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Storie di Calcio

Niente humour … siamo tedeschi!

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GLIEROIDELCALCIO.COM (Mario Cantoresi) – In fondo miglior nome per questa pagina Facebook non poteva esserci: “La poesia del calcio”!

È proprio questo il senso del nostro ritrovarci in questo spazio virtuale.

È il lato romantico e senza eccessi del Calcio, quello che tira fuori le doti più inaspettate ed incredibili negli uomini di ogni tempo e di ogni luogo.

Non ci credete?

Allora ditemi: avete mai conosciuto dei tedeschi capaci di un’autoironia così feroce da raggiungere i limiti estremi del masochismo tollerabile?

No?

Bene, vi sbagliate, e stasera voglio offrirvene un raro (praticamente unico) esempio con questa storia.

È il 30 luglio 1966, il giorno della finalissima del Campionato del Mondo di Calcio del 1966.

A Wembley s’incontrano Inghilterra e Germania Ovest.

È la prima volta che le Nazionali dei due Paesi si affrontano in una gara ufficiale dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale e, nonostante i conclamati proclami di fair play, c’è una certa tensione che ovviamente viene cavalcata dai giornalisti, specialmente quelli più anziani che quando scrivono i loro articoli sembrano essere dei reduci di guerra che battono i loro articoli sulla macchina da scrivere con l’elmetto e la maschera antigas.

I tedeschi, come al solito, sono una squadra solida ma sono giunti in finale senza brillare.

Ora però hanno due grossi dubbi di formazione.

Il primo riguarda il portiere.

Quello titolare Tilkowski non sta benissimo e oltretutto non dà grosse garanzie sui palloni alti, ma il portiere di riserva, il giovane Sepp Maier del Bayern Monaco, è anch’egli acciaccato.

Il secondo riguarda il centravanti Lothar Emmerich, bomber strepitoso del Borussia Dortmund ma non esattamente un cuor di leone.

Alla fine, pur giudicandolo troppo tenero per una partita così importante, il CT germanico Schon decide di dargli fiducia.

Ci sono solo certezze invece per il trainer inglese Alf Ramsey, che decide di confermare gli stessi undici titolari vincenti schierati contro Argentina e Portogallo.

La serenità di Ramsey non viene neppure turbata da qualche blanda polemica per l’esclusione di Jimmy Greaves, titolare nella prima fase ma ormai scalzato dalla rivelazione Hurst e dal grezzo ma utilissimo Hunt, che corre molto di più del bizzoso centravanti del Tottenham.

A proposito, giusto per la cronaca, questa sarà l’ultima finale di un Campionato del Mondo senza sostituzioni, per questo motivo il peso delle decisioni iniziali dei due trainer sarà determinante.

Vi ricordo che siamo nel 1966, in un’edizione della Coppa Rimet ancora sospesa tra il glamour e il calcio dei pionieri.

Pensate che il mastino inglese, il cattivissimo Nobby Stiles, prima di scendere in campo toglie dalla sua protesi dentaria i finti incisivi ed i canini da passeggio (i denti veri li aveva perso anni prima in uno scontro di gioco) e li da in custodia alla riserva Ian Callaghan, che li conserverà in tasca per tutta la partita.

Questa finale è l’atto più ispirato di un’edizione muscolare e agonisticamente sopra le righe, ma anche in questa partita le azioni da gol nascono da lunghe teorie di palloni calciati tesi e fortissimi verso l’area o la porta, sperando nel rimpallo o nell’errore difensivo.

È così accade per tutti e quattro i gol dei tempi regolamentari, due per parte: 1-0 di Haller, pareggio inglese con Hurst, 2-1 inglese di Peters a dieci minuti dalla fine e beffardo 2-2 di Weber all’ultima azione, dopo una mischia ben poco consona alla presenza della Regina che è seduta sugli spalti vestita di giallo.

Si va ai supplementari

In caso di pareggio dopo l’extratime si rigiocherebbe il martedì successivo, infatti anche i rigori sono ancora di là da essere inventati.

Per questo motivo le squadre, seppur esauste, continuano a cercare il gol senza risparmiarsi.

