Le parole di Moriero, Fonseca, Barbas e Guardiola
Sono giorni tristi per il calcio e per chi ha potuto lavorare con Carlo Mazzone. Tra questi c’è Francesco Moriero che è stato intervistato dal Corriere dello Sport. Ecco alcuni estratti dell’intervista:
Moriero, chi è stato per lei Carlo Mazzone?
“Ho saputo della sua scomparsa dal direttore sportivo Gigi Pavarese, mi ha chiamato piangendo. Sapevo che non stava bene, ma è stato un brutto colpo. A lui mi legano grandissimi ricordi, mi ha preso da ragazzino, facevo parte della covata del Lecce con Garzya e Conte. Ci ha preso dalla strada, per me è stato un secondo padre. Mi portò per 40 giorni in ritiro con lui perché aveva paura che mi smarrissi. Facevo colazione, pranzo e cena con lui. Mi stava addosso con affetto. Non voleva che mi comprassi la macchina perché, diceva, i soldi servivano per aiutare la famiglia. Quando ho esordito in Nazionale a Parma con due gol venne a vedermi.
Ma alla fine mi disse che non era contento, perché non avevo fatto il tornante da bandierina a bandierina come voleva lui.”
Non sempre il suo calcio era apprezzato
“Amava il calcio offensivo. Nella Roma giocavamo con due punte, io e tutti centrocampisti offensivi. Lui soffriva per il luogo comune del catenacciaro. Mi ricordo come giocò il derby vinto con la Roma e qualche anno prima la salvezza in casa ottenuti dal Lecce contro il Torino.
La stampa nazionale tifava per i granata e questa cosa non l’accettava. Si comportò come fece prima del derby vinto a Roma: attaccò negli spogliatoi le pagine dei giornali. A Lecce la gente ancora gli vuole bene, con lui lo stadio era sempre pieno.”
Insieme a Mazzone a Lecce, poi a Cagliari e a Roma.
“Mi fece esordire in Coppa Italia a Lecce contro la Juventus, poi mi portò a Cagliari anche se la società si era messa d’accordo con il Foggia di Zeman. Dopo due anni a Cagliari, Cellino mi aveva ceduto alla Lazio, ma io rifiutai per andare alla Roma.”
Quando seppe che avrebbe esordito contro la Juventus in Coppa Italia?
“Venne a chiamarmi mio padre in spiaggia. Era la fine di agosto, tra ragazzi si facevano tornei al mare. Tornai di corsa e andai in ritiro. Arrivai per cena e il mio nome era scritto davanti all’ascensore, tra quelli degli altri che avrebbero giocato. Mazzone mi incrociò sull’ascensore. Mi chiese: “a ragazzi’, sei emozionato?” Io fino a un momento prima pensavo di andare in panchina. Risposi secco: “no”. Lui mi gelò in romanesco: “che me frega, domani giochi.”
Tre anni in giallorosso senza grandi soddisfazioni
“La sconfitta contro lo Slavia Praga fu una grande delusione, non posso dimenticarla. Mazzone alla Roma dava tutto se stesso. La domenica consegnava le magliette ai calciatori che scendevano in campo. Quando toccava a me mi diceva: “Ahò, guarda che devi fare, ricordati chi ha indossato queata maglietta.” Era la 7, quella di Bruno Conti. La sua passione per la Roma riusciva a trasmetterla ai suoi giocatori, in quegli anni c’erano parecchi romani, ma anche gli altri erano coinvolti.
Era molto simpatico, molto diretto, ma la domenica si trasformava, dai calciatori voleva sempre il massimo, per lui erano tutti uguali. Nella gestione era molto bravo. A me ha dato la possibilità di diventare famoso, non lo dimenticherò.”
