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15 giugno 1982: la sfida ai Mondiali tra Ungheria ed El Salvador

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La sfida storica tra Ungheria ed El Salvador ai Mondiali del 1982

Il calcio non è solo Argentina – Brasile o Barcellona – Real Madrid. È anche sfide tra compagini meno note, che, tuttavia lasciano il segno per il contesto, per particolari episodi e per le conseguenze degli stessi. E certamente la partita del 15 giugno 1982 tra Ungheria ed El Salvador alla vigilia non avrebbe potuto destare particolari sensazioni.

Del resto, l’Ungheria calcisticamente non era più la superpotenza del football degli anni ’50. Anche se nel frangente, tra il mondiale argentino del ’78 e quello spagnolo delll’’82, ha esibito una certa perizia calcistica, concretizzatasi nelle distinte qualificazioni alle fasi finali dei due tornei iridati citati. Un evento che poi non si sarebbe più registrato. El Salvador, invece, era alla seconda partecipazione assoluta ai mondiali. Il paese centro americano si era qualificato anche nel 1970 per il Messico.

E già le circostanze delle partecipazioni a Messico 1970 e a Spagna 1982 non sono avvenute in contesti “normali”. In occasione della qualificazione ai mondiali messicani di più di mezzo secolo or sono, si era verificata quella che è stata chiamata “la prima guerra del football”, tra lo stesso El Salvador e l’Honduras. Vicende politiche e sportive si erano intersecate, conducendo a una breve guerra tra i due paesi centramericani.

E, per una bizzarria del destino, Honduras ed El Salvador sono state le due squadre centro americane a staccare il pass per partecipare al mondiale spagnolo. Ma è destino che ci fosse sempre una guerra sullo sfondo nei tornei iridati che hanno visto la presenza di El Salvador. All’epoca di Spagna 1982 era in atto un conflitto, questa volta di tipo civile, che dilaniava il paese del Centro America già dal 1980 (terminerà più di 10 anni dopo).

El Salvador: un paese in difficoltà ma che riusciva a fare grandi cose nel calcio

Eppure, la nazionale di El Salvador, benché il paese se la passasse proprio male, riusciva a qualificarsi per il mondiale a spese di un favoritissimo Messico. In Spagna si aspettavano, d’altronde, il medesimo Messico, tanto che il pullman che sarebbe stato concesso per gli spostamenti a El Salvador aveva dipinti i colori della nazionale messicana. Nessuno si poteva immaginare la sorpresa salvadoregna.

Quasi un miracolo. Ma la squadra che arriva in Europa per disputare la competizione iridata è veramente malmessa. Intanto, non ci sono i canonici 22 giocatori selezionabili, ma 20: si diceva che la circostanza fosse dovuta a questione di limitato budget, ma si è scoperto che i dirigenti, o alcuni di loro, avevano al seguito le moglie. Pochi palloni, poche maglie. Per riscaldamento in vista della partita contro l’Ungheria, bisogna cortesemente chiedere las pelotas agli ungheresi.

Quanto a giocatori, se ne segnala solo un chiamato Magico Gonzales, tra l’altro qualche tempo dopo ritenuto persino da Maradona come uno dei migliori tra quelli che militavano in Spagna. Magari doveva avere un gran talento, ma per un motivo o un altro non lo ha saputo o non lo ha potuto esprimere. Gli altri, in un paese in guerra civile, forse avevano da pensare soprattutto a sopravvivere che non al resto. Beffa nella beffa, l’albergo che ospita i salvadoregni a Elche è vicino a un poligono di tiro ed ai giocatori tocca sentire gli spari, come se non bastassero quelli che dovevano udire a casa propria, di ben altra natura.

La partita contro l’Ungheria del 15 giugno 1982, quasi ovviamente, aveva poca storia. Almeno è servita per una tregua di 90 minuti tra le parti in lotta nel contesto della guerra intestina nel paese oltre Atlantico. Dopo i primi 45′ l’Ungheria è avanti di 3 gol. Dopo ne sigla altri 2.

La rete “storica” di Ramirez Zapata

A quel punto il gol salvadoregno con Ramirez Zapata, che festeggia in maniera forse eccessiva, dato il risultato già maturato. Ma, almeno, un gol lo misero a segno: quasi un fatto storico.

Dopo, la partita finisce per 10 a 1 a favore dei magiari, ma fino al nono i salvadoregni non escludevano di poter ribaltare (questo potrebbe spiegare la particolare esultanza in occasione del gol della bandiera da parte dei latini americani). Ma pensare di recuperare quel passivo forse era la conseguenza di un eccesso di ingenuità, o forse era pura spensieratezza, chi lo sa. Un giocatore danubiano, Kiss, segna tre volte dopo essere subentrato dalla panchina. Probabilmente, una circostanza mai verificatasi, sia precedentemente che successivamente. I salvadoregni nelle seguenti due partite con Belgio e Argentina non segneranno, ma non subiranno altre goleade. E questo è già qualcosa.

Cosa avrebbero potuto fare di più? Ritornati in patria, praticamente venivano messi alla gogna. Non mancò chi volesse fucilarli e il portiere Mora subì un agguato. In un paese in cui dodici anni prima si era scatenata la prima guerra del football, non è da escludere che del calcio qualcuno potesse nutrire una passione parossistica, come se lo stesso dovesse assumere funzioni non altrimenti realizzabili nella vita civile.

GLIEROIDELCALCIO.COM (Francesco Zagami)

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