[…] Marco Macina, Lei è annoverato fra i più grandi talenti inespressi del calcio italiano
[…] “Diciamo che il mio talento non è certamente andato di pari passo con la fortuna. Ho avuto degli episodi importanti, delle tappe importanti sfavorevoli. Ne individuo tre”.
[…] Ce le racconti
[…] “La prima a 14 anni. Dovevo fare un provino all’Inter e non mi potei presentare per un’infezione. Non ci fu più la disponibilità dei nerazzurri”.
[…] Il secondo crocevia?
[…] “Fu quando andai a Parma nel 1984. Stavo facendo bene al punto che il Milan mi voleva a novembre. […] Ma il regolamento non prevedeva due cambi maglia nella stessa stagione e io già ne avevo fatto uno”.
[…] Il Milan però la prese l’anno seguente
[…] “Non fu la stessa cosa. C’erano Hateley, Virdis e arrivò persino Paolo Rossi”.
[…] Arriviamo all’ultimo crocevia
[…] “Siamo ad Ancona, in C1. Ho fatto le prime 4 partite, ho avuto un problema al ginocchio e in sostanza ho perso del tempo, perché i medici non si erano accorti subito che mi ero rotto il crociato. Mi sono operato ma la stagione era finita. E con essa la mia carriera da professionista”.
[…] In questi anni grazie a Mancini il suo nome è tornato in auge. Le fa piacere o la infastidisce il ricorrente ricordo del talento “più forte di Mancini” ma che non ce l’ha fatta?
[…] “lo so come giocavo non ho bisogno che me lo dica la gente, lo sapevo di essere molto forte dal punto di vista tecnico”.
[…] Rimpianti?
[…] “Nessuno e sa perché? Perché non ho colpe, niente da rimproverarmi. Io credo che alla fine doveva finire così”.