GLIEROIDELCALCIO.COM (Federico Baranello) – “1977 – L’anno dei tre campioni”, edito da Ultra Sport, è il libro scritto a sei mani da Jvan sica, Francesco Gallo e Alessandro Mastroluca.
Il 1977 fu l’unico anno che vide i tre campioni unanimemente considerati i più grandi calciatori di tutti i tempi (almeno al netto di chi ancora gioca, come Messi e Cristiano Ronaldo) scendere in campo contemporaneamente. Diego Armando Maradona aveva solo sedici anni, e, in una nazione affogata negli orrori della dittatura militare che si apprestava a organizzare il suo primo Mundial, muoveva i primi passi nell’Argentinos Juniors e metteva già in mostra il suo fulgido talento. Più a nord, Pelé era ancora impegnato a diffondere il verbo del calcio negli Stati Uniti. A 36 anni giocava la sua ultima stagione: una partita show fra Santos e New York Cosmos concludeva la sua straordinaria carriera di re del calcio. Johan Cruijff, non ancora trentenne, cercava di vincere un’altra Liga dopo quella del 1973-74, e soprattutto dava la caccia a un trofeo europeo, sfiorando la vittoria della Coppa UEFA. Ma il 1977 sarà anche l’anno in cui lascerà la Nazionale e inizierà a pensare anche lui agli USA. Il bimbo prodigio, il re che diventa monumento, il principe più bello del ballo: c’è stato un solo anno in cui le tre traiettorie più potenti della storia del calcio si sono incrociate.
Sabato scorso vi abbiamo proposto la nostra intervista a Jvan Sica e abbiamo avuto la grande possibilità di leggere un estratto dedicato al Pibe De Oro Diego Armando Maradona. Abbiamo proposto le stesse domande anche a Francesco Gallo e anche in questo caso abbiamo un estratto dedicato a Johan Cruijff.
Buona lettura.
Il Team de Gli Eroi del Calcio.com
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Scrivere un libro è una grande idea … scriverlo in tre che idea è?
“È un’idea che diventa ancora più grande, credo, perché racchiude dentro di sé punti di vista, conoscenze e sensibilità artistico-letterarie differenti tra loro”
Come nasce la vostra collaborazione…
“La letteratura sportiva in Italia sta vivendo un periodo di splendore, quantomeno per il numero di pubblicazioni sull’argomento. Tra di noi ci conosciamo quasi tutti, anche solo attraverso il web. Quindi ci si legge, ci si annusa e ci si sceglie, anche solo per le affinità elettive di cui parlava Goethe. Tra Jvan, Alessandro e me è successa una cosa del genere”
Quale il metodo utilizzato per la narrazione…
“Come sempre, cercare di raccontare una storia che possa illuminare angoli rimasti al buio. E quelli che invece già si conoscono, cercare di raccontarli come se il lettore non ne fosse a conoscenza”
Tre Campioni, tre storie… quali le grandi differenze e quali le analogie
“Hanno cambiato la storia e la percezione del calcio internazionale, ognuno a modo suo. Le differenze tecniche e caratteriali sono tante. Diciamo che Pelé è stato il più forte, perché è stato il primo vero atleta calato in un campo da calcio: aveva tutto, dallo stacco di testa, alla velocità al tiro potente; Maradona è stato il più grande, perché ha lasciato ovunque un’impronta, non solo con i suoi piedi fatati, ma anche con una grinta e un carisma in grado di trascinare squadre di non altissimo livello ai vertici nazionali e internazionali (penso all’Argentina dell’86 e naturalmente al Napoli); infine, Cruijff è stato il più rivoluzionario, perché è riuscito a lasciare un’impronta nella storia del gioco di cui ancora oggi ne godiamo i benefici”
Quanta ricerca c’è in un libro come questo
“Molta. Ognuno di noi si è immerso come un palombaro in una nazione e in un contesto storico e sociale assai lontano nel tempo e nello spazio. Tra giornali locali, spezzoni di partite, interviste e la lettura di tutto ciò che era stato scritto su di loro, abbiamo provato a tirare fuori il meglio di quanto hanno fatto attorno al 1977”
Quali misteri svela il libro…
“Nel capitolo su Cruijff raccontiamo la vera motivazione per cui decise di non partecipare al Mondiale argentino del ’78. E la politica non c’entra nulla…”
Che “Cosa” rappresenta per voi questo libro …
“La prova cartacea dell’inizio di una bella collaborazione con Sica e Mastroluca. E poi credo che lo ricorderemo per sempre come il libro scritto durante la quarantena”
Perché andrebbe letto…
“Perché gli appassionati di calcio potranno riscoprire questi immensi campioni in tre momenti diversi delle loro inarrivabili carriere che confluiscono, però, in un unico anno. Un anno assai particolare per la storia del pianeta.
