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Libri: “La Coppa dimenticata” 1932 – Bologna, una Coppa vinta … a Tavolino

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GLIEROIDELCALCIO.COM – Per la rubrica “Libri” abbiamo raggiunto e intervistato Jo Araf, autore del libro “La Coppa dimenticata – Storia della Mitropa Cup madre della Coppa Campioni (1927 -1940)”, edito da Urbone Publishing  

“La Coppa Dimenticata” è un’opera che si pone l’obiettivo di raccontare il calcio di molti anni fa inserendolo nella cornice storico-sociale del tempo. Una lettura coinvolgente che conduce all’interno di una competizione unica.

Un triplo appuntamento per noi: l’intervista all’autore, pubblicata lo scorso sabato, e due estratti del libro di cui oggi il primo.

Si ringrazia la casa editrice Urbone Publishing per l’opportunità.

Buona lettura.

Il team de GliEroidelCalcio.com

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Dal Capitolo: 1932 – Bologna, una Coppa vinta…a Tavolino

Ricostruzione del doppio confronto tra Juventus e Slavia Praga, semifinale conclusasi con entrambe le squadre squalificate

 

Il giorno dell’incontro di Bologna Juventus e Slavia si erano affrontate nel ritorno dell’altra semifinale. L’andata era terminata 4-0 per i cecoslovacchi ed era stata contraddistinta da polemiche e scontri violentissimi tra tifosi. L’atmosfera era stata infuocata fin dalle prime battute con i rumorosissimi 28.000 spettatori locali che sotto la pioggia incessante che era scesa copiosa sul Letná Stadion non avevano mancato di applaudire i propri giocatori e fischiare di continuo quelli avversari. Anche i calciatori dello Slavia non avevano badato al sottile: al primo minuto di gioco un giocatore italiano, Bertolini, era stato costretto ad uscire per ricevere le cure mediche dello staff bianconero. La sfida era rimasta aperta fino al 25esimo del primo tempo ed aveva visto entrambe le formazioni avvicinarsi ripetutamente al gol. Poi, a partire da quel momento, lo Slavia era passato in vantaggio e nel proseguo della gara aveva arrotondato il proprio bottino. Gli scontri erano andati avanti durante tutti i novanta minuti: in seguito a un duro contatto tra Puč e Cesarini, Sloup-Štaplík, l’allenatore dei cecoslovacchi succeduto due anni prima a Madden, era entrato in campo per protestare e Cesarini, non gradendo, era andato a muso duro contro il tecnico. Cesarini se l’era poi presa anche con l’arbitro, colpevole secondo lui di non aver sanzionato un fallo subito dall’oriundo Sernagiotto[1]. I dissidi tra l’arbitro Braun e i giocatori italiani, in realtà, erano iniziati qualche giorno prima: Braun aveva diretto anche il ritorno dei quarti di finale tra Ferencváros e Juventus ed aveva assegnato tre rigori ai magiari[2]. Ma torniamo ai fatti di Praga: ebbe luogo una prima invasione di campo alla quale ne sarebbe seguita pochi minuti dopo una seconda, causata da un ennesimo fallo di Cesarini. Alcuni giocatori bianconeri, in particolare Orsi, Varglien, Vecchina e Caligaris vennero aggrediti e, nonostante l’intervento della polizia, dovettero difendersi dai calci e dai pugni dei tifosi di casa. Cesarini fu espulso prima che la partita potesse riprendere. Anche l’arbitro Braun fu colpito nella mischia, motivo per il quale dovette uscire dal campo per dieci minuti. Quando la sfida ricominciò i Bianconeri erano rimasti in otto: oltre a Cesarini, espulso, Varglien e Vecchina non avevano ancora recuperato dai colpi subiti. Fu in quella fase di gioco che Fiala realizzò su calcio di rigore la quarta rete per lo Slavia.

La partita si concluse tra le polemiche, polemiche che sarebbero immancabilmente divampate anche sui giornali e all’interno delle singole federazioni. A poche ore dai fatti di Praga la FIGC sollecitò una relazione alla Juventus, alla Legazione Italiana a Praga e ad Hugo Meisl circa l’avvenuto. I giornali italiani si augurarono che la domenica successiva, quando si sarebbe giocato l’incontro di ritorno, la Juventus avrebbe dato una lezione ‘alle folli incivili di Praga’. La FIGC, nell’intento di dare un segnale di solidarietà, decise di punire Cesarini per la condotta antisportiva comminando al giocatore una multa pari a 2.000 lire, la stessa misura che aveva adottato lo Sparta nei confronti di Braine dopo la partita tra Bologna e Sparta. Allo stesso tempo, però, chiese ragguagli ad Hugo Meisl circa le sanzioni imposte dalla Federazione cecoslovacca.

