GLIEROIDELCALCIO.COM (Federico Baranello) – Per la rubrica “Libri” abbiamo raggiunto e intervistato Giancarlo Rizzoglio, autore del libro “La Stella negata al grande Genoa”, edito da De Ferrari, membro del Comitato Storico Scientifico della Fondazione Genoa 1893.
Il campionato è quello del 1924/25, oggetto di contenzioso, dove Giancarlo Rizzoglio ricostruisce la “sua” verità (dobbiamo dirlo visto che è oggetto di contenzioso) che privò gli uomini di Garbutt del decimo scudetto.
Un triplo appuntamento per noi: oggi l’intervista all’autore e nei prossimi giorni due estratti del libro.
Si ringrazia la casa editrice De Ferrari per l’opportunità.
Buona lettura.
Il team de GliEroidelCalcio.com
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Giancarlo … il titolo è eloquente … secondo la tua ricostruzione siamo di fronte ad un torto …
Forse l’ingiustizia più grossa della storia del calcio italiano, o, come l’ha definita tempo fa il “The Guardian “, la più grande nella storia del calcio internazionale. Ritengo però, e non mi stancherò mai di ripeterlo, che, paradossalmente, il Bologna, la sua formidabile squadra e i suoi dirigenti non c’entrarono nulla con quell’enorme torto. Loro si comportarono sempre correttamente e con sportività. Il torto al Genoa fu perpetrato dai giochi di potere in quel momento in atto sia in Lega Nord e sia in Federcalcio e, soprattutto, dal regime politico del tempo, che proprio nel campionato 1924/25 cominciò a vedere nel calcio italiano uno straordinario veicolo promozionale, propiziando così la vittoria degli emiliani in modo molto discusso. Il libro ripercorre l’intera vicenda di quelle celeberrime cinque finali di Lega Nord 1924/25, basandosi esclusivamente sull’evidenza documentale scaturita dagli archivi, in base alle quali il lettore potrà capire come la FIGC di quel tempo si trovò realmente impossibilitata a pervenire serenamente e con equità di giudizio al reale vincitore tra Genoa e Bologna. E, in un certo senso, ritengo che anche il Bologna subì un’ingiustizia.
Spiegati meglio ….
Faccio un esempio. Nella stagione 1914/15, quando la FIGC sospese il campionato ad una sola giornata dalla fine a causa dell’entrata dell’Italia nella Grande Guerra, il Genoa era ormai ad un piccolo passo dalla conquista del titolo. Gli sarebbe solo bastato un semplice pareggio a Marassi, dove aveva sempre vinto, col Torino, contro il quale, va detto, aveva rimediato in trasferta nell’andata del girone finale settentrionale l’unica sconfitta. Invece Antonio Scamoni, presidente della Commissione Tecnica Federale, decise inopinatamente di sospendere il torneo di Prima Categoria, equivalente alla nostra serie A, limitatamente a Genoa-Torino e Milan-Inter. Invece, la Promozione, cioè la nostra attuale serie B, la Terza Categoria e il campionato meridionale si disputarono regolarmente. Ebbene, il Genoa fu l’unica squadra a protestare contro quell’enorme ingiustizia, e se anche gli fu assegnato il titolo con decisione postuma, ha sempre poi dovuto subire, per colpe non sue, le rimostranze di chi, in qualche modo e sul piano puramente formale, glielo rinfacciava. Ora, seppur con vicende e presupposti completamente diversi, anche il Bologna ha dovuto scontare nel 1925, per colpe non sue, le conseguenze di una vittoria per uno scudetto molto discusso, non solo a Genova ma da gran parte della letteratura sportiva nazionale e internazionale. E, se vogliamo, la stessa cosa accadde anche al Torino nel 1926/27, quando, con l’accusa di un illecito sportivo, gli fu revocato uno scudetto vinto sul campo, con una decisione probabilmente ingiusta sul piano sportivo, ma che formalmente giustifica invece le rimostranze dello stesso Bologna, che arrivò secondo, nel reclamare quel titolo.
