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Lazio-Napoli amarcord: i destini incrociati di Ghio e Abbondanza

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ILNAPOLISTA.IT (Davide Morgera) – Lazio-Napoli, 1970: la squadra di Chiappella, spavalda ed offensiva, schiera Ghio titolare e poi fa entrare Abbondanza

Un Napoli da terzo posto

A rievocarli sembra riecheggiare la storia dei ‘nomi’ portata alla ribalta da Massimo Troisi nel suo “Ricomincio da tre”, uno lungo ed uno corto. Sorridiamo ancora oggi, “Massimiliano” e “Ugo” , uno viene scostumato, l’altro educato. Certo, secondo l’attore napoletano, nella scelta del nome c’è tutta la futura educazione del bambino. Noi ne abbiamo scelto due, quattro lettere uno, dieci l’altro. Non abbiamo notizia se Ghio e Abbondanza siano stati dei bambini bravi o meno ma sappiamo che il loro destino si è intrecciato con il Napoli e la Lazio. Il ‘lungo’, chiameremo così Sandrino Abbondanza, napoletano purosangue come un cavallo di razza e il ‘corto’, ovviamente Gianpiero Ghio dalla provincia di Padova, veneto fino al midollo.

Manca il pacioccone ma questa è storia da filastrocca da Zecchino d’oro. Guarda caso, i bambini di tutta Italia la cantavano nel 1970, un anno cruciale per entrambi i protagonisti del nostro racconto. Anno importante e decisivo per entrambi perché Ghio faceva un altro buon campionato con la Lazio al fianco di Chinaglia e convinceva Ferlaino ad acquistarlo (Manservisi più 80 milioni alla società capitolina) mentre Abbondanza, dopo il prestito al Pisa, si apprestava  a tornare all’ovile. Fu così che entrambi si ritrovarono al Napoli, in ritiro insieme, in una squadra che sfiorò lo scudetto. Terza, furto dell’Inter, Gonella alla go…gna per il suo arbitraggio a San Siro e addio sogni di gloria.

Ghio e Abbondanza nelle figurine Panini

Prima di questo loro ‘appuntamento napoletano’, Ghio aveva giocato nella Lazio nei campionati 1968-69 e 1969-70 mettendo a segno 15 gol in 62 gare. Diverso il destino di Abbondanza che sarebbe stato ceduto ai biancocelesti l’anno dopo quello giocato con Ghio a Napoli. Incroci, fatalità, sorte, ambizioni malcelate, esplosioni ritardate, talento sicuro ma non valutato e sprecato. Questi, riassumendo, gli hashtag della coppia incompiuta.  Ghio, nel suo unico anno napoletano, totalizzò 27 gare e mise a segno 4 reti mentre Abbondanza fu schierato solo 12 volte ed andò in rete due volte. In tutto, la sua carriera nel Napoli racconta che, con l’andirivieni che lo contraddistinse per i prestiti al Monza, alla Lazio e al Pisa, totalizzò 35 presenze e 2 reti. L’esiguità di gol messi a segno dai due è un dato di fatto ma entrambi segnarono nella vittoria del Napoli contro il Verona al Bentegodi il 18 aprile 1971. Ghio col dieci e Abbondanza con l’undici timbrarono la vittoria esterna degli azzurri per 2 a 0.

Lazio-Napoli

Lazio-Napoli del 29 novembre 1970 è una gara molto attesa, gli azzurri sono primi in classifica poiché in 7 gare hanno totalizzato 6 vittorie ed un pari, comandano la classifica con 13 punti. Chiappella schiera la miglior formazione possibile ma è orfano di Juliano, infortunatosi due settimane prime a Vicenza. L’assenza del capitano non stravolge la squadra ma il tecnico di Rogoredo è ‘costretto’ a schierare un quintetto d’attacco con Hamrin, Sormani, Altafini, Ghio ed Improta. In pratica, al di là di un ciuccio di fatica come Bianchi, il Napoli ha bisogno che qualcuno degli attaccanti si sacrifichi un po’ in copertura.

Ghio

Nonostante gli azzurri fossero sbilanciati in avanti, la gara non si sblocca dal risultato di partenza, la Lazio di Chinaglia e Wilson, già leader dello spogliatoio, non vuole abdicare di fronte al pubblico amico. L’ultima mossa disperata di Chiappella è proprio quella di inserire Abbondanza che subentrò, a gara in corso, all’”uccellino svedese” Hamrin cercando qualche colpo che potesse mettere gli avanti azzurri davanti a Sulfaro. Invece la gara rimase in equilibrio ed il Napoli raccolse il secondo pari di quel campionato dopo uno 0 a 0 casalingo col Foggia di Montefusco, Bigon e Re Cecconi. Il Napoli visto all’Olimpico fu lo specchio di quel torneo, la sua anima non mutò anche quando rientrò Juliano dopo l’infortunio. Un coraggio che pagò e portò al terzo posto finale.