Il ritorno di Torino era stato fissato per il 10 luglio e si sarebbe disputato in un clima decisamente surriscaldato, figlio dei disordini dell’andata. Appena arrivati a Torino i giocatori dello Slavia vennero presi d’assalto da un gruppo di tifosi bianconeri poi bloccati dall’intervento della polizia. Nei presso e dentro lo stadio le forze dell’ordine pattugliavano ogni angolo al fine di sedare eventuali accenni di violenza. La partita non era nemmeno iniziata quando si verificarono i primi incidenti: a bordo campo, prima del lancio della monetina, Combi si rifiutò di stringere la mano a Ženíšek, capitano dello Slavia e Plánička, che si era appena sistemato davanti alla porta, fu colpito da dei sassolini provenienti dalla tribuna superiore. Ora, far chiarezza circa l’entità del danno occorso al portiere cecoslovacco non è cosa facile. Le vicende relative al doppio confronto tra Slavia e Juventus andrebbero analizzate ascoltando entrambe le campane, fautrici di due versioni diametralmente opposte. Quel che è certo fu che Plánička fu colpito, che rimase a terra per qualche istante e che poi si rialzò tra le veementi proteste dei suoi compagni.

Solo a quel punto il fischietto austriaco Miesz diede inizio alle ostilità e i tifosi italiani, che sembravano essersi placati, iniziarono a sostenere i propri beniamini rivolgendo loro cori di incitamento. La Juventus passò in vantaggio al 15esimo grazie a Cesarini dopo che Plánička, decisivo per tre volte, aveva negato il vantaggio ai torinesi. L’antifona non cambiò e al 40esimo Plánička raccolse il secondo pallone dal sacco, merito del calcio di rigore trasformato da Orsi. Un rigore, secondo i giornali di Praga, concesso a causa delle pressioni del pubblico locale. Mentre il primo tempo si avviava all’epilogo Junek, attaccante della formazione ospite, raccolse un oggetto giunto dagli spalti e fece per tirarlo contro uno degli avversari. Il gesto plateale fu notato da Combi che avvertì immediatamente l’arbitro. Ne scaturì un incredibile parapiglia che richiese l’intervento sul campo delle forze di polizia prima che i giocatori potessero guadagnare gli spogliatoi. Dal canto loro i giornali cecoslovacchi avrebbero accusato Caligaris di essersi avvicinato minaccioso all’area riservata al radiocronista cecoslovacco Josef Laufer. Puč, che si sarebbe affermato come il più grande marcatore di tutti i tempi della nazionale cecoslovacca e che quel giorno era presente in campo, avrebbe ricordato anni dopo: “Ci sentimmo prigionieri, scortati dai carabinieri fuori dal campo. Al fine di proteggerci era stata addirittura vietata la vendita di bibite in bottiglia. E a fine partita, quando tornammo in hotel, cordoni della polizia erano stati predisposti lungo le strade del vicinato”.

