte squadre della massima categoria”. Queste le parole di Nils Liedholm alla Gazzetta Sportiva del 10 agosto 1969. Si, l’allenatore svedese è innamorato di come questo ragazzo si comporta nel rettangolo verde. Una storia però sfortunata e tragica quella di Italo Bonatti.

Nasce a Castelmassa, un piccolo paese nel pieno della pianura padana in provincia di Rovigo, e proprio con la rappresentativa locale muove i primi passi nel mondo del calcio. Poi, notato da alcuni osservatori del Verona, inizia la trafila con la squadra scaligera con la quale debutta in serie B il 2 giugno 1963.

A Verona Bonatti resta otto anni guadagnandosi l’appellativo di “freccia di Castelmassa” per le sue doti tecniche e la velocità.

Nella stagione 1966/67 il Verona sembra una squadra costruita per andare dritta in A. Incappa invece nella classica annata storta e viene addirittura risucchiata in zona retrocessione. Il presidente Garonzi esonera Tognon e chiama Liedholm. Qui inizia il cambio di passo e i gialloblù si tolgono dalla palude della zona retrocessione e Bonatti trova la continuità necessaria e, con l’investitura di Liedholm, diventa il leader della compagine scaligera.

L’anno successivo arrivano in squadra Mascetti, Maddè e Bui. Bonatti sale ancor di più in cattedra e la squadra si guadagna la serie A. L’ormai “freccia di Castelmassa” sembra lanciato ad una grandissima carriera, il Mister svedese gli ha dato evidentemente le giuste chiavi per poter accedere a quelle doti tecniche in suo possesso quali il tiro, il palleggio, la velocità e la visione di gioco.

Il Barone Liedholm è costretto ad andarsene per alcune divergenze con il Presidente e Bonatti, senza il tecnico svedese non riesce ad esprimersi come prima.

A volte la vita concede una seconda chance: i due protagonisti della promozione del Verona hanno la possibilità di tentare la medesima impresa a Varese. I due riescono a ricreare quella speciale alchimia e i biancorossi conquistano la vetta del campionato di B dopo una marcia trionfale. Bonatti è ancora una volta il grande protagonista: nei panni del centrocampista dotato di “intelligenza manovriera e aggressività”, per dirla alla Liedholm.

Il fisico di Italo ha sempre più bisogno di lunghe soste ai box dell’infermeria e l’anno successivo colleziona solo sette presenze. Inizia una discesa verso le categorie inferiori. Una discesa rapida, veloce… inesorabile.

È il 1° maggio del 1977, Bonatti è sul campo di Bonferraro per disputare, con la maglia del Cadidavid una partita di seconda categoria.

“… quel giorno, faceva freddo, c’era brutto tempo e la mamma disse a papà: non andare, con ‘sto tempo, meglio se stai a casa… Figurarsi papà, stare a casa, lui voleva sempre giocare…”, queste le parole della figlia Martina a L’Arena in una intervista del 2012.

“Bonatti è stato colto da malore dopo dieci minuti di gioco, mentre stava concludendo una manovra personale nei pressi dell’area avversaria. Al termine di una lunga galoppata ha effettuato un passaggio ad un compagno smarcato e subito è scivolato a terra. Sembrava trattarsi di un semplice infortunio in quanto il giocatore si rialzava subito. Alcuni compagni, però, vistolo barcollante, gli si avvicinavano; egli cercava di tranquillizzarli con un laconico “non è niente”. Dopo aver pronunciato queste parole, lo sfortunato giocatore si accasciava nuovamente al suolo perdendo conoscenza” (Cit. La Gazzetta dello Sport, 3 maggio 1977).

Un destino impietoso per un uomo che è andato via facendo ciò che più amava… correre verso l’area avversaria.

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