Beh, visto che sei stato tu a toccare un po’ la storia dei cosiddetti scudetti contesi, per il 1914/15 la Lazio, che partecipava al girone centrale, a quanto pare sostiene di essere stata in una posizione addirittura migliore del Genoa per la conquista del titolo …
Ma non scherziamo. Intanto, a Roma sanno perfettamente che a quei tempi le squadre centro-meridionali non avevano la benché minima speranza di prevalere su quelle settentrionali. Senza dilungarmi, snocciolo numeri. Dal 1912/13 al 1920/21, con la diretta gestione della F.I.G.C. sull’intero territorio nazionale, e dal 1921/22 al 1925/26, con l’istituzione di Lega Nord e Lega Sud, si contano 15 incontri complessivi di cui 14 vinti dalle squadre settentrionali e un solo pareggio con all’attivo 56 reti e solo 10 subite. Numeri inequivocabili. Quindi, un confronto senza alcun contenuto tecnico, dove mai le squadre del Centro-Sud riuscirono a passare in vantaggio solo che una volta. Ne è persino esempio la stessa Lazio, che affrontò a Genova nel 1912/13 nella finalissima nazionale la Pro Vercelli, venendo perentoriamente battuta con un esplicativo 6 a 0, e nella doppia finale del 1913/14 il Casale, subendo un’altra eloquente sconfitta prima per 7 a 1 in Piemonte e poi per 2 a 0 a Roma. Numeri indiscutibili e molto esplicativi che emergono dai quotidiani dell’epoca, in cui si descrive una FIGC nello spasmodico tentativo di far crescere almeno un po’ il tasso tecnico delle squadre centro-meridionali. E, pur nel pieno rispetto di chi sostiene che la Lazio era stata campione centro-meridionale, tutti ormai sanno che non condivido assolutamente questa conclusione. A mio avviso, i documenti dicono chiaramente, e senza possibilità di equivoco, che la Lazio aveva vinto solo il girone centrale, e nulla più. Il girone meridionale, come quello settentrionale, non era stato concluso, e nel 1919 l’almanacco Baccani, una specie di istituzione sportiva del tempo, aveva classificato al primo posto il Genoa e l’Internazionale Napoli rispettivamente nel girone settentrionale e nel girone meridionale. La finale centro-sud, dunque, non si disputò. Ora, se si vuole sostenere che la Lazio non avrebbe avuto difficoltà a prevalere sull’Internazionale Napoli e quindi a presentarsi in finale contro il Genoa, posso essere d’accordo. Così come posso anche concordare sul fatto che, non certo per colpa del Genoa, in realtà quel campionato non era stato concluso.
A questo punto, secondo te, come se ne potrebbe uscire?
Partiamo da un dato certo. Il lavoro di ricerca storica della commissione federale è stato concluso, e la parola ora passa al Consiglio Federale per una decisione definitiva. Potrebbe il Consiglio lasciare dunque le cose come stanno? Certamente. Sapendo però che Lazio, Genoa, Bologna e Torino, ossia quattro squadre storiche che hanno fatto l’epopea del nostro calcio, continueranno a gridare all’ingiustizia senza soluzione di continuità. Conviene alla FIGC? Non so. Se davvero la volontà è quella di revisionare e sviluppare la propria organizzazione anche attraverso la valorizzazione della propria storia, ecco che fare qualcosa per gli scudetti 1915/15, 1924/25 e 1926/27 avrebbe un grande significato. Un ex aequo per tutti i titoli? Assolutamente sì. Lo ha dimostrato l’ultima Olimpiade di Tokio nella gara di salto in alto tra il nostro Tamberi e Barshim. Entrambi hanno lo stesso titolo olimpico, una medaglia d’oro che ha un valore completo, assoluto e univoco e non certo da considerarsi in qualche modo a metà. L’unica condizione posta in questi casi dal Cio è che due atleti arrivati allo stesso risultato sportivo, trovino un accordo sull’ex aequo. Ebbene, a mio avviso, è proprio quello che dovrebbero fare Lazio, Genoa, Bologna e Torino. Guardarsi cioè negli occhi e convenire come ognuno abbia in realtà delle ragioni inoppugnabili su quei titoli tanto discussi. In questo modo si aiuterebbe la FIGC ad assegnare un ex aequo per ogni campionato, che aumenterebbe i loro palmares, con tanto di ritorni commerciali per i club, e porrebbe fine una volta per tutte a feroci diatribe che durano anche da più di un secolo.
