GLIEROIDELCALCIO.COM (Federico Baranello) – Per la rubrica “Libri” abbiamo raggiunto e intervistato Marco Ballestracci autore del libro “Giocare col fuoco”, storie dal campionato perduto del 1944, edito da Mattioli 1885.
Nel dicembre del 1943, a Venezia, viene indetto il nuovo campionato di calcio. I principali sostenitori del torneo sono il Ministro della Cultura Popolare, Ferdinando Mezzasoma, e il nuovo Commissario Unico del Coni, Ettore Rossi. Il campionato inizia nel gennaio del 1944, perdendo partecipanti mano a mano che il fronte si sposta verso nord. I Vigili del Fuoco di La Spezia arruolano gran parte dei giocatori dello Spezia Calcio e intraprendono la competizione.
Le imprese sportive si mescolano con la vita e con la tragedia della guerra. Tra bombardamenti, macerie, attraversamenti della Cisa e regolamenti di conti, il campionato procede fino al triangolare conclusivo all’Arena di Milano, dove i Vigili del Fuoco di La Spezia battono in finale il Torino. Il campionato termina così, il 20 luglio del 1944, ma i protagonisti del libro hanno altre imprese da portare a termine, così che, alla fine d’ogni cosa, tutto volga a una più giusta normalità.
Un triplo appuntamento per noi: oggi l’intervista all’autore e nelle prossime settimane due estratti del libro.
Si ringrazia la casa editrice Mattioli 1885 per l’opportunità.
Buona lettura.
Il team de GliEroidelCalcio.com
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Come nasce l’idea di un libro come “Giocare col Fuoco”?
In realtà, come spesso accade ma non lo dice mai nessuno, l’idea è di una casa editrice che riteneva, visto le miei precedenti pubblicazioni con Instar Libri, che io potessi sviluppare quel particolare tema. Poi sono saltati fuori altri progetti che si sono concretizzati con la successiva pubblicazione nel 2016 de “I Guardiani” e il soggetto che poi è diventato “Giocare col Fuoco” è stato accantonato. Però il libro conteneva troppi riferimenti alla giovinezza di mio padre, che era nato e cresciuto in Lunigiana, probabilmente la parte più geograficamente battuta dalla storia, perché continuasse a rimanere accantonato. Così dopo cinque anni dalla stesura della prima versione sulla quale poi ho molto rilavorato, finalmente – soprattutto perché in qualche modo si riporta in vita mio padre – il libro, nell’aprile del 2021, è uscito per Mattioli1885.
Calcio e guerra: due parole che spesso sono così vicine.
Non faccio parte della schiera di coloro che pensano che calcio e guerra, almeno nella parte del mondo in cui il pallone, al momento dei conflitti, era molto diffuso, debbano per forza andare a braccetto. C’è chi lo pensa, ma io non credo sia così. Anche perché presentando ai lettori “Giocare col Fuoco” spesso mi sono chiesto come fosse possibile che di fronte a uno scenario di guerra come quello del dicembre del ’43 in Italia, qualcuno decidesse – come finzione della normalità – di istituire un campionato di calcio. Riesco a comprenderlo, per esempio, per il Mondiale in Argentina del 1978, in cui la guerra, come purtroppo sappiamo, era “sporca”, ma non riesco francamente a capirlo nel dicembre del ’43 in cui in Italia la guerra era decisamente “pulita”: cioè alla luce del sole, con i bombardamenti, le rappresaglie e tutto ciò che purtroppo conosciamo.
L’autore Marco Ballestracci
Quanta ricerca c’è in un libro come “Giocare col Fuoco” e come si sviluppa la narrazione?
Direi che per ciascuno dei miei libri che si occupano a grandi linee di calcio la ricerca storica è fondamentale e perciò, direi, piuttosto approfondita. Bisogna tener conto che io non sono assolutamente in grado di scrivere saggistica – se scrivessi saggi riuscirei a far addormentare dopo tre righe uno che soffre d’insonnia – perciò l’unica maniera in cui riesco esprimermi abbastanza bene nella scrittura è la narrazione e quindi il romanzo.
Perciò credo, di fatto, d’avere sempre scritto romanzi storici e in codesta specialità la narrativa corre affianco alla storia, proprio a un’incollatura. È una disciplina in cui la verosimiglianza è fondamentale e “Giocare col Fuoco” non si discosta da questo criterio. Ciò che è narrato credo sia perfettamente verosimile al tempo in cui la storia si svolge.
Che cosa ti lega soprattutto a questo libro?
Direi che ciò che mi lega a questo libro è l’ambientazione e il carattere dei personaggi principali che deriva appunto dall’appartenere a un certo luogo. Il tragitto dell’autobotte che trasporta i calciatori dei Vigili del Fuoco di Spezia durante le trasferte si snoda in zone che conosco bene e alle quali, nonostante io viva da sempre in Veneto, sono molto legato. Come dicevo, mio padre è sempre stato fortissimamente lunigianese, anche se ha trascorso gran parte della sua vita lontano da dove era nato, e mi ha trasmesso quella familiarità coi luoghi che spero il lettore in qualche modo riconosca nel libro.
Poi, ma è una questione puramente narrativa, la cosa che davvero m’ha stupito è che una storia tanto rocambolesca sia accaduta veramente, come a sottolineare che, per quanto l’immaginazione possa essere fervida, a volte la realtà l’oltrepassa a velocità doppia. Come ho scritto nella postfazione del libro la partita del 16 luglio 1944 tra i Vigili del Fuoco di Spezia e il Grande Torino è, secondo me, l’omologo di Brasile – Uruguay a Rio de Janeiro, guarda caso il 16 luglio del 1950. È stato bellissimo farla riemergere dai meandri della Storia e metterla a disposizione dei lettori, anche se, bisogna dirlo, ho poi scoperto che altri l’avevano già dissepolta sotto forma di saggio e persino di pièce teatrale. Comunque, per quanto mi riguarda, non avendo cognizione dei disseppellimenti altrui, mi sono ritrovato a riportarla in superficie per conto mio ed è stata un’impresa letterariamente avventurosa e molto coinvolgente.