CORRIERE DEL MEZZOGIORNO (Pasquale Caputi) – […] Era il 12 marzo 1990 quando Oronzo Pugliese salutò il mondo, dopo un’esistenza vissuta in nome del calcio. Un’esistenza a pane e pallone, ma così intensa e straordinaria, da diventare ben presto quasi un “brand”.
Oggi tutti ricordano Pugliese come «il mago di Turi», in contrapposizione a un altro mago del football, quell’Helenio Herrera geograficamente proveniente da un altro continente […] I due si scontrarono a più riprese nel corso degli anni Sessanta, non solo in campo ma anche dal punto di vista squisitamente mediatico. E mica una sola volta Pugliese avrebbe avuto la meglio sull’«omologo» di Buenos Aires. Una data però non è come l’altra, e il 31 gennaio 1965 è da sottolineare in rosso nella storia del calcio: i satanelli sconfissero 3-2 l’Inter campione d’Europa e Intercontinentale, «don Oronzo», da lì in poi, sarebbe diventato, appunto, «il mago».
Fu un trionfo per quel piccolo Foggia, un trionfo per lui, che dal punto di vista comunicativo e carismatico era già un punto di riferimento per il panorama calcistico. Sarà per quel modo colorito e frizzante con cui si interfacciava con i giocatori e i giornalisti, così come per quell’approccio scaramantico alle cose, talvolta rappresentato dal sale sparso in campo, talaltra dalla famosa cravatta rossa, presto issata a un cimelio anti iettatura. […] In realtà anche dal punto di vista strettamente tecnico Pugliese dimostrò di essere un ottimo allenatore. Le sue squadre erano sempre “sul pezzo” e lui ebbe sempre la capacità di tirar fuori il meglio da chiunque in ogni circostanza, persino «il sangue dalle rape», per usare un’immagine a lui molto cara. […]