Lionello Manfredonia, ai microfoni de La Gazzetta dello Sport, ha ripercorso un viaggio all’indietro tornando ad esaminare alcune fasi della sua carriera.
Di seguito alcune sue parole.
«Avrei dovuto rispettare di più le tifoserie di Lazio e Roma. Il tifoso vive di queste cose. Una scelta impulsiva, legata al fatto che Boniperti mi offriva un rinnovo annuale e Viola alla Roma un triennale. Non la rifarei, anche se alla Roma trovai Nils Liedholm, l’allenatore che mi ha dato di più, assieme a Roberto Clagluna alla Lazio».
«Io e Bruno Giordano giocavamo in Primavera nell’anno del primo scudetto laziale. Si può dire che eravamo due ragazzini a contatto con una squadra di pazzi meravigliosi. Ho visto cose oggi impensabili. Per esempio il sabato mattina Martini e Re Cecconi facevano paracadutismo e poi si allenavano. Lo spogliatoio era diviso in due e nelle partitelle si prendevano a botte. Chinaglia era una furia. La domenica si compattavano e vincevano. Li teneva assieme Tommaso Maestrelli, grande uomo e maestro di calcio, con un gioco molto olandese. Poi Maestrelli si ammalò e morì. Re Cecconi venne ucciso per sbaglio nella tragedia della gioielleria. La magia finì».
«Io e Bruno Giordano frequentavamo il ristorante sbagliato e nessuno ci aveva mai suggerito o avvisato di cambiare locale. Di base eravamo degli ingenui, ci facemmo coinvolgere in una situazione che non ci apparteneva per niente. Ci diedero tre anni di squalifica, anche perché non ci andava di passare per spie».