GLIEROIDELCALCIO.COM – Pubblichiamo, come preannunciato (vedi intervista con il curatore Pietro Nardiello), il secondo estratto del libro “Interrompo dal San Paolo”, edito dalla Giammarino Editore di Napoli.
Siamo nella stagione dello storico primo scudetto della squadra partenopea, è il 19 ottobre del 1986 e al San Paolo si affrontano Napoli e Atalanta. Il risulto finale sarà di 2 reti a 2. I partenopei passano in vantaggio grazie alla rete messa a segno da Giuseppe Volpecina.
Ringraziamo ancora il curatore e la casa editrice per averci dato questa possibilità.
Buona lettura.
Il Team de Gli Eroi del Calcio.com
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Il gol di Tex Willer
Di Daniela Volpecina
VOCE RADIO
…Bianchi mette Volpecina al fianco di Ferrara, Sola e Caffarelli sulle fasce a sostegno di Giordano e Maradona…
L’intervento del radiocronista in diretta dal San Paolo interrompe involontariamente la conversazione. In fondo le voci della radio sembrano essere così familiari, e poi con quel ritmo improvviso che sembra impennarsi come una moto da cross che riempie tutto il locale.
Poi il solito boato quando segna il Napoli, uno spostamento d’aria che coinvolge anche qualche tifoso meno acceso seduto ai due tavolini che quando non piove Frank mette fuori, sul marciapiede. Al bar ci sono regole non scritte, rispettate però da tutti i clienti della domenica. In pratica quando il cronista descrive un’azione d’attacco, quando gli azzurri si avvicinano con la palla all’area di rigore avversaria qualcuno si alza in piedi, qualcun altro si avvicina alla radio proprio come se quella palla la dovessero spingere in porta anche loro. Indescrivibili sono le scene di giubilo per un gol. Il bar di Frank sembra diventare uno spicchio dello stadio. Al contrario, però, se a segnare è la squadra avversaria le imprecazioni che volano fanno arrossire anche le pagine dell’Inferno della poesia napoletana. L’unico tifoso non napoletano in effetti è proprio Frank, poi c’è qualche milanista ma quelli la domenica pomeriggio non si fanno mai vedere. Gli juventini, invece, passano puntuali la domenica sera. Però l’affetto e la stima che tutti nutrono per Frank gli impedisce di considerarlo, come per gli altri, un nemico sportivo.
«Siamo al 15° e non c’è stata ancora un’azione buona» si lamenta Pasquale con una voce che tradisce un po’ di delusione. «Questa partita si preannuncia fiacca».
«Non essere precipitoso, è appena cominciata. E poi anche la Juventus pareggia ad Ascoli e tutte le altre stanno ancora 0-0», questa è l’unica frase che riceve come risposta da un conoscente seduto poco distante. Un silenzio di tomba è calato improvvisamente in sala. Michele, sempre più concentrato sullo schema di gioco, si è acceso l’ennesima Marlboro, che aspira nervosamente con i ripetuti tiri che mettono in evidenza una bocca piccola e corrucciata. Ha sempre sognato di fare il calciatore. Fin da quando ha avuto l’età per tirare calci ad un pallone ma il destino ha mostrato tutto il suo disappunto per questa scelta costringendolo, ancora adolescente, a prendere in mano le redini dell’officina meccanica di famiglia dopo la prematura scomparsa del padre. «Ah se ci fossi io su quel campo» ripete ogni domenica divertendosi a recitare la parte dello sbruffone.
Frank continua a fare la spola tra i tavoli e il bancone senza mai staccare l’orecchio dalla radio. Mario, distratto dai ricordi, rinsavisce ogni qual volta il cronista annota un’azione di gioco decente del Napoli.
«Dai che ora Maradona fa un altro dei suoi bei miracoli e salva pure questa partita», dice un giovane seduto ad uno dei tavoli in fondo alla sala. «Ma di cosa vi lamentate, le partite sono appena cominciate», questa volta a rispondere è proprio Frank.
«Maradona… tzé… buono quello», bofonchia sottovoce Mario ripensando a quel pomeriggio in cui suo fratello gliel’ha presentato. È andato a prenderlo a Fuorigrotta dopo un allenamento e in macchina, sulla strada del ritorno, discutono a lungo. Sul capitano. Sulle responsabilità di gioco. Sul significato dei ruoli. «Non sto sminuendo la sua tecnica e il suo estro, afferma a un certo punto mentre ingrana la terza della sua vecchia Golf Volkswagen di colore giallo, voglio solo dire che le speranze di una squadra non possono essere riposte in un solo uomo, per quanto straordinario e talentuoso sia, perché al primo problema fisico la squadra si disgrega. Guarda cosa è successo dopo l’infortunio. Diego corre poco, non calcia più dalla bandierina, addirittura evita di forzare il sinistro su punizione. E voi? Nel frattempo che fate? Volete essere per tutta la vita Maradona-dipendenti?»
Mario è sempre stato un sostenitore del gioco di squadra. Crede fermamente che ciascuno debba giocare la sua partita in funzione degli altri dieci per ottenere i risultati sperati. E questa domenica i fatti confermano la sua tesi. Ma non solo. Anche qualche giornalista ha iniziato a scrivere sui giornali avvalorando quest’idea che, oramai, accompagna Mario da qualche settimana.
VOCE RADIO
…scusa Ameri, ti interrompo dal San Paolo, il Napoli è passato in vantaggio con un gol di Volpecina al 20’ minuto di gioco. Cambia dunque il risultato Napoli 1 Atalanta 0, a te la linea…
Un’esplosione incontenibile anima d’un tratto il bar.
«E vai… ehhhhhhh – grande Volpecina – simmo troppo forti». Le voci e le urla si accavallano. Un ragazzo sui 15 anni corre a baciare la radio. Michele afferra Mario per le spalle e comincia a intonare “Volpecina è meglio è Pelé…”, qualcuno si affaccia in strada per gridare “Forza Napoli”. Pasquale esulta ma senza troppo entusiasmo, in fondo ha pronosticato un pareggio per Napoli- Atalanta e spera, in modo neanche troppo velato, di azzeccare il risultato della schedina. «Poi per lo scudetto c’è tempo».
Mario non si è mosso di un centimetro. È come inebetito. Gli occhi lucidi per l’emozione.