GLIEROIDELCALCIO.COM (Federico Baranello) – Per la rubrica “Calcio, Arte & Società” abbiamo raggiunto una nostra vecchia conoscenza, Matteo Fontana. Matteo è un giornalista, scrive per il “Corriere di Verona”, è corrispondente per “La Gazzetta dello Sport” e coordinatore di redazione del sito www.hellas1903.it. Collabora con la rivista indipendente “Athleta”. E’ anche uno scrittore e la sua ultima fatica si intitola “Un’estate in Italia – 1990, Il mondiale delle notti magiche” edito da Eclettica Edizioni.
Il libro è un viaggio in quel mondiale indimenticabile con le sue notti magiche. Abbiamo incontrato l’autore per permettere a tutti noi di meglio comprendere il contenuto del libro. Un triplo appuntamento, oggi l’intervista e nei prossimi giorni due estratti.
Buona lettura.
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Matteo, come nasce l’idea di un libro come questo… cosa ti ha ispirato?
Il Mondiale del 1990 ha rappresentato un momento storico per l’Italia, un evento atteso da anni, il coronamento di un periodo d’oro per il calcio ma, in generale, per molti aspetti sociali ed economici del Paese. L’atmosfera che lo anticipò, l’esperienza collettiva che riuscì a rappresentare, a distanza di tutto questo tempo resta un fattore forte, che suscita sempre un grande fascino. Inoltre, e questa è una delle tesi che fanno da sfondo al libro, fu da quel torneo che il sistema calcio cambiò in maniera definitiva, proiettandosi verso la dimensione di business che ha preso piede in seguito
1990, che anno è per l’Italia, quale momento storico attraversa il nostro paese?
Come dicevo prima, l’Italia veniva da anni di grande crescita. C’era stato un secondo boom economico, senza dire (e anche questo è un fatto determinante) che si usciva dal tempo oscuro del terrorismo. Il “riflusso” aveva annacquato le ideologie, rendendole persino superflue. Il privato prevaleva sul pubblico. Quell’Italia, lanciata a folle velocità – e il conto da pagare sarà, poi, elevatissimo – dal craxismo, dall’impennata delle borse, era (o si sentiva) più ricca, più sicura di sé. E il 1990, a chiusura degli anni ’80, fu il picco di questo stato di cose.
In quegli anni il nostro era ancora il campionato più bello del mondo, cosa ci si aspetta da quei mondiali?
Doveva essere il Mondiale che avrebbe segnato la superiorità del calcio italiano. Ricordiamoci che in quegli anni proprio le squadra del nostro campionato dominavano in Europa. Nel 1990, addirittura, tutti e tre i trofei continentali furono conquistati da club di A: il Milan vinse la Coppa dei Campioni, la Sampdoria la Coppa della Coppe. In Coppa UEFA, la finale fu addirittura un derby (accesissimo e pieno di polemiche), con la Juve che ebbe la meglio sulla Fiorentina. L’attesa per il quarto titolo per l’Italia era nell’aria. E quella nazionale fu, per molti versi, la più amata dalla gente, perché gli Azzurri che trionfarono in Spagna nel 1982, è bene non scordarselo, cominciarono il Mondiale nel pieno delle contestazioni.
L’autore Matteo Fontana
Quale il metodo utilizzato per la narrazione?
La linea narrativa incrocia le vicende del campo a quelle di natura sociologica e storica che riguardano l’Italia di allora. Ho adottato una logica “binaria”, spesso abbinando due personaggi che, alla maniera dei racconti sui toreri di Ernest Hemingway, si guardano da vicino e poi si incontrano, o si sfidano. Come Diego Armando Maradona e Dragan Stojkovic, come Roger Milla e Paul Gascoigne, come Frank Rijkaard e Rudi Völler. E poi ho cercato di dare rilievo alla poesia dei protagonisti: Totò Schillaci, Roberto Baggio, la Colombia di Pacho Maturana, ovviamente il favoloso Camerun, insieme all’Inghilterra più suggestiva di sempre, la coraggiosa Irlanda di Jackie Charlton e la splendida Jugoslavia, prossima alla fine di un’epoca e vicina a una guerra etnica che la distruggerà. Sono storie nella storia. Per questo, lo strumento della digressione si è reso non soltanto utile, ma necessario.
Quanta ricerca c’è in un libro come questo?
Come per ogni pubblicazione dai contenuti storici, è fondamentale “scavare” molto, recuperare documenti, articoli, riferimenti specifici, parlare con chi c’era (tra gli intervistati, cito Bruno Pizzul, Gigi De Agostini, Aldo Serena e Pedro Troglio) e affidarsi pure alla propria memoria. Avendo vissuto in presa diretta, giovanissimo, quel Mondiale, tante immagini sono rimaste impresse dentro di me e mi hanno fatto da guida in questo viaggio.
Quale la scoperta che hai fatto che ti ha meravigliato di più
Non di scoperta in senso proprio posso parlare, visto che l’argomento balzò agli occhi già allora, poco meno che in tempo reale, ma mettere mano ai numeri che descrivono il disastro che fu, quanto a spese sostenute, l’organizzazione di quel Mondiale, mi ha impressionato. L’Italia doveva essere bella, vincente, un esempio di innovazione. Invece si trovò con un “buco” nei costi che è stato un debito pesantissimo che a lungo ha gravato sui contribuenti.
Quali misteri svela il libro…
Cerca di isolare degli episodi che hanno acceso dibattiti e controversie spesso irrisolte. Come il caso dell’“intossicazione” di Branco orchestrato dall’Argentina nell’ottavo di finale con il Brasile, oppure il trattamento feroce cui fu sottoposto Maradona dal pubblico italiano fin dal debutto nella partita persa con il Camerun a Milano. E, al proposito, ho cercato di approfondire anche la questione del sostegno all’Italia nella semifinale con la stessa Argentina. Dal calore immenso di Roma, si passò al clima di Napoli, che idolatrava Maradona. Davvero il sostegno al San Paolo fu tiepido per gli Azzurri, in favore di Diego, che aveva furbamente “giocato” con le parole, nei giorni che anticiparono la partita? Il dibattito rimane, dopo trent’anni, ancora aperto.
Che “Cosa” è questo libro per te, cosa rappresenta?
Non è soltanto un tuffo nel passato, ma un percorso che vuole narrare la trasformazione di un Paese, l’Italia, e di uno sport che è molto di più di un pallone o di un gol, il calcio. Per chi ha avuto l’occasione, e io dico la fortuna, di esserci stato allora, il Mondiale del 1990 è stata un’esperienza che ha segnato una generazione. Resto fermamente convinto che mai ci sia stato un sentimento di unione nazionale così marcato. Fu un avvenimento che trascese le differenze e cui tutti parteciparono con un trasporto emozionale che in Italia, poi, non ha conosciuto paragoni. Penso che già questo faccia capire il valore di quel Mondiale, che resta intatto.
Perché andrebbe letto…
Perché, citando Domenico Modugno, “penso che un sogno così non ritorni mai più”. Riviverlo attraverso le pagine di “Un’estate in Italia” non può che essere coinvolgente
Classe ’68, appassionato di un calcio che non c’è più. Collezionista e Giornalista, emozionato e passionale. Ideatore de GliEroidelCalcio.com. Un figlio con il quale condivide le proprie passioni. Un buon vino e un sigaro, con la compagn(i)a giusta, per riempirsi il Cuore.