Domani uno dei più forti giocatori di tutti i tempi, per molti il più forte, compie 80 anni, e i quotidiani hanno iniziato la loro marcia di avvicinamento a questa data.
Ieri vi abbiamo proposto quanto riportato da IL FATTO QUOTIDIANO , oggi vi proponiamo una piccola carrellata:
DA LUSTRA SCARPE A MISTER MONDIALI BUON COMPLEANNO AL DIO DEL CALCIO
GAZZETTA DELLO SPORT di Luigi Garlando
Giacinto Facchetti ha raccontato: «Cross. Io ero più alto di Pelé, ma la prese lui. Ebbi l’impressione che avrebbe potuto restare in aria quanto voleva». La stessa che ebbe Tarcisio Burgnich il 21 giugno 1970, quando provò a inseguirlo nel cielo dell’Azteca, col braccio teso come Superman. La Roccia si era avvicinato al match recitando un mantra: «Pelé è un giocatore come gli altri». Alla fine convenne: «Mi sbagliavo». Edson Arantes do Nascimento è la divinità che ci scacciò dal paradiso di una finale mondiale dopo 19′ e, dopo la reazione eroica di Bonimba, ci restituì alla nostra umanità di sconfitti. Domani il dio del calcio (non se la prenda, Ibra) compie 80 anni. Il numero 80 può essere composto da tre palloni: uno sopra l’altro e uno accanto. Tre, come i Mondiali vinti, impresa mai riuscita ad altri umani; tre, come i cuori della cittadina di Minas Gerais che lo ha messo al mondo. «A Tres Coraçoes sono nato, cresciuto e ho imparato il calcio: i miei tre cuori». Ha imparato palleggiando calzini pieni di stracci e frutti di mango. Papà Dondinho era un calciatore di sola grinta, infatti chiamava il figlio «Dico», cioè «Il figlio del guerriero». Il nome Pelé è nato da un errore. Il piccolo Edson storpiava quello di Bilé, portiere del Vasco da Gama: Pilé, Pelé… La presa in giro degli amici gli è rimasta addosso: Pelé […]
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PELÈ, LA LEGGENDA DIVENTATA CALCIO
IL MESSAGGERO di Piero Mei
[…] Per generazioni Pelè è il calcio. Se la batte con Maradona, Napoli permettendo. C’è chi gli accosta o mette davanti Di Stefano o Cruyjff, i contemporanei sussurrano a mezza bocca Messi o Cristiano Ronaldo. Ma vuoi mettere tre mondiali vinti, il primo a 18 anni e il terzo a trenta? Vuoi mettere 1281 gol in 1363 partite? Su questi numeri gli statistici s’azzuffano per qualche unità in più o in meno, ma conta poco o nulla. Perché i numeri non si addicono a Pelè. Perfino qualche santone della panchina di quelli fissati con gli schemi e guai a non rispettarli, non riuscirebbe a mortificarlo assegnandoli un ruolo: il suo ruolo era quello di essere Pelè. Quando in nazionale ha giocato a fianco a Garrincha ha sempre vinto: quaranta volte di seguito.
[…] “Pelè, Pelè” urlava tutto lo stadio quando con la maglia eterna del suo Santos andò sul dischetto del rigore guardando il portiere Andrada del Vasco da Gama, per tirare quello che sarebbe stato il suo gol numero 1000, cifra alla quale nessuno era mai arrivato prima di lui, novembre 1969. Pelè guardò Andrada che forse abbassò lo sguardo o forse no. Pelé fece gol: lui segnava, nel mondo che pure non era ancora tutto in diretta i ragazzi sognavano.
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Josè Altafini: «Auguri Pelè, amico mio. Ora dribbla le malattie»
Il Giorno – Il Resto del Carlino – La Nazione di Leo Turrini
«Per prima cosa gli faccio tanti tanti auguri. Ma non per il compleanno, alla nostra età meglio evitare. Glieli faccio per la salute. So che non sta tanto bene e spero riesca a battere le malattie con uno dei suoi magici dribbling…[…] Praticamente abbiamo cominciato assieme – ricorda Altafini -. lo ho appena due anni più di lui». Come lo ha conosciuto? «Militavamo in due squadre della città di San Paolo. Lui era del Santos, io giocavo nel Palmeiras. C’era una grande rivalità tra i club, anche aspra. Era una roba tipo derby in Italia tra Inter e Milan o tra Roma e Lazio». Capi subito che lui era un Fenomeno? «Per niente». Andiamo bene. «Eh, amico mio, ma allora mica si vedevano tutte le partite in televisione come oggi! Era un altro mondo». Ma Pelé divento O Rey da subito, no? «Un momento. lo venni convocato nella nazionale brasiliana prima di lui. Tenga anche presente che Pelé, nel Santos, era attorniato da altri fuoriclasse. Cosa che a me nel Palmeiras non capitava». Insomma, lo si notava meno. «Ma era un ragazzino formidabile, eh! Una volta il ct della Seleçao ci schierò insieme in una partita, contro l’Argentina se mi ricordo bene. Segnammo un gol a testa». E Insieme andaste al mondiale in Svezia nel 1958. «C’erano molte attese sul mio conto, in patria mi chiamavano Mazzola perché dicevano che somigliavo a Valentino, il capitano del Grande Torino». Ma in Svezia esplose lui, Edson Arantes do Nascimiento. «Ci hanno girato anche un film! Lui fece delle cose meravigliose, segnò dei golaso, come dicevo io nelle mie telecronache. E la Seleçao per la prima volta nella sua storia sollevò la Coppa. Fu un momento indimenticabile per il mio Paese d’origine».