Torniamo al tuo libro. Questa in realtà è la seconda edizione: cosa troverà il lettore di nuovo…
Il libro è stato arricchito in alcuni punti sulle novità emerse dagli archivi negli ultimi due anni. Ad esempio, in realtà, contrariamente a quanto si disse all’epoca, in occasione del gol fantasma di Muzzioli nella terza finale, anche il guardalinee Trezzi considerò quel gol irregolare, confermando una volta di più che la terna arbitrale continuò da quel momento la partita pro forma per uscire indenni dal campo; Mauro, in realtà, in quel momento era tra i più seri papabili per assumere la presidenza della Lega Nord, in quanto Olivetti mirava, inutilmente, alla presidenza FIGC, un fatto che non può non far pensare che nel referto della partita avrebbe avuto molta più sensibilità a far emergere le responsabilità organizzative del Consiglio di Lega in carica, già molto criticato, piuttosto che ai reali motivi che invalidarono una partita fino a quel momento regolare; Mauro, inoltre, nella FIGC di Arpinati del 1926 fu tra i pianificatori della Carta di Viareggio, documento epocale del nostro calcio, e poi nominato presidente della Commissione Italiana Tecnica Arbitrale, organo considerato dallo stesso Arpinati come pietra angolare della nuova Federazione. E poi ancora diverse nuove argomentazioni che rimando alla lettura del libro. Un libro dove comunque il lettore potrà trovare una vera chicca. Si tratta di un dvd allegato in cui si potranno vedere alcune fasi salienti della quinta finale del 9 agosto a porte chiuse al pubblico. Una finale dove trovarono posto sulle tribune solo alcuni giornalisti e a cui assistette anche Vittorio Pozzo, che si può notare nel filmato.
Un quadro storico … Come si inserisce questa storia nella società dell’epoca
Vedi, qualcuno sostiene che il fascismo in quel momento non aveva ancora messo il bavaglio agli organi di informazione. Ecco, la nuova edizione del libro aiuta proprio quelli che magari hanno bisogno di chiarire certi aspetti storici. Infatti, nel 1923 i controlli alle notizie date dai quotidiani erano già una realtà e le milizie volontarie per la sicurezza nazionale, ossia le squadre fasciste, erano istituzionalizzate alla stessa stregua delle forze dell’ordine. Perché, nella terza finale del 7 giugno la polizia non arrivò mai? Semplice. Le forze dell’ordine c’erano già, ossia le squadre fasciste in gran parte costituite da quelle provenienti dall’Emilia. Inoltre, già a gennaio del 1925 il fascismo si fa “Stato “, si cominciano cioè a progettare, e via via mettere in atto fino al 1926, le leggi fascistissime, che decretano senza mezzi termini il drastico mutamento del sistema politico italiano. Ogni più elementare principio di liberal-democrazia viene annullato e già alcuni quotidiani vengono imbavagliati e asserviti al regime. In questo contesto, con Leandro Arpinati factotum del fascismo bolognese e vicino a Benito Mussolini, era davvero difficile per i quotidiani non essere influenzati anche nello sport e quindi nelle finali del campionato di calcio 1924/25. Insomma, il libro è anche un viaggio nel contesto politico-sociale dell’Italia degli anni Venti del Novecento, quando cioè neppure i nostri nonni, evidentemente, vivevano nel migliore dei mondi possibili.