Una squadra solida

Un’anima fatta di una difesa solidissima, soltanto 19 le reti subite, che si reggeva su Zoff in porta, mastini come Panzanato e Ripari o Monticolo sulle punte avversarie, un libero attento e propositivo come Zurlini, una diga a centrocampo chiamata Ottavio Bianchi, un cervello pensante come Juliano ed una girandola di attaccanti e mezze punte che giocavano seguendo un principio fondamentale. Giocava chi era più in forma. Per questo i numeri sulle maglie diventarono pura opzione e tra Altafini, Sormani, Ghio, Improta, Abbondanza, Hamrin, perfino Umile,l’attacco era quasi sempre diverso.

Dopo l’esperienza non esaltante di Napoli, Ghio finì all’Inter, la squadra cui aveva segnato un goal al San Paolo nella vittoria per 2 a 1 (Pogliana e Jair gli altri marcatori), consapevole che avrebbe fatto la riserva di Boninsegna. Dopo la sfortunata parentesi interista, la sua carriera sembrò in declino con il passaggio all’Atalanta, al Novara, allo Juniorcasale, al Brescia e alla Cavese dove concluse la carriera. Da coach ha allenato per circa 20 anni senza le dovute fortune girovagando un po’ per l’Italia.

Abbondanza, invece, passò proprio alla Lazio a novembre, in uno scambio con Manservisi, ancora lui. Nella capitale Sandrino contribuì in maniera determinante alla promozione in Serie A con 7 reti in 25 partite. Non era ancora la Lazio dei clan e delle pistole, delle feroci partitelle e degli schieramenti politici. Ma Maestrelli, l’allenatore di quel gruppo, stava già plasmando la squadra che poi porterà allo scudetto nel 1973-74. Infatti l’ossatura dei futuri campioni d’Italia si stava già formando con i vari Oddi, Martini, Wilson, Nanni e Chinaglia. A cui si aggiungevano navigati ed esperti giocatori quali Bandoni in porta (che si alternava con Di Vincenzo ), Papadopulo, Facco e Polentes in difesa; Moschino a centrocampo e Massa in attacco.

Abbondanza nella Lazio

Dopo l’ottimo campionato con i biancocelesti il Napoli lo riprese. Stavolta decise di puntare molte fiche sul giocatore originario di Agnano. considerando l’anemico attacco che si ritrovava nel 1972-73 con Damiani, Mariani e Ferradini. Il ritorno in patria del nostro ‘Nemo’ fu salutato con entusiasmo dal pubblico partenopeo. Che si ritrovò con un centrocampo, prima ed unica volta nella storia degli azzurri, formato da soli giocatori napoletani. San Giovanni a Teduccio, Posillipo, Agnano e Torre Annunziata erano i luoghi di provenienza dei nostri baldi paladini azzurri. Juliano, Improta, Abbondanza – che, quando partiva titolare, giocava col numero 9 sulle spalle – e ‘Ciccio’ Esposito. Chiaramente Sandro non fu mai punta nel vero senso del termine. Ma quegli schieramenti da ‘falso nueve’ (un Mertens ante litteram?) fregarono perfino la Panini. Quando, infatti, uscì il fatidico album di calciatori, sotto la figurina di Abbondanza è scritto “centravanti”.

Si disse che molti giocatori nati a Napoli, cresciuti nel vivaio di Lambiase e De Manes, non erano dotati della tenacia e della predisposizione alla sofferenza di Juliano e non riuscirono a tirarsi fuori dalla turbolenza di quei Napoli figli spesso dell’improvvisazione. Ad esempio, si dice che Montefusco fosse tecnicamente più forte di Juliano ma non ne aveva il carattere e la tempra. Anche Abbondanza, che poi sarà un ottimo tecnico delle Giovanili del Napoli lanciando diversi giocatori in Serie A (Taglialatela, Baiano, De Rosa, Ferrante, Ametrano, Floro Flores tra gli altri), aveva dei piedi ‘brasiliani’. Ma forse possedeva uno scarso spirito di sacrificio, un estro eccezionale ma un fisico modesto.


Il ritorno di Abbondanza al Napoli

Ma la sua carriera scivolò inesorabilmente nell’anonimato, addirittura terminando a 31 anni in America, al Toronto Blizzard. Troppo poco per un giocatore nel quale Chiappella credeva ciecamente e che fece debuttare a 20 anni in Serie A. Pensate che quando “Sivorino” (chiamato così per il vizio di giocare con i calzettoni abbassati come il genio argentino) esordì col Bologna andò a ‘chiudere’ un quintetto di attacco formato da Claudio Sala, Juliano, Altafini e Barison. Lui, il più piccolino di tutti, aveva il ‘dieci’ sulle spalle e guardò il San Paolo pieno. Col cuore a mille.

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