Per la rubrica “Libri” abbiamo raggiunto e intervistato Pino Frisoli, co-autore insieme a Cesare Borrometi del libro “Nando Martellini AL LIMITE DEL RICORDARE”, edito da Oligo Editore.
L’opera, un’antologia degli scritti più significativi del grande e mai dimenticato giornalista sportivo, è curata dai due esperti e arricchita da nuovi saggi sulla vita e l’opera di Martellini: il risultato è a metà tra un viaggio a bordo di un’ideale “macchina del tempo” e una sorta di “ intervista impossibile”. Un omaggio al grande e indimenticabile commentatore della RAI.
Per noi il consueto e piacevole triplo appuntamento, oggi l’ultimo dei due estratti.
Il team de GliEroidelCalcio.com
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Fino ai primi anni ’70, per Nando Martellini, Nicolò Carosio, Ezio Zèfferi e, un po’ più avanti, Bruno Pizzul, il lavoro di resoconto domenicale da registrare per la messa in onda nei tempi prefissati dagli accordi tra RAI e Lega Calcio viene compiuto direttamente sul posto in cui la partita prescelta si disputa. Anche qui c’è un rituale preparatorio all’insegna della segretezza più assoluta, non senza curiosità da annotare e magari far conoscere al pubblico di tele – tifosi… proprio come fa Nando Martellini stesso, nell’immediata vigilia del campionato di serie A 1969 – ’70 con il seguente articolo, sempre scritto per il “Radiocorriere – TV”.
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LA DIFFERITA PREOCCUPA IL TELECRONISTA
Un protagonista racconta come vengono organizzate ogni domenica negli stadi le riprese TV degli incontri calcistici.
La scelta della partita da trasmettere: anche la TV va a caccia del gol, l’emozione principe del gioco. “Fermiamo il tempo e lo rimettiamo in moto premendo un pulsante”. I risvolti di un lavoro affascinante.
Roma, settembre
“Ci colleghiamo con lo stadio…”. Il sorriso dell’annunciatrice chiama a raccolta gli appassionati di calcio e s’inizia la partita. E’ l’ultimo atto di un lungo lavoro di preparazione e organizzazione. La voce del telecronista non fa che concludere un ciclo di attività complesso e spesso ignorato.
Innanzitutto, la scelta della partita. I tifosi di tutta la penisola si lamentano perché la loro squadra è stata sacrificata a beneficio di altre. Dopo tutto, lo scontentare tutti suona come una lode per i responsabili della redazione sportiva: è una dimostrazione indiretta del fatto che non favoriscono alcuna società. Quali sono i criteri di questa scelta sempre delicata? Il primo è quello dell’interesse. Ovviamente la RAI si preoccupa di offrire uno spettacolo degno ai propri telespettatori e quindi la classifica suggerisce sempre lo scontro più incerto, più direttamente legato al discorso del campionato. La partita oggetto di trasmissione è di quelle aperte ad ogni punteggio, con la squadra più forte in trasferta. Raramente si tratta di un derby, perché questo genere di gare soddisfa l’interesse di una sola città, mentre si cerca di allargare il più possibile il pubblico direttamente legato alla trasmissione.
Scelta e rischio
La scelta riguarda anche, quando possibile, squadre che forniscono prestazioni più spettacolari e lasciano pensare a segnature più elevate. Il gol resta sempre l’emozione principe del gioco del calcio, davanti ai teleschermi come allo stadio. L’importanza della gara si scontra però con un altro criterio – base seguito dai responsabili, quello della necessaria rotazione. È naturale che le prime squadre della graduatoria offrano garanzie di bel gioco: però non si può impegnare le telecamere sempre per le più brave. Ogni tanto, quindi, la classifica viene ignorata e si pensa alle dimenticate.
In alcune domeniche, infine, la scelta fatta con criteri giornalistici o di rotazione deve fare i conti con la disponibilità delle apparecchiature tecniche (quei pullman che vedete al di fuori dello stadio e che contengono tutto: dalla centrale elettrica alla sala regia) le quali sono impegnate altrove o non possono raggiungere in tempo la località.
Dopo tanti elementi coscienziosamente ponderati e tante difficoltà superate, si rischia sempre di incappare in un brutto 0 a 0. Lo so, ma anche i programmatori sono uomini e soggetti alle leggi imperscrutabili della fortuna.
La destinazione mi viene comunicata generalmente il mercoledì ed è accompagnata da energiche raccomandazioni di segretezza. I preparativi per il viaggio debbono essere fatti senza dare nell’occhio. Debbo cercare di passare inosservato, ecco tutto. E la cosa è comica, se pensate che sono alto quasi due metri e il video mi ha fatto conoscere in tutta Italia. Aggiungete un certo morboso interesse in giro per scoprire la mia destinazione, con il sapore inebriante del conquistare le cose proibite.
Mi capita talvolta di essere fermato per via da uno sconosciuto che si qualifica – poniamo – per un cugino della zia materna del fornaio dell’amministratore del mio condominio. Riesco appena a dirmi felice della coincidenza che mi giunge la bordata: “Domenica cosa trasmette? “. Il sabato sera o la domenica qualcuno telefona sempre a casa mia, latore di messaggi segretissimi e urgenti. I miei ormai sanno e non cadono nel tranello: non comunicano la mia destinazione per nessun motivo.
