Sergio Nunzio Capizzi nella vita di tutti i giorni è dipendente di un’impresa privata, che sin da ragazzino ha la passione per il calcio e si è sempre prodigato nel collezionismo di materiale storico inerente a questo sport, quello che ama definire il suo “tesoro di carta”.
Roberto Quartarone è un giornalista e insegnante d’inglese, che cerca di fare il “bracconiere di storie sportive” dei minors (come si dice nel basket), perché la storia dello sport è piena di racconti meravigliosi che vanno però portati alla luce e raccontati per bene.
La loro opera, appena uscita, ripercorre tutte le 27 stagioni del Gravina e presenta 40 schede di calciatrici e membri dello staff, partendo dalla prima squadretta di provincia organizzata da Gianfranco Forza e arrivando fino ai migliori risultati in Serie A.
Oggi un estratto relativo alla storia di Daniela Pavone.
Buona lettura
Il team de GliEroidelCalcio.com
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Daniela Pavone
Mezzapunta. Nata a Catania il 10-02-1972. Carriera: 1985-06 Gravina, 2007-09 Acese, 2009-10 Sezze.
Ho sempre giocato a centrocampo, la più avanzata delle tre compagne di reparto, e il mio ruolo era mezzapunta. Era un ruolo difficile, c’erano più partite in cui andasse male! Ma ho segnato qualche gol e ho avuto il piacere di giocare alle spalle di Colasuonno e Marsico. La mia rete più bella fu una punizione da 35 metri che si insaccò alle spalle di Stefania Antonini, il miglior portiere del campionato che giocava al Modena.
Ho iniziato nel 1982 a Gravina. Avevo 10 anni, ma le prime partite le ho fatte a 12. Mi piaceva giocare in una piazzetta e fu mio fratello a dirmi che c’era una squadra a Gravina: non pensavo che ci fossero ragazze che giocavano a calcio!
Ricordo il caos della mancata promozione in A del 1987; forse nemmeno Gianfranco voleva andarci quell’anno. Gli anni d’oro del Gravina sono stati all’inizio degli anni novanta. In quel periodo stavo ancora imparando e in attacco avevo davanti Fully Di Bartolo, a cui piaceva correre; ero piccolina. Quando avevo davanti Marsico, mi trovavo benissimo, cercavamo insieme la porta e avevo più maturità calcistica. Lei e Colasuonno erano fortissime, hanno fatto 52 gol in due, ma si punzecchiavano sempre in campo, non si passavano la palla e lottavano a chi segnasse di più. Poi però fuori dal campo andavano d’accordo: se fossero state più complici…
Era difficile fare calcio femminile partendo dalla Sicilia. Gianfranco Forza gestiva tutto da solo, soprattutto quando è andato via Luigi Santagati, non c’erano sponsor; le trasferte costavano di più, spesso la squadra più vicina era a Roma. Alla lunga, questo ha creato problemi: nel 2001-’02 qualche ragazza se n’era andata, perché senza soldi non si poteva più vivere qui. Gianfranco era il nostro primo tifoso ma aveva finito le forze, non voleva aggregarsi con altri e non voleva cedere la squadra.
L’allenatore più bravo è stato Luigi Fazio: ci ha insegnato la zona e con lui sono stati gli anni più belli. Drago ha allenato molti anni e abbiamo ottenuto risultati migliori, ma Fazio ne capiva di più. Con Napoli, invece, era palla lunga e pedalare e non ci piaceva giocare così. Non andavo d’accordo nemmeno con Turi Distefano, che mi sostituiva con Patrizia Miceli. Antonella Spataro invece era come una mamma!
Sono sempre rimasta al Gravina, a parte qualche mese a Siderno con cui ho fatto un torneo a Barcellona. Sarei voluta andare con una squadra più forte, come la Torres di Sassari. Loro mi volevano ma lo seppi solo due anni dopo. Forza non mi mandò! In Nazionale sono stata due volte, per fare gli stage, ma non ho mai esordito.
Giocavamo perché amavamo il calcio. Gli ultimi anni al Gravina abbiamo fatto l’A2, con Patrizia Caccamo in attacco mi sono trovata bene. Quando la squadra ha chiuso, non ci siamo volute fermare: abbiamo giocato con l’Acese. Oggi vedo nella Girelli una mia erede, mi piace molto!