Bellissima intervista a Gianni Rivera da parte di Massimo M. Veronese de Il Giornale, ne riportiamo i passaggi per noi più importanti…
[…] Rivera, cominciamo dall’inizio: arriva al Milan e va in campo subito con Juan Alberto Schiaffino, il Messi degli anni ’50.
«Giocai con Schiaffino addirittura prima di debuttare in serie A con l’Alessandria. Non avevo ancora 16 anni ed era il mio provino al Milan. Alla fine lui e Liedholm andarono da Gipo Viani a dire di prendermi. E Viani disse: tranquilli, già fatto…»
Primo campionato: il suo capitano è Nils Liedholm.
«Fu il mio primo e il suo ultimo. E il mio ultimo fu con lui in panchina quando conquistammo la Stella. Nils, con Nordhal e Gren, ha cambiato la Storia: il Milan diventò il Milan quando arrivarono loro tre».
La storia si ripete: anche Franco Baresi comincia quando Rivera finisce. Sembra un testimone che passa di mano in mano.
«All’inizio mi dava del lei, c’è voluto un po’ di tempo prima di passare al tu. La maglia di libero di solito finiva sulle spalle del difensore più esperto. Lui a 18 anni era già il libero di una squadra che vinceva il campionato. Ho capito subito di che pasta fosse fatto».
C’è un gol segnato con il Milan che ama più di altri?
«Il primo. Un pallonetto in corsa all’incrocio appena dentro l’area di rigore contro la Juventus a Torino. Avevo 17 anni e tre mesi» […]
Con Pierino Prati crea una delle coppie più micidiali della Storia
«Pensare che non dovevamo neanche giocare insieme. L’anno dello scudetto del Sessantotto lo ripescarono da un prestito ed entrò in prima squadra solo a novembre. Quando Rocco lo vide, vestito da yè yè disse: ma abbiamo preso un calciatore o un cantante rock?…».
E Fabio Capello? Ereditò il suo 10 ed è diventato l’allenatore che ha vinto di più.
«Sono stato io da vicepresidente a convincerlo a fare il corso allenatori che Allodi aveva appena creato. Fabio studiava tutta la settimana a Coverciano e poi tornava a Milano ad allenare i giovani. […]».
[…] Lei denunciò il malcostume nel calcio quasi 50 anni fa. Disse: dispiace che gli sportivi pensino che il calcio sia una cosa seria…
«I miei compagni erano convinti che il Milan fosse penalizzato dagli arbitri e dato che i dirigenti non aprivano bocca parlai io. Dissi che gli arbitri volevano farci perdere lo scudetto per farlo vincere alla Juve. E mi presi tre mesi di squalifica».
[…] Cosa è stato Nereo Rocco per Rivera…
«È stato un secondo padre. Con lui cambiò il modo di fare spogliatoio: faceva la doccia con noi, ci raccontava della moglie, dei figli, come fossimo in famiglia. Era uno di noi pur essendo il nostro Paron…».
[…] I formidabili anni Sessanta quanto devono alla rivalità tra Rivera e Mazzola?
«Milano era la capitale del calcio, Milan e Inter vincevano dappertutto e io e Mazzola eravamo i capitani e le bandiere delle due squadre. Era normale che ci vedessero rivali anche se all’inizio la rivalità era con Corso. Non è vero poi che non potessimo giocare assieme in Nazionale. In realtà e io e Sandrino ci siamo sempre stimati e voluti bene».
[…] Quarant’anni fa vinse il Pallone d’Oro: fu il primo italiano.
«Si, ma allora era tutto più sobrio, non c’erano tutte le celebrazioni di oggi. Il senso però era lo stesso».
Una delle foto più belle della storia del Milan vede lei, Cesare Maldini e Baresi che scendono dall’aereo con la Coppa dei Campioni dopo la vittoria con lo Steaua Bucarest del 1989…
«Ricordo la meraviglia del Camp Nou di Barcellona tutto colorato di rossonero: sembrava di giocare a San Siro. In quella foto c’erano i tre capitani che avevano portato il Milan in cima all’Europa. In quella foto c’era la Storia».
Quel Milan, il Milan di Sacchi, è stata votata dall’Uefa la squadra più forte di tutti i tempi.
«Quella squadra aveva la difesa della nazionale italiana e l’attacco della nazionale olandese. Poteva solo fare grandi cose».
Però cambiò la mentalità delle squadre italiane. Prima si andava all’estero solo per difendersi.
«Ma anche il mio Milan era così: aveva tre punte, Hamrin, Sormani e Prati. E io che ero il quarto. Anche se Rocco era uno dei padri noi non facevamo catenaccio».
[…] Berlusconi è stato il Santiago Bernabeu del Milan?
«Ha salvato il Milan da una situazione difficile e lo ha portato in cima al mondo: le vittorie che ha conquistato parlano per lui». […]