ILPOSTICIPO.IT – Un viaggio da Bari a Milano, cuore da una parte e testa dall’altra, come è giusto forse per un professionista. Qualche infortunio di troppo e un sogno interrotto a pochi centimetri dall’arrivo. Nicola Ventola si racconta con una intervista a ilPosticipo.it, riportiamo le frasi per noi più significative.
[…] “Ai miei tempi per andare in Nazionale era veramente dura, c’erano tanti bravi attaccanti con caratteristiche diverse: i numeri dieci Totti e Del Piero, i bomber Inzaghi e Vieri e fenomeni come Chiesa e Signori, più piccolini ma tecnicamente validi. […] da calciatore pensavo che esistesse solo Bari. Ho avuto la fortuna di entrare a 11 anni nel settore giovanile e ho fatto il mio esordio a 16. Sono legatissimo a Bari, seguo tanto la squadra. Nel 1998 non volevo partire ed ero andato dal presidente Matarrese per chiedergli di farmi restare un altro anno. Alla fine ho scelto l’Inter con cui ho fatto la Champions e ho lottato per obiettivi diversi. Andarci è stata la scelta giusta per la mia carriera, ma essere l’idolo di Bari significava aver realizzato il mio sogno di bambino”.
Poi l’Inter e il suo arrivo “… in punta di piedi e con tanto rispetto per i giocatori e soprattutto per gli attaccanti che c’erano: Roberto Baggio appena acquistato, Ronaldo, Zamorano, Djorkaeff che aveva vinto il Mondiale, Pirlo che all’epoca giocava da dieci. Sono arrivato con tanta umiltà, sapevo che col sacrificio avrei potuto dire la mia e questo mi dava forza. Poi ho fatto un inizio incredibile: 5 gol in 5 partite in Serie A e una doppietta alla prima di campionato. Ho segnato in Champions nel turno preliminare e ai gironi contro lo Spartak Mosca. Zoff mi aveva convocato in Nazionale. All’Inter provavo un timore reverenziale, ma ero testardo e sapevo di poter dare qualcosa con la mia fisicità e caparbietà […] Ronnie non era un professionista come CR7, ma se fosse stato una macchina avrebbe potuto fare di più. Il Fenomeno era istintivo, forse si allenava di meno, ma quando lo faceva era impressionante. […] Se CR7 dovesse mollare un attimo, considerando quanto è fisico il calcio di oggi, potrebbe risentirne. Al Fenomeno una cosa del genere invece non sarebbe successa perché aveva un talento unico”.
[…] “Recoba è fantastico, vive nel suo mondo. Anche lui avrebbe potuto fare molto di più, era un talento impressionante. Moratti lo amava perché vederlo calciare era pazzesco. Anche lui però a volte si adagiava sul suo talento e anche nel calcio di allora dovevi stare bene fisicamente per fare la differenza. Alcune volte il Chino si assentava in allenamento nel senso buono del termine, ma è uno dei giocatori più talentuosi che abbia mai visto. Non mi viene in mente uno più bravo di lui a calciare: forse Adriano, il suo sinistro era più potente. Recoba era più tecnico, era incredibile”.
E poi il suo più grande rammarico…”Sul mio curriculum non c’è scritto campione d’Italia: è questo il rammarico più grande. Quel 5 maggio ha rovinato tutto purtroppo. Un po’ ce la siamo cercata perché avevamo 9 punti di vantaggio […]”
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