GLIEROIDELCALCIO.COM (Federico Baranello) – Per la rubrica “Libri” abbiamo raggiunto e intervistato Vincenzo Paliotto, autore del libro “C’era una volta la Coppa delle Coppe”, edito da Urbone Publishing.
E’ un racconto di calcio intriso di nostalgia e di pagine di storia memorabili ed epiche. Del resto, non poteva essere diversamente questo libro dedicato alla Coppa delle Coppe. Un torneo defunto, fatto scomparire dai dirigenti della UEFA, ma che racconta un calcio che non c’è più, che piaceva tanto, quasi più di ogni altra cosa. Ritornerà? Sarà impossibile, o quasi, in un calcio moderno e televisivo, che nega il passato e – con esso – anche la Coppa delle Coppe. Che però vive nei ricordi, tra cui anche vanno annoverate queste pagine. Vittorie, protagonisti attesi o meno, eliminazioni talvolta logiche e altre volte imprevedibili. Club blasonati mescolati a squadre pure di serie inferiori, col perenne desiderio di gettare il cuore oltre l’ostacolo. Tutti, club favoriti o gli outsider, accomunati da un unico sogno: le grandi notte europee.
Oggi l’ultimo appuntamento con l’estratto del libro relativo alla Dinamo Tblisi.
Si ringrazia la casa editrice Urbone Publishing per l’opportunità.
Buona lettura.
Il team de GliEroidelCalcio.com
———————–
Nel 1981 si affermò, invece, un’altra formazione sovietica, quella georgiana della Dinamo Tblisi, che pure superò a Dusseldorf una squadra dell’est europeo, in tal caso il Carl Zeiss Jena. I tedeschi orientali erano stati protagonisti a loro volta di un cammino fino alla finale incredibile, eliminando quasi tutti i grossi club europei, ad eccezione del piccolo Newport County, che invece stava per sfiorare la grande impresa. Ma il Carl Zeiss Jena aveva eliminato: la Roma, il Valencia di Kempes e Morena detentore ed il Benfica. Grazie in più di una occasione anche alle prodezze del portiere Hans Grapenthin. Oltretutto nella stagione del 1961/62 lo stesso club, ma che aveva il nome di Motor Jena, si spinse fino alle semifinali del torneo, grazie ai gol di Peter Ducke, un idolo incontrastato. Ma questa volta il raggiungimento della finale era vera realtà. Quella georgiana, invece, era una formazione quotata già da diverse stagioni, tanto che nel 1979 aveva sbattuto fuori il Liverpool dalla Coppa dei Campioni, mortificandolo con un 3-0 a Tblisi davanti a 90.000 spettatori. Una squadra di tradizione che vantava addirittura le simpatie al tempo di Stalin e di Berja, entrambi nativi di quella regione, e quindi di Boris Shevernadze, leader del Partito Comunista con buona gloria poi al Cremlino.
Ma la politica in tutto questo raramente aveva interferito nelle fortune calcistiche di quella Dinamo. Anzi i georgiani erano particolarmente temuti in ambito sovietico per il lroro talento ed il loro spirito individuale. Nel 1980 in città si svolse il “Soviet Woodstock”, una manifestazione rock, quasi immediatamente sanzionata dal governo. La squadra vantava diversi giocatori che militavano nella nazionale URSS, come i difensori Sulakvelidze e Chivadze, anche capitano, il centrocampista Daraseljia (pescato 17enne nell’Amirani Ochamchire) e quindi due autentici funamboli in attacco come David Kipiani e Ramaz Schengelija. Questi giocatori avrebbero fatto la fortuna di qualsiasi squadra occidentale. La Dinamo si ritrovò ai nastri di partenza della Coppa delle Coppe, pur avendo perso la finale di Coppa dell’URSS di riferimento contro lo Shaktar Donetz.
I sovietici arrivavano ai nastri di partenza delle coppe europee con un anno di ritardo, a causa di un regolamento non conforme. Per decorrenza dei termini, per così dire, la Dinamo venne iscritta alla Coppa delle Coppe e lo Shaktar alla Coppa UEFA della stagione agonistica 1980/81. I georgiani nei quarti sventrarono il terreno di gioco del West Ham United, passando a Londra con un pirotecnico 1-4 e poi in semifinale diedero una lezione anche al Feyenoord. Il derby in finale con i cugini della DDR era tuttavia alquanto delicato. Dopo il 1975, ancora una volta la finale era un affare privato tra due squadre che provenivano dall’est Europa. Ed anche questa volta il pubblico sugli spalti risultò essere effettivamente esiguo. Poco più di 4.000 spettatori nell’ampiezza dello stadio del Dusseldorf. Sia i sovietici che quella della DDR evitarono senza neanche troppa eleganza di andare dai vicini della Germania Ovest. La formazione di Tblisi lo vinse dopo essere andata in svantaggio per un gol di Hoppe. Poi Gutsaiev e Daraselija capovolsero il punteggio finale. Molto bello risultò agli occhi dei pochi intimi di Dusseldorf il secondo dei gol, giunto peraltro a tre minuti dalla fine. I georgiani, poi, non riuscirono a sfidare il Liverpool nella Supercoppa Europea. Gli inglesi si lamentarono di un calendario agonistico già troppo intasato e non trovarono l’accordo per disputare il doppio confronto. Un vero peccato per quelli di Tblisi, che forse si sarebbero fregiati di un altro titolo. Il vero faro di quella squadra fu senza dubbio, anche in un contesto comunque di grandi giocatori, il geniale David Kipiani. Giocatore di classe rara, che purtroppo ebbe la sventura nella sua prestigiosa carriera di essere passto sotto i tacchetti affilati di Andoni Goicoechea, cioè colui che distrusse anche una ganba a Maradona, e successivamente di essere snobbato dalla nazionale sovietica, che nel 1982 non lo portò ai Mondiali di Spagna pur essendo nel pieno della sua forma fisica e tecnica.
Qualcuno parlò anche di una punizione politica, ma senza riscontri effettivi. Quella Dinamo registrava in patria una media-spettatori di 68.200 persone, che diventavano anche di più nelle sfide continentali più importanti. Troppo presto quella squadra conobbe la sua pagina più triste. Il 13 dicembre del 1982, infatti, in un incidente stradale morì il giovane 25enne Vitaly Daraseljia, l’uomo che avrebbe potuto condurre quella squadra a nuove vittorie.