Ramsey continua a motivare la sua truppa indicando i tedeschi stremati a terra «Guardateli! Sono finiti!» ripete in continuazione e questo subdolo espediente motivazionale ha presa soprattutto sul migliore in campo, il piccolo e rapidissimo Alan Ball, ala del Blackpool che ha avuto la certezza di giocare solo a colazione ma adesso, sulla fascia destra, sta mandando ripetutamente in crisi Schnellinger.

Gli inglesi vanno vicino al gol con Bobby Charlton poi, all’undicesimo minuto del primo tempo supplementare, arriva uno dei momenti più discussi dell’intera storia del football.

Praticamente l’equivalente calcistico del filmato amatoriale girato da Abraham Zapruder a Dallas il 22 novembre 1963 ma per raccontare bene questo “giallo” occorre prima presentare alcuni “attori.”

Ricordate il preoccupante clima da guerra che si respirava alla vigilia?

Per dare la parvenza della massima neutralità viene designato come arbitro uno svizzero, Gottfried Dienst.

È un arbitro affidabile che nella prima fase ha diretto molto bene Italia-Cile, il delicatissimo remake della Battaglia di Santiago di quattro anni prima.

I guardalinee sono il cecoslovacco Karol Galba ed il sovietico Tofik Bachram-og’ly Bakhramov, originario di Baku, attuale capitale dell’Azerbaigian che fra poco diventerà l’uomo del destino.

Giusto il tempo necessario che occorre a Alan Ball per lasciare sul posto Schnellinger per l’ennesima volta e servire l’assist per l’accorrente Hurst che carica il destro e lascia partire un bolide che s’infrange sulla traversa rimbalza sulla linea e lascia tutti interdetti… è goal o no?

In un silenzio irreale sia i giocatori sia il pubblico guardano l’arbitro in attesa della sua decisione.

In quel momento probabilmente il signor Gottfried Dienst è l’uomo più solo del mondo!

È un attimo… con un gesto plateale Dienst fa segno che la palla non è entrata in rete, suscitando così le vivaci reazioni di tre o quattro dei giocatori inglesi.

A quel punto accade il colpo di scena: subentra inaspettato il guardalinee Bakhramov che afferma deciso come non mai che la palla è entrata.

L’arbitro lo ascolta ed indica il centro del campo, fra lo sconcerto dei teutonici la decisione finale è presa e non c’è più nulla da fare per modificarla.

Quello che avviene dopo, a parte un tentativo d’invasione di campo pacifica da parte dei tifosi inglesi dopo il quarto gol è ordinaria amministrazione.

L’Inghilterra è campione del mondo ed i tedeschi dopo la guerra perdono anche la finale!!!

Il giorno seguente, in una sorta d’involontaria quanto brillantissima vena polemica, la Bild uscirà con un titolo che farà storia: “ABBIAMO PERSO 2-2”

Un’ultima curiosità: Bakhramov, da qualche anno passato a miglior vita, è l’unico arbitro al mondo a cui è stato intitolato uno stadio.

L’impianto sportivo si trova a Baku nel frattempo diventata capitale di uno Stato indipendente.

E proprio a Baku, Hurst e Tilkowski si ritroveranno nel 2004 e, con quella sincerità tipicamente inglese, Hurst dirà: «Per tante persone l’Azerbaigian è un Paese strano e lontano, ma non per me. Per me è il paese natale del mio grande amico Bakhramov».

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Laureato in Economia e Commercio all’Università La Sapienza di Roma, è un autore, sceneggiatore e attore teatrale. Mario non ama parlare molto di sé, preferisce spendere le sue parole per i personaggi delle storie che racconta e che porta in scena. Adora due cose in particolare: le scarpe da running e le strade del mondo. Ed è così che trova i suoi incredibili personaggi, o forse, più esattamente, sono loro che vanno a cercare Mario, perché ne percepiscono le affinità elettive. Così facendo egli ruba prezioso spaccati di vita dai suoi viaggi, spaziando dalle Regioni della Mitteleuropa, quella da cui, perdendosi fra le acque dell’amato Danubio, non farebbe mai ritorno, ai tramonti meravigliosi dell’Africa, fino alle grandi distanze della Russia, Nazione che ama e da cui è ricambiato incondizionatamente. Distribuisce poi il “suo bottino” trascrivendo il caleidoscopio di vite, sensazioni ed emozioni, a beneficio dei suoi lettori. Un autore, Mario Cantoresi, capace di toccarti nel profondo e lasciarti qualcosa di unico e prezioso dentro.

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