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Libri: “Spettatori – Dagli anni 90 a oggi”. Premier League periodo 90-2000

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Per la rubrica Libri abbiamo raggiunto e intervistato Fabio Dodaro, autore del libro “Spettatori – Dagli anni 90 a oggi”. 

Un triplo appuntamento, sabato scorso l’intervista e oggi il primo dei due estratti.

Buona Lettura.

Il team de GliEroidelCalcio.com

Premier League periodo 90-2000

“Dopo aver preso in esame la situazione della massima serie italiana, in questo paragrafo dobbiamo focalizzare la nostra attenzione sulla Premier League e sull’andamento degli spettatori britannici.

Il campionato di punta dell’Inghilterra, nella stagione 1991/1992, ha cambiato formula e nome abbandonando il termine “First Division” I dati sulle presenze illustrati nel grafico seguente, iniziano con la stagione 1992/1993, la prima ufficialmente chiamata Premier League e mostrano un andamento costante di crescita.

Si è passati molto rapidamente dal 57% della prima stagione per arrivare al 72/73% nel biennio 1999/2000.

Quindici punti percentuali non sono un balzo di poco conto, tutt’altro, ci aiutano a comprendere come i club britannici abbiano messo in atto un cambiamento importante.

Una delle maggiori differenze rispetto alla gestione televisiva italiana, riguarda la contrattazione con le emittenti che dovevano trattare autonomamente la messa in onda delle partite senza affidarli a enti esterni.

Grazie a questo sistema, in Inghilterra, sono riusciti a mantenere una maggiore autonomia nella gestione strategica riuscendo ad ampliare il numero del pubblico presente alle partite.

Al tempo stesso l’aspetto puramente televisivo non è stato tralasciato.

Il vero “segreto” sta nella trasmissione in diretta delle partite. Solo il 45% va in onda direttamente in live e questo incide in modo positivo nel settore calcio generando un effetto a cascata utile a tutte le omponenti.

Dal piccolo club di provincia, fino ad arrivare ai più grandi e titolati club professionistici, nessuno è escluso dai benefici di questa scelta.

Fu Bob Lord presidente del Burnley F.C., nel 1960, ad avere la giusta intuizione.

A margine di una competizione della FA Cup, propose di inserire il “3 PM Blackout”. Tale sistema, adottato anche dalla Premier League e dalla Football League prevede che tutte le partite disputate tra le 14:45 e le 17:15 non vengano trasmesse in diretta su tutto il territorio del Regno Unito.

Questo è di un’importanza vitale perché spinge molti tifosi ad andare allo stadio della propria città, generando un indotto positivo a tutti e favorendo la crescita di club minori.

Gli stadi sono pieni e questo comporta un inevitabile adeguamento strutturale per renderli più moderni, funzionali e televisivamente più appetibili.

Le partite trasmesse in TV per il mercato domestico sono vendute in pacchetti separati in modo da favorire realmente, e non come succedeva in Italia nel recente passato di aste di diritti tv, la concorrenza e massimizzare il guadagno.

Un altro aspetto positivo riguarda la minor presenza di eventi sportivi calcistici in televisione che, oltre a risultare meno fastidiosa, ha reso il prodotto britannico più remunerativo rispetto allo stesso italiano.

Questo è stato possibile perché, di fronte a una grande richiesta, offrire meno partite le ha rese decisamente più care assecondando con intelligenza la legge del mercato.

La domanda era alta, il prodotto “scarso” e i prezzi sono saliti. Dal grafico si evince come, con il passare delle stagioni, le pay tv incisero sempre più sui fatturati dei singoli club e di tutta la Premier nel suo complesso.

Nell’immagine sono riportati il numero delle partite trasmesse in diretta, i vari contratti e le cifre annuali pagate in miliardi di sterline.

L’adozione di queste strategie iniziò a produrre gli effetti pianificati a partire dalla stagione 96/97: fino ad allora i club inglesi fecero registrare percentuali relativamente basse, eccezion fatta per alcune realtà come ad esempio il Leeds United, con una copertura media di pubblico vicina all’80%.

Neanche i più blasonati club inglesi come Arsenal, Liverpool, Manchester e Chelsea riuscirono ad arrivare a simili risultati.

Dal 96/97, qualcosa cambiò e la maggior parte dei club fece registrare percentuali medie molto rilevanti.

Si pensi ad esempio alle londinesi Arsenal e Chelsea oppure al Manchester United, quest’ultima fece registrare un buon 75% di presenze nella stagione 97/98, dato importante se si pensa che l’Old Trafford ha una capienza di circa 80.000 spettatori.

Gli ultimi due anni del decennio analizzato, oltre ai club citati fino adesso, sono stati contraddistinti da alcuni team che hanno fatto rilevare percentuali molto elevate come ad esempio: il Middlesbrough fece spesso registrare il tutto esaurito; l’Everton e il Leeds United riuscirono invece a raggiungere performance prossime al 95% mentre l’Aston Villa, il Derby County, il Blackburn e il Nottingham Forest ottennero risultati pari all’ 80%. In linea di massima, dunque il decennio 90-00 in Premier League ha segnato la svolta di una lega che, grazie alle decisioni prese in merito ai diritti televisivi, ha potuto godere di un sensibile incremento decisivo e prospettico, in termini di media spettatori.”

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