GLIEROIDELCALCIO.COM (Andrea Gioia)
Il sinistro è di quelli che non ti aspetti, la tenacia una componente essenziale. Gregario in una squadra di campioni, cresciuto nella periferia d’Italia dove il calcio è soprattutto passione e lavoro.
Una scapigliatura da “cavallo pazzo” e l’istinto per il gol, arma tagliente per scalare le gerarchie dello spogliatoio.
Michele Padovano era tutto questo, un pò genio, un pò sregolatezza. L’ho sempre visto come un calciatore fuori dagli schemi, capace di trasformare ogni giocata in gol. L’apprendistato nelle serie minori lo aveva forgiato a tal punto da renderlo pronto quando fu il momento di arrivare in alto, in quella Juventus targata Lippi che fu dominatrice incontrastata e sfortunata di un triennio europeo.
Figlio di una generazione baciata dal dio pallone, in quel decennio dei ’60 che seppe produrre un incredibile numero di campioni.
La Vecchia Signora si innamorò di Michele, con molta probabilità, in un pomeriggio di Dicembre del 1994. La sua Reggiana era un gioiellino ben oleato dai meccanismi del mitico Pippo Marchioro, allenatore di lunga data e “protagonista”, suo malgrado, dell’iconico Mai Dire Gol. La salvezza, nell’anno del Mondiale americano, aveva consegnato una squadra solida, guidata da uno sfortunato fenomeno portoghese di nome Futre.
Chi cerca la gloria, basandosi sul talento, ha sempre i favoritismi del destino. E così, accade che il Padova della rivelazione Sandreani diventi testimone di una giornata da fenomeno di quel numero 9 esploso alla corte del Pisa del Presidentissimo Anconetani.
E’ il 18 Dicembre e il nuovissimo Stadio Giglio nasconde una sottile coltre di nebbia, tipica da quelle parti. In ballo c’è la salvezza, in una spietata Serie A che non perdona il minimo errore. Sono passati soltanto 5 minuti della ripresa e la Reggiana è avanti per due gol a zero. Esposito è un altro pezzo pregiato dei gigliati, è lui che confezionerà l’assist perfetto per un gesto da incorniciare.
Il lancio a lunga gittata è del sontuoso Sunday Oliseh, la sponda in scivolata del riccioluto napoletano dal piede delicato. Padovano lo vede arrivare quel pallone, si coordina con l’occhio concentrato. Fa ruotare lo sfrontato sinistro con eleganza e calibra una traiettoria da fuori aria che lascia di stucco l’incolpevole Bonaiuti.
Quel sinistro lo ha portato al traguardo bianconero. Lo stesso sinistro che, in una serata romana del 1996, sarà chirurgico di fronte alla magnificenza della coppa dalle grandi orecchie.