GLIEROIDELCALCIO.COM (Paolo Laurenza) – Immaginiamo un mondo nel quale si vive la passione per il calcio con la nostra stessa intensità ma dove le immagini a disposizione sono poche ed i filmati molto rari. Chi può permettersi il cinema se è stato fortunato ha visto qualche servizio in un cinegiornale, per il resto le immagini sono diffuse tramite i quotidiani e le riviste sportive. Ma in questo mondo anche il sostenere la spesa per acquistare un periodico viene ponderata e spesso l’accesso alle immagini è casuale: l’immaginario che molti appassionati hanno del calcio si basa su uno stadio, un calciatore, degli spalti, una porta o un guardalinee visti in un giornale o su una rivista sfogliati in un bar.
In questo mondo certo esistono i campi di calcio, molti appassionati hanno visto di persona partite di calcio in uno stadio, molti però non lo hanno mai fatto; in questo mondo l’automobile è un lusso per pochi, i soldi per i biglietti non ci sono, ci si muove in bicicletta e se lo stadio o il campo sono lontani è improbabile che li si possa raggiungere.
In questo mondo però è da poco stata inventata la radio ed il calcio inizia ad essere raccontato da pionieri del mestiere, le loro voci e la loro abilità narrativa fanno sì che quelle immagini in bianco e nero, quei dettagli ricercati magari in uno sfondo sfocato, quello stadio visto in una cartolina appesa in un bar, prendano vita in tanti filmati quante sono le menti delle persone che ascoltano; “ognuno col suo viaggio, ognuno diverso”, direbbe un cantautore del nostro mondo, cantautore che però dovrebbe modificare la strofa successiva, perché gli appassionati del mondo che stiamo immaginando non sono “persi nei fatti loro”, ma immersi spesso in ascolti collettivi nei luoghi dove sono presenti i costosi apparecchi radio.
I radiocronisti del nostro mondo immaginario sono quelle “Radio Star” che un famoso brano pop del nostro mondo racconterà come morenti tra i nostri anni ‘70 ed ‘80, ma nel nostro mondo immaginario mancano ancora molti decenni ai nostri anni ‘70 e ‘80, molti ascoltatori neanche vivranno la rivoluzione del video.
È in un contesto simile al nostro mondo immaginario quello in cui nasce e in giovanissima età si afferma la” Radio Star” del calcio italiano, Nicolò Carosio.
Palermitano classe 1907, sua madre era una pianista nata a Malta all’epoca quindi di cittadinanza inglese, suo nonno aveva una rinomata libreria e casa editrice, suo padre, ispettore di dogana, viaggiava molto e Nicolò seguendolo ebbe modo di appassionarsi alle radiocronache che ascoltava alla BBC.
Nel 1932 a 25 anni si presenta ad un concorso per radiocronista indetto dall’EIAR proponendo una radiocronaca di un derby di Torino da lui inventato. Da quanto si racconta la commissione rimane entusiasta, dopo 30 minuti lo interrompe sul risultato di 5 a 5 e gli assegna il posto che Carosio occuperà per 8 lustri come collaboratore esterno. Sono passati 4 anni dalla prima radiocronaca di una partita di calcio, nel marzo del ‘28 è Giuseppe Sabelli Fioretti, un giovane giornalista de La Gazzetta dello Sport, a raccontare la finale Coppa Internazionale “Italia – Ungheria” da una cabina improvvisata sugli spalti dello Stadio Nazionale di Roma.
Il debutto di Carosio è del 1° Gennaio del ‘33 per una partita amichevole tra Italia e Germania (3 a 1) disputata a Bologna, si racconta che i primi due minuti Carosio non parlò bloccato dall’emozione, ma questo incidente non ebbe conseguenza e Carosio, negli anni in cui gli apparecchi radio in Italia passano da 4000 unità a oltre un milione, è la voce narrante della migliore nazionale di calcio della storia: nel 1934 racconta l’Italia vittoriosa ai mondiali giocati in casa, nel 1935 la vittoria nella Coppa Internazionale, nel 1936 la medaglia d’oro alle Olimpiadi e nel 1938 la conferma mondiale in Francia.