“Differire” è il verbo moderno della TV. Non c’è scampo. Chi andrebbe alla partita, specie in inverno, se venisse trasmessa in diretta? E quanto costerebbe lo spettacolo televisivo se la RAI dovesse pagare il danno subito dagli organizzatori? È una necessità generale: la prova è che tutte le televisioni del mondo, più o meno, “differiscono”. Ma per noi telecronisti, le difficoltà aumentano. Un errore veniale in diretta, diventa gravissimo in differita. Poniamo che io abbia assegnato a Maraschi un gol segnato da De Sisti. In cronaca diretta la rettifica troverebbe i telespettatori ancora a caldo. Ma alla sera alle 19, tutta Italia sa che ha segnato De Sisti, tutti aspettano il gol di De Sisti. Ed io arrivo con la notizia di… Maraschi. È terribile: la gaffe, tenuta in frigo per quattro ore, è ingigantita. Anche il linguaggio deve essere diverso. Non più legato ai fatti spiccioli della gara, ma già sintetizzato in un discorso più ampio, vicino allo stato d’animo di chi ascolterà la differita e non di chi vive la partita allo stadio.
Il mondo cambia
Quando la partita va in onda la classifica è cambiata, la prospettiva della gara ha assunto aspetti diversi nell’economia del campionato. Una grande vittoria può non essere servita a niente. Per contro un fortunoso e immeritato pareggio può aver fatto salire una squadra al primo posto. Io quando registro queste cose non le so. Il telespettatore, quando ascolta, sì, le sa.
Un giocatore è trasportato fuori campo in barella: io sono ovviamente allarmato. Poi l’infortunio si rivela per buona sorte senza conseguenze e la mia apprensione diviene risibile. Forse il protagonista, rimessosi completamente, ascolta in TV nella sua poltrona e lancia scongiuri al mio indirizzo. Ma tutto il mondo è cambiato in quelle tre ore di intervallo tra la gara e la trasmissione. Ci sono stati crolli in borsa, vincite al Totocalcio, nascite, matrimoni, separazioni, fidanzamenti, discorsi, manifestazioni politiche. Le statistiche dicono che al momento della differita sono morte sulla terra almeno un milione e mezzo di persone che vivevano al momento della partita. E che due milioni di neonati vagiscono nelle loro culle mentre le cicogne erano ancora in volo (sullo stadio?!) durante la registrazione. È una situazione che mette i brividi. Noi fermiamo il tempo e lo rimettiamo in moto più tardi spingendo un bottone dell’ampex. La partita che vediamo è “ibernata”.
Nelle partite che vengono dall’estero, i telecronisti sono due. Mentre uno lavora in cabina o ai bordi del campo nella nazione che ospita la gara, un secondo veglia in armi in uno studio di Roma o di Milano. Se scompare il video sul circuito internazionale, appare il famoso cartello “Ci scusiamo, eccetera…” e l’audio continua. Ma se scompare il solo audio, allora la voce di riserva si sostituisce a quella del cronista lontano. Un caso clamoroso del genere si è verificato in occasione dell’ultima finale della Coppa dei Campioni da Madrid, fra Milan ed Ajax. Avevo il compito di seguire da Roma la partita di Madrid. Avevo trascorso il pomeriggio in cineteca a rivedermi alla moviola i 90 minuti giocati dagli olandesi in Cecoslovacchia[1] per studiarmi titolari e riserve dell’Ajax. (Per il Milan non avevo timori). Quel lavoro alla moviola fu la mia salvezza perché contemporaneamente una ruspa impegnata nella metropolitana di Barcellona stava tagliando il cavo coassiale delle comunicazioni tra Spagna e resto del mondo. Tanto che la sera, mentre il video giungeva per ponte radio non fu possibile ripristinare il collegamento prima di un’ora. Un’ora di “diretta”, effettuata da Roma, per una partita giocata a Madrid!
Concentrazione
Questo della preparazione è un capitolo a parte del nostro mestiere. Non c’è pratica, non c’è esperienza che conti. A ogni partita ricomincia da capo il nostro lavoro. Conoscere i giocatori: ecco il punto. Fotografie, album, archivi, statistiche. Non è mai troppo lo studio. E poi giungere in tempo sul luogo della gara, andare a parlare con i protagonisti, raccogliere notizie e indiscrezioni. Ritrovare ancora i giocatori negli spogliatoi prima della partita, perché un conto è vederli in cravatta e un conto è ritrovarseli in maglietta. Formazione a memoria. Lavoro doppio per le partite internazionali. Concentrazione massima. La distrazione è sempre in agguato e trasforma una leggerezza in papera grave. Il tecnico fa un cenno, attenzione. Una schiarita alla voce. Si accende la lampadina rossa. È il momento. Tutto il lavoro di una settimana: la scelta, il viaggio, la segretezza, il pensiero della differita, le foto dei giocatori, la classifica vecchia, tutto si condensa e nasconde dietro il sorriso dell’annunciatrice: “Ci colleghiamo con lo stadio di… per trasmettere l’incontro di calcio… Telecronista…”
Il telecronista è solo col suo microfono. Un’altra pagina di un lavoro snervante, da cardiopalmo, difficile e talvolta ingrato. Ma affascinante, sempre nuovo, bello e volubile come il gioco del calcio che accende ogni domenica la fantasia dei tifosi.
“Radiocorriere – TV”, n. 37 /1969, pp. 46-47
[1] Trnava, 24 aprile 1969 (ritorno semifinale di Coppa dei Campioni): Spartak Trnava – Ajax 2-0 (1-0). Reti: 28’ e 48’ Kuna (qualificato Ajax perché vittorioso per 3-0 nella partita di andata ad Amsterdam).