Non solo Moriero, anche Fonseca e Barbas hanno dedicato un pensiero all’allenatore. L’omaggio dei due giocatori è sulle pagine di Tuttosport. Il primo l’ha avuto come tecnico a Cagliari e Roma. Ecco le sue parole:
“È stato uno degli allenatori che ha cambiato e segnato la mia carriera. Lo conobbi a Cagliari, avevo 21 anni: non scorderò mai la sua fiducia, il suo modo di spingerti, il suo farti sentire protetto, importante. Non posso dimenticare che, anche nelle partite in cui non riuscivi a dare il meglio o in quelle in cui sbagliavi troppe cose, lui era lì al tuo fianco, sempre dalla tua parte. La fiducia è importante per riuscire a dare il meglio. Tra noi si creò un tipo di relazione importante, forte, sincera. Quando arrivò alla Roma mi volle in giallorosso e sulla mia risposta affermativa pesò proprio il fatto che, in panchina, avrei ritrovato lui.
L’immagine del mister che non ingiallirà mai è quella del derby del 27 novembre ’94: tutti dicevano che la Lazio era di un’altra categoria, che avrebbe dominato la stracittadina. Mazzone non si crucciava e ci ripeteva di continuo: “Si può fare!”. Ebbene: giocammo una partita incredibile che terminò 3-0 per noi che finì con un clamoroso successo della Roma. Lui, Carlo, corse sotto la Sud, gridando pazzo di gioia. Credetemi, ripensadoci sorrido e piango nello stesso momento, l’ennesimo miracolo di Mazzone!”
Il secondo, invece, ha giocato nel Lecce quando il mister era sulla panchina dei salentini. Ecco il suo pensiero:
“Carlo è stato una delle persone più importanti della mia vita, un tipo molto speciale. Mi diede consigli ottimi, mi ripeteva di continuo “Beto se vuoi essere uno sportivo di livello ti devi allenare duramente.” Mi insegnò a calciare le punizioni e decise che le avrei tirate io, a Lecce. Per questo dico che grazie a lui sono diventato ciò che sono ora, un idolo del Salento, e un uomo migliore. Dopo il mio addio all’Italia non lo incontrai più: mi sarebbe piaciuto poterlo riabbracciare, in questi ultimi mesi in cui sono tornato in Puglia, ma non ci sono riuscito e me ne pento, tanto. Aneddoti? In una partita mi sgridò amaramente. “Ehi capitano, vedi di darti una mossa!”
Mi infuriai e gli tirai la fascia dicendogli: “Vieni tu a giocare allora.” A fine partita mi disse di raggiungerlo a casa sua, che altro non era che l’Hotel Tiziano. Lì mi spiegò: “Se io non esigo molto da te, che sei il migliore, capisci che non posso chiedere nulla a nessuno dei tuoi compagni, che sono così cosi … “ Mazzone era questo illuminante. Le sue parole m’hanno accompagnato ogni minuto. E mi seguono ancora oggi.”
Il quotidiano ha riportato anche le parole di Pep Guardiola che, si è presentato in conferenza stampa, con la maglietta raffigurante il tecnico che correva verso i tifosi dell’Atalanta quando allenava il Brescia e l’attuale tecnico del City giocava nel Brescia. Ecco le sue parole:
” È un giorno molto triste per me e la mia famiglia. È morto Carlo Mazzone, un allenatore leggendario in Italia,è stato anche mio allenatore quando giocavo nel Brescia,è stato come un padre. Quando andai in Italia a giocare,per me fu subito un momento duro, lui mi aiutò tantissimo.
Ha avuto un grande impatto su tutte le persone con cui è venuto a contatto e non parlo solo di giocatori e presidenti, ma di tutto il mondo del calcio italiano.”
In conferenza gli hanno anche chiesto chi fosse l’altra persona nella maglietta ed il tecnico ha continuato così:
“Edoardo Piovani, mio amico e dirigente del Brescia (è ancora team manager e addetto stampa, ndr.) Fu lui a mandarmi questa t-shirt un anno fa, mi sembrava fosse il momento giusto di indossarla”
Fonte: Corriere dello Sport e Tuttosport