Quale il metodo utilizzato per la narrazione…
Vedi, scrivere un libro di questo genere, che oltre agli aspetti prettamente calcistici, tocca anche regolamenti, norme, leggi e contesti politici e sociali dell’epoca, inevitabilmente mette a rischio chi scrive di annoiare una parte di pubblico, magari meno avvezza ad approfondimenti di questo tipo. Personalmente, ho cercato di utilizzare un taglio molto giornalistico e diretto, abbandonando il più possibile la forma accademica, per non annoiare parte dei lettori. Credo che la forma, nonostante l’argomento sia molto complicato, sia scorrevole e godibile, per cui posso dire che è un libro sicuramente destinato a tutti.
Quanta ricerca c’è in un libro come questo …
Moltissima. Tanti anni trascorsi nello studio dei documenti, sostenuti da una sana ed inalienabile passione. Se non c’è quella, non si va da nessuna parte.
Che “Cosa” è questo libro per te, cosa rappresenta…
Questo lavoro per me è la conclusione di un percorso nato come diramazione da un binario principale che si identifica nella storia del Genoa e del calcio italiano. Le cinque, celeberrime finali del 1925 tra Genoa e Bologna a mio avviso meriterebbero non solo libri ma anche film, perché, come detto, ci rivela uno spaccato, molto sentito e drammatico, della storia del nostro Paese. Bologna e Genoa, fiori all’occhiello del nostro calcio, sono state testimoni e protagonisti di questo spaccato, e possono andare fiere della loro storia, quando il calcio, magari era già business, ma viveva ancora di passioni e sentimenti e faceva emergere vicende umane veramente toccanti.
Quando ritieni che la FIGC prenda la sua decisione definitiva…
Come detto, si attende solo il pronunciamento del Consiglio Federale. A mio avviso, intorno a Natale sapremo qualcosa.
Giancarlo siamo in chiusura … vuoi aggiungere qualcosa …?
Anzitutto vorrei evidenziare l’importanza del ruolo della Fondazione Genoa 1893, di cui mi onoro di fare parte, nel campo della ricerca e dei reperti storici per tutto il calcio italiano. Penso che il museo della Fondazione debba essere almeno una volta nella vita visitato da qualsiasi sportivo d’Italia, che non potrà non emozionarsi nel trovarsi davanti, tanto per fare un solo esempio, alla prima coppa, al primo pallone, alla prima medaglia del campionato di calcio 1898. Un autentico viaggio nella storia del calcio come veicolo culturale e sociale del nostro Paese. In questo senso, la cura, la competenza e la passione che il Comitato Storico Scientifico della Fondazione mette al servizio della ricerca è un qualcosa che, a livello di gruppo organizzato, non ha eguali in Italia. Poi vorrei dire una cosa sul Bologna …
Prego …
Chi mi conosce sa che amo la città di Bologna, che ho il privilegio e la fortuna di conoscere abbastanza bene. Non lo dico per convenienza, è solo la verità. E ho una grande ammirazione della storia del Bologna, che merita di essere ulteriormente valorizzata nei suoi aspetti più culturali e sociali, proprio in un momento in cui il calcio sembra avere imboccato la via unica del business senza possibilità di ritorno. A Bologna qualcuno mi crede un nemico, ma non è affatto così, poiché sono sicuro che se la FIGC decidesse di fare un atto equo per tutte le squadre in ballo per gli scudetti contesi, alla fine si capirà che questa è solo un’azione indirizzata a tutelarne e valorizzarne la storia. E magari approfitterò per invitare gli amici storici bolognesi a visitare il nostro museo magari davanti alle specialità culinarie genovesi. Con una avvertenza però …
Quale?
Si rassegnino pure, gli amici bolognesi. Tra il pesto e il ragù emiliano non c’è partita. Vinciamo noi a mani basse.
Grazie Giancarlo … noi ovviamente non prendiamo parte alla disputa tra Pesto e Ragù …