IOGIOCOPULITO.IT (Paolo Marcacci) – […] So già che non sarà possibile; lo so prima, come lo sapeva Eraldo Pecci, quando stava per appoggiare il pallone. Però non sapeva come dirglielo, per convincerlo che non ne sarebbe valsa la pena.
Perché un attimo prima non si riusciva a immaginarlo; un istante dopo non eravamo all’altezza di raccontarlo.
[…] Lo stadio San Paolo sputa gli ultimi bruscolini in un colpo di tosse improvvisa, che forse la giacca oggi era troppo leggera. O forse è soltanto la delusione per il tempo che se n’è andato, nebulizzando gocce e minuti precipitati nella fanghiglia; già ventisette nel corso del secondo tempo, acido lattico e bestemmie; cartellini di ogni colore, punteggiatura della tensione.
Punizione a due in area per il Napoli, dopo l’ennesimo fallo su Daniel Bertoni. Così lontano, così vicino. Troppo, righe bianconere a sigillare un orizzonte di porta che non si vede. Forse solo l’aria umida sparge profumo di un incrocio dei pali. Forse solo Napoli può sperare di vedere sciogliersi il sangue rappreso di uno zero a zero.
Però le parole adesso non possono più nulla: ce ne vorrebbero di inedite, appositamente coniate per riprodurre il sibilo dell’aria tra le dita aperte dei guanti di Tacconi.
Date un compasso in mano a un bambino, e un foglio bianco. Gli basterà ruotare il polso perché la china imprima una mezzaluna perfetta sulla carta […] Aveva chiesto la linea per tempo, Enrico Ameri, inimitabile nel timbro metallico; scettico come tutti, come Pecci quando si sente chiedere il passaggio corto, coi giri contati, quasi addosso ai parastinchi di Bonini, di Favero, di Gaetano Scirea. Non è una barriera: sembra un accerchiamento.
[…] Date un compasso in mano a un bambino, sopra un foglio bianco. E qualcuno si accontenterà di chiamarlo calcio di punizione.
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