Aggiungo… ho vissuto un anno ad Amsterdam e questo è il motivo per cui ho deciso di raccontarlo io Cruijff. Nel libro però non ho potuto svelare una curiosità. Cruijff è un marchio olandese di abbigliamento sportivo che ha proibito a chiunque, in Olanda, di ricamare il numero 14 su qualsiasi maglietta della Nazionale olandese o dell’Ajax”
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Un fiore nel cemento di Betondorp
“Era ancora buio quando il ventidue dicembre 1946, di mattina presto, nella nostra città, al primo piano di una casa in Schilderskade 66, l’eroe di questa storia, Frits van Egters, si svegliò. Guardò il suo orologio fluorescente, che era appeso a un chiodo. «Le sei meno un quarto», borbottò, «è ancora notte». Poi si stropicciò gli occhi. «Che sogno orrendo», pensò.
Quello che avete appena letto è l’incipit di Le Sere (De avonden), il romanzo d’esordio dello scrittore olandese Gerard Reve. Pubblicato nel 1947, tra le sue pagine si possono scorgere già le principali tematiche che l’autore svilupperà poi nei suoi lavori successivi: solitudine, insofferenza e noia. Comunista pentito, cattolico insofferente e omosessuale, Reve ambienta parte di questo romanzo a Betondorp, una zona orientale di Amsterdam dove è nato e cresciuto. In quello stesso quartiere, e in quello stesso anno (più precisamente il 25 aprile del 1947), in Tuinbouwstraat nacque anche il protagonista di questa storia: Hendrik Johannes Cruijff. Era il secondogenito di una tipica famiglia olandese che cercava di tirare a campare in tempi particolarmente difficili. La guerra era terminata da poco, i soldi come al solito scarseggiavano e in più si era appena aggiunta una nuova bocca da sfamare. Ma i Cruijff erano dei tipi calorosi e tenaci, e da bravi olandesi non erano certo disposti a lasciarsi scoraggiare davanti agli ostacoli della vita. Del resto, gli abitanti dei Paesi Bassi sono abituati da secoli a lottare e a cooperare tra loro per sopravvivere in un territorio in continua competizione con l’acqua. I cosiddetti polder sono il segno distintivo più tangibile di una sfida secolare che consiste nel rubare più terra possibile al mare. In tal modo, sono stati in grado di alterare drasticamente le dimensioni fisiche di un paesaggio insolito, sfruttando ogni singolo centimetro quadrato di terreno. Gli olandesi, per illustrare questa loro innata capacità di opporsi davanti ai limiti naturali, si esprimono attraverso il termine maakbaarheid, una parola precisa che indica quella particolare abilità, quella loro peculiare attitudine nel plasmare e controllare ogni aspetto dell’ambiente fisico circostante. «Dio creò il mondo », recita un vecchio proverbio, «ma gli olandesi crearono l’Olanda». Il piccolo Johannes, che sin dal principio tutti cominciarono a chiamare più semplicemente Johan, si adattò ben presto anche lui a quella vita agra, condividendo la cameretta con suo fratello Hennie, di due anni e mezzo più grande. Nel, la mamma, era una donna gioviale, con un carattere molto espansivo e per lei tutto ruotava attorno alla famiglia. Papà Manus, invece, era conosciuto ad Amsterdam come un tipo molto scaltro, ma anche dotato di impareggiabile senso dell’umorismo. Da burlone impenitente, non di rado, nel suo negozio di frutta e verdura, per qualche fiorino in più si divertiva a sfidare gli avventori su chi fosse riuscito a fissare il sole più a lungo, senza distogliere lo sguardo dal cielo. Manus vinceva regolarmente questa gara di resistenza anche perché nessuno era a conoscenza del fatto che avesse lui un occhio di vetro e quindi, coprendosi l’occhio sano con una mano, era in grado di fissare il sole per un minuto abbondante. Scorreva così la vita del piccolo Johan. Una vita semplice, in una famiglia semplice”