Ad Auschwitz Nussbaum e sua moglie giunsero il 2 agosto 1944, ma non fecero in tempo a vedere la liberazione
Stillleben mit Fußball, ossia Natura morta con pallone da calcio, del pittore tedesco Felix Nussbaum si distingue nettamente dalle opere d’arte analizzate fin qui perché è una “natura morta”, appartiene cioè a un genere pittorico che può sembrare quanto di più lontano ci sia dallo sport. Le nature morte, infatti, raffigurano oggetti immobili, di solito disposti in un interno, il più delle volte su un tavolo; in una natura morta un pittore può concentrarsi sulla sua personale ricerca stilistica senza essere distratto dal soggetto, ma può anche trattare temi complessi in base alla scelta degli oggetti e alla loro reciproca interrelazione. Una natura morta non può certo comunicarci una sensazione di movimento come Dinamismo di un footballer di Boccioni o farci rivivere un match come The Corner Kick di Hemy, ma è perfettamente in grado di affrontare il tema calcistico in modi non meno interessanti. Nussbaum non è stato il primo artista a trattare di calcio in una natura morta, ma il fatto che fosse solito affidare a questo genere pittorico le sue riflessioni sulla sua condizione esistenziale rende particolarmente interessante Natura morta con pallone da calcio. Prima di passare all’analisi del dipinto, ripercorriamo allora brevemente la biografia di Nussbaum.
Nato a Osnabrück l’11 dicembre 1904 da una famiglia ebrea benestante, Felix Nussbaum sviluppò presto una passione per l’arte. Nel 1924 conobbe la sua futura moglie, la pittrice polacca Felka Platek, e nel 1929 andò a vivere con lei a Berlino, dove aprì un atelier. Nel 1932 vinse una borsa di studio all’Accademia Tedesca di Roma e, in ottobre, si trasferì nella capitale italiana; poco dopo, il suo atelier berlinese fu devastato da un incendio che distrusse gran parte delle sue prime opere, molte delle quali erano a tema sportivo.
Nussbaum si trovava a Roma quando Hitler salì al potere il 30 gennaio 1933; per evitare probabili persecuzioni razziali decise di non tornare al suo paese natale. Nel giugno del 1933 Nussbaum abbandonò l’Accademia Tedesca di Roma e iniziò a girare per l’Europa alla ricerca di una sistemazione stabile che gli permettesse di vivere della sua arte; fu dapprima a Rapallo in Liguria, in seguito si trasferì in Francia a Parigi, poi in Belgio a Ostenda nel 1935 e, infine, a Bruxelles dal 1937. Nel frattempo la Germania, ossia la sua madrepatria, era diventata una costante minaccia per la pace europea: ciò non facilitava certo l’integrazione di Nussbaum nei paesi che lo ospitavano. Quando le truppe di Hitler invasero la Polonia il 1° settembre 1939, l’Europa sprofondò definitivamente in un conflitto che pareva ormai inevitabile. Le mire espansionistiche della Germania nazista si diressero presto verso occidente e, il 10 maggio 1940, la Wehrmacht invase il Belgio, che capitolò in poche settimane. Il destino di Nussbaum e sua moglie pareva ormai segnato: se prima erano ancora artisti che cercavano di vivere del loro lavoro in un paese straniero, da quel momento diventarono niente più che ebrei in balia dell’antisemitismo nazista. Nussbaum dipinse Natura morta con pallone da calcio a Bruxelles nei primi mesi del 1940, poco prima dell’invasione tedesca.
Nussbaum sviluppò un particolare interesse per il genere della natura morta dal 1939, anno che segnò l’inizio della Seconda Guerra Mondiale. A Bruxelles vide limitare le sue libertà a causa del conflitto in corso e della sua condizione di cittadino di un paese potenzialmente nemico. Si noti che natura morta si dice in tedesco “Stillleben”, che vuol dire vita silenziosa, muta, e che “still” significa anche immobile, segreta, nascosta: tutti questi aggettivi si adattavano perfettamente alla situazione di Nussbaum. Non sorprende, pertanto, che considerasse questo genere pittorico particolarmente adatto per riflettere sulla sua vita. I rifugiati non sono ben visti in nessuna località o epoca, si sa; pertanto, Nussbaum doveva nascondere il suo disagio per non dare una cattiva impressione a chi ospitava lui e sua moglie, doveva sforzarsi di sembrare ben curato e piacevole alle autorità belghe per convincerle a concedergli il prezioso permesso di soggiorno. Doveva, in sostanza, indossare una maschera, un oggetto che non a caso ricorre nei suoi quadri.