Nel dopoguerra la voce di Carosio continua a narrare il campionato e la Nazionale che si appresta ad affrontare i mondiali del ‘50 in Brasile. Formalmente da campione in carica e fattivamente composta per la quasi totalità da ragazzi del “Grande Torino”, gli Azzurri sembrano aiutare la popolazione ad affrontare il dopoguerra ma la Tragedia di Superga spezza il sogno. Carosio sopravvive per caso, la cresima del figlio gli impedisce di seguire i granata in Portogallo. La Nazionale impiegherà qualche lustro a riprendersi ma non è solo l’assenza di vittorie culminata nella mancata qualificazione ai Mondiali del 1958 a segnare il progressivo declino dei racconti di Nicolò Carosio, l’inesorabile avvento del video segna il lento tramontare delle “Radio Star”.
La fine dei racconti di Carosio è stata per anni raccontata come un caso, una non bene identificata frase offensiva verso un guardalinee etiope durante i mondiali del 1970 diventa un caso internazionale, complici i nervi ancora scoperti del periodo coloniale la Rai deve allontanare Carosio nonostante le proteste dei colleghi e di diverse personalità (tra le quali Enzo Tortora). In realtà, come abbondantemente dimostrato, Carosio fu colpevole solo del fatto che una frase tipo “cosa vuole quel negraccio” sarebbe forse potuta rientrare nel suo lessico come in quella di moltissimi suoi coetanei, ma non la pronunciò mai. Probabilmente la frase incriminata (“Possiamo definirla come la vendetta del Negus”), venne pronunciata alla radio dall’allora direttore del “Corriere dello Sport”.
La sua carriera prosegue ancora per emittenti locali, la sua ultima radiocronaca è stata quella di un Palermo-Reggiana del 1975, muore a Milano 35 anni fa, il 27 Settembre del 1984.
Carosio hai vissuto la sua ascesa durante il regime fascista, reagisce quando specie all’estero la Nazionale subisce contestazioni per il saluto romano ma, stando anche ai racconti del figlio Paolo, non diventa mai un uomo di regime, nonostante sia l’unico oltre a Mussolini a parlare all’intera nazione via radio. È Carosio nel ‘45 a raccontare la liberazione di Milano, e sopravvivere come voce narrante alla fine di un regime non deve essere visto come mero trasformismo quanto come elevata professionalità.
È probabile che l’avvento della TV abbia reso meno efficaci i racconti di Carosio forse conditi con scene se non inventate molto romanzate, Gianni Brera in un articolo sostiene di ricordare il racconto di una fase di attacco dell’Italia d’improvviso interrotta dall’annuncio di una rete degli avversari.
Il mondo a cui è legato Nicolò Carosio è immancabilmente quello pionieristico, nel quale il radiocronista siede a bordocampo, senza particolari attenzioni alla sua visuale, nel quale forse il colorire o l’inventare più che malizia è necessità. È un mondo oggi solo immaginario, che a noi appare epico ma che per i protagonisti era semplice quotidianità, così ad esempio recarsi negli alberghi per associare i nomi dei calciatori ad un volto è normalità se ancora nessuno ha pensato di apporre dei numeri sulle maglie.
Oggi non abbiamo radiocronache di Carosio di quell’epoca, di quelle partite esistono solo registrazioni celebrative rifatte nel 1962 ed incise in un vinile pubblicato in occasione dei mondiali in Cile. Per poterle ascoltare possiamo provare a calarci nel nostro mondo immaginario di prima, in cui gli ascoltatori non avendo immagini o filmati di calcio se li creano ascoltando il racconto del radiocronista, per noi l’esercizio è inverso e partendo dalla piena conoscenza di come si svolge una partita dobbiamo immaginarne il racconto.
“Gentili radioascoltatori, è Nicolò Carosio che vi parla”, non seguiranno mai commenti tecnici ma il racconto di emozioni,
“dribbling di Schiavio… la passa ad Orsi.. intervento del difensore Ženíšek, peccato”.
Se per comunicare queste emozioni è necessario inventare qualcosa che lo si faccia, è una partita di calcio non un convegno di fisica, chi non c’è ed ascolta non deve sapere esattamente cosa accade sul campo, deve provare le emozioni di chi è sugli spalti.