Non appena le due squadre tornarono in campo per il secondo tempo Plánička, dopo che una discesa di Sernagiotto sulla fascia era stata interrotta da un difensore ospite, si accasciò nuovamente a terra, probabilmente a causa di un nuovo sasso proveniente dagli spalti. Il giorno seguente all’incontro i giornali italiani palesarono un certo scetticismo: secondo loro Plánička aveva finto di essere stato colpito ma poi, dato che i dottori accorsi in campo non avevano rilevato segni sulla nuca del portiere, aveva detto di essere stato vittima di un colpo di sole. Le testate italiane ipotizzarono anche un malessere causato da acqua ghiacciata bevuta durante l’intervallo. La versione cecoslovacca era abbastanza diversa: Plánička, in seguito al colpo ricevuto, aveva subito un trauma psicologico che gli avrebbe impedito di continuare serenamente la partita. Ad ogni modo i giocatori dello Slavia trascinarono fuori il proprio portiere senza più rientrare in campo. L’incontro durò così 45 minuti e 50 secondi. Una scusa secondo gli italiani, visto che tecnicamente esisteva un tempo tecnico pari a 10 minuti per sostituire un portiere con un giocatore di movimento[3]. Il verdetto rimase così in sospeso e le due squadre andarono in vacanza in attesa di conoscere la decisione che avrebbe preso il comitato. Qualora il comitato avesse valutato che l’abbandono del campo da parte dello Slavia fosse dipeso da cause di forza maggiore, avrebbe probabilmente punito la Juventus estromettendola automaticamente dalla competizione. Altrimenti avrebbe assegnato la vittoria per 3-0 a tavolino ai Bianconeri, un risultato comunque inutile ai fini del passaggio del turno dato l’esito dell’andata. L’intera questione girava attorno a Plánička e all’entità del suo infortunio. Era stato vittima di un malessere? Aveva fatto scena? O era stato effettivamente colpito a ripetizione dai tifosi juventini? La vicenda si inasprì nei giorni successivi. Da Praga dichiararono che ‘lo Slavia e i suoi dirigenti sono stati vittime del contegno barbaro dei fascisti italiani’, mentre l’arbitro Miesz sostenne che Plánička non fosse rimasto contuso e che la partita sarebbe potuta andare avanti. Due giornali ungheresi, l’Uj Nemzedek ed il Nemzeti Ujszag, puntarono il dito contro le scorrettezze dei cecoslovacchi nella partita di andata. Secondo i giornali cecoslovacchi invece i loro colleghi italiani avevano offeso i giocatori e i tifosi dello Slavia con epiteti quali ‘maiali’ e ‘scarafaggi boemi’[4]. La FIGC meditò addirittura di boicottare l’incontro valevole per la Coppa Internazionale del 28 ottobre tra Cecoslovacchia ed Italia. La preoccupazione della Federazione italiana era data dal fatto che gli stadi di Praga non erano recintati e che in troppe occasioni il pubblico locale facesse un cattivo uso della libertà che gli veniva concessa. Il comitato, che in un primo momento aveva valutato l’opportunità di organizzare uno spareggio in campo neutro, si riunì a Klagenfurt la mattina del 16 agosto. Dopo quattro ore di intense consultazioni che coinvolsero anche gli arbitri di Praga e Torino, oltre ai rappresentanti italiani e cecoslovacchi Zanetti e Pelikan, il presidente Gerö ordinò alle parti interessate di abbandonare momentaneamente la sala mentre le federazioni estranee alla faccenda – quella austriaca e quella ungherese – avrebbero preso una decisione. Quando Zanetti e Pelikan rientrarono appresero per bocca di Gerö che entrambe le squadre erano state squalificate: erano state ritenute colpevoli in egual misura dei disordini avvenuti tra andata e ritorno. Lo Slavia fece appello nei giorni successivi ma il ricorso venne respinto. Nacque una diatriba nella diatriba: la Federazione cecoslovacca dichiarò di voler boicottare l’arbitro Miesz, reo a suo dire di aver redatto un rapporto menzognero che danneggiava le istanze dello Slavia, mentre il comitato organizzatore, supportato dal collegio arbitrale viennese, spalleggiò l’arbitro sostenendo che in caso non venisse ritirato il boicottaggio di Miesz le varie federazioni avrebbero avuto facoltà di non accettare direttori di gara cecoslovacchi.

Il 7 novembre il comitato si espresse in via definitiva: la Coppa e le medaglie d’oro spettavano al Bologna, la prima formazione italiana a vincere una competizione europea per club. Una gioia mitigata dal fatto che, non potendo disputare la doppia finale, il Bologna avrebbe dovuto rinunciare ad un lauto incasso. Il fatto che la vittoria del Bologna venisse ufficializzata il 7 novembre comportò un equivoco: secondo diverse fonti l’allenatore che vinse la Coppa Mitropa del 1932 fu József Nagy. Nagy, in realtà, era l’allenatore in carica in quel momento, ma a disputare gli incontri della Mitropa era stato Lelovics che all’indomani della vittoria si era accasato al Livorno.

[1] Pedro Sernagiotto, soprannominato Ministrinho, era nato a San Paolo e faceva parte della colonia di giocatori che dal Sudamerica arrivarono in Italia all’inizio degli anni ‘30

[2] I rigori furono realizzati da György Sárosi, che quell’anno faceva la sua comparsa sul palcoscenico internazionale. Al termine di quella sfida venne definito dall’allenatore della Juve Carcano con una parola: “Straordinario”

[3] Lo Slavia avrebbe potuto schierare un giocatore in porta al posto di Plánička, ma non essendo le sostituzioni ancora contemplate avrebbe dovuto proseguire l’incontro in 10 contro 11

[4] Io non ho riscontri in merito

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