Felix Nussbaum, Natura morta con pallone da calcio, 1940. Gerusalemme, Yad Vashem Art Museum
Natura morta con pallone da calcio si può dividere in due aree. In quella principale vediamo un tavolo coperto da una tovaglia rosa con decorazioni azzurre su cui poggiano vari oggetti: un pallone da calcio, un rotolo di carta, un libro dalla copertina gialla su cui si legge “OLA”, una sveglia, una maschera africana, un guanto beige e una viola del pensiero. Dietro c’è una tenda a strisce verticali rosa e azzurre. L’area secondaria del dipinto è a destra, dove vediamo un balcone con ringhiera in ferro e, poco lontano, un lampione acceso; in questa zona del quadro il pittore ha violato deliberatamente le regole della prospettiva generando una sensazione di disorientamento. Si può dire che la prima area rappresenti la sicurezza dell’ambiente domestico, mentre la seconda l’oscurità e l’irrazionalità del mondo esterno. Come si è già detto, le nature morte di Nussbaum sono riflessioni sulla propria situazione esistenziale: vediamo che cosa ci racconta questo quadro. Partiamo dalla maschera, un oggetto che in altre opere di Nussabum fa riferimento alla necessità di nascondere la propria angoscia dietro una rassicurante apparenza borghese. In questo caso, però, siamo di fronte a una maschera africana, che ritroviamo solo in un altro dipinto, Zwei Masken (Due maschere) del 1935, che raffigura due maschere appese a una parete; una ha le fattezze di un signore di razza bianca con un naso grande, occhiali, baffi all’insù e una pipa in bocca; l’altra riproduce in modo molto stilizzato un volto africano con grandi labbra e occhi enormi.
Felix Nussbaum, Due maschere, 1935. Collezione privata
La prima maschera rappresenta il conformismo borghese, cui Nussbaum era costretto nella vita di tutti i giorni, la maschera africana simboleggia invece la sua arte: del resto, sin dai primi movimenti d’avanguardia l’arte primitiva africana è stata associata alla componente più autentica e antirazionale della creazione artistica. Di conseguenza, si può dire che in Natura morta con pallone da calcio la maschera africana simboleggi la creatività artistica di Nussbaum. Come si può vedere, la maschera è parzialmente coperta da un guanto con marcate cuciture; questo tipo di guanto compare spesso nei suoi quadri della seconda metà degli anni Trenta e simboleggia gli ostacoli posti alla sua arte, l’impossibilità di lavorare. Le lettere “OLA” sulla copertina del libro fanno riferimento allo scrittore Emile Zola, che nel 1898 pubblicò l’articolo J’accuse (Io accuso) in difesa di Alfred Dreyfus, capitano di religione ebraica dell’esercito francese ingiustamente accusato di tradimento.
Zola era uno di quegli autori di cui i nazisti bruciarono i libri nel 1933 perché lo consideravano un comunista amico degli ebrei. Mediante il libro di Zola, Nussbaum suggerisce che all’origine di tutti i suoi problemi stava l’antisemitismo trionfante nella sua madrepatria. Il rotolo di carta è un altro elemento ricorrente nelle sue nature morte; è un messaggio chiuso che non trova nessun lettore nel mondo esterno: in sostanza, è un simbolo dell’isolamento di Nussbaum. Davanti al libro vediamo una sveglia, un oggetto per cui Nussbaum aveva una particolare avversione perché segna il passare del tempo e può diventare odioso per chi è costretto tutti i giorni a fare sempre le stesse cose, senza possibilità di cambiare il proprio destino. Sul tavolo in primo piano vediamo una viola del pensiero, che in tedesco si chiama “Stiefmütterchen”, parola strettamente legata a “Stiefmutter”, ossia matrigna. Va inoltre osservato che “stiefmütterlich behandeln” vuol dire ignorare, trascurare. Pertanto, la viola del pensiero significa che la sua patria adottiva, il Belgio, lo trascurò come una matrigna cattiva (Nussbaum nel 1937 tentò invano di ottenere il documento d’identità belga). Terminiamo la nostra analisi con il pallone da calcio; il fatto che dia il titolo al quadro suggerisce che, tra gli oggetti esposti sul tavolo, è quello da considerarsi più importante. Può darsi che Nussbaum, costretto a vivere in un paese straniero e a dipendere dalla benevolenza altrui, si sentisse come un pallone scalciato qua e là dall’intolleranza e dal razzismo. Tuttavia, non va dimenticato che, nei suoi anni giovanili, Nussbaum vide nello sport una possibile via di fuga dalla vita ordinaria, un sogno di libertà e di vitalità prive di vincoli: fu per questo che dipinse varie opere a tema sportivo purtroppo in gran parte distrutte nel su ricordato incendio del 1932. Si può ipotizzare che il suo modo di vedere lo sport non sia cambiato nel corso degli anni e che anche in quest’opera del 1940 il pallone da calcio abbia un significato positivo: forse rappresenta un ultimo disperato desiderio di evasione da una vita infelice, un’estrema speranza di indipendenza e libertà.
Felix Nussbaum, Trionfo della Morte, 1944. Osnabrück, Kulturgeschichtliches Museum
Oggi, 27 gennaio, è il Giorno della Memoria in cui si ricordano tutte le vittime dell’Olocausto. Il 27 gennaio 1945 l’Armata Rossa liberò il campo di sterminio di Auschwitz, che da allora divenne un simbolo non solo del genocidio nazista, ma anche delle possibili conseguenze delle ideologie basate sull’odio, l’intolleranza e il razzismo. Ad Auschwitz Nussbaum e sua moglie giunsero il 2 agosto 1944, ma non fecero in tempo a vedere la liberazione. Ciò accadeva non tanto tempo fa e non molto lontano da noi come ci ricorda la bellissima mostra itinerante su Auschwitz inaugurata a Madrid nel 2017 attualmente a New York.