Estate 1984, la Serie A è “il campionato più bello del mondo”. Al Verona arriva l’attaccante danese Preben Elkjaer, inizia una storia d’amore e di passione in cui Elkjaer diventa il simbolo dell’Hellas che alla prima stagione vince un incredibile scudetto. Il Campione ha rilasciato un’intervista al Corriere del Veneto dove, tra le altre dichiarazioni, ha ricordato quel periodo. Di seguito uno stralcio:
«[…]“Ciccio” Mascetti e il ragionier Rangogni vennero in Francia: parlammo tutta la notte, lontano da occhi indiscreti. Scelsi l’Italia perché era il campionato migliore al mondo, con i più forti giocatori al mondo. E volevo provarci anch’io. Di Verona non sapevo nulla: chiesi ad amici che giocavano in Italia: “è una bellissima città” mi dissero. Ma io intendevo la squadra: “Beh, la squadra con un po’ di fortuna può arrivare in Coppa Uefa”. Andò meglio, vincemmo lo scudetto».
Tanti momenti indimenticabili; cosa le è rimasto di più?
«Potrei dire il fischio finale a Bergamo che ci diede lo scudetto, ma con gli anni ho capito che la cosa più importante è l’amicizia che c’era in quella squadra, tra di noi, con mister Bagnoli e il rapporto con i tifosi e la città. Incredibile. Quel gruppo era fatto di grandi persone, e ancora oggi siamo amici»
Ma con Bagnoli all’inizio come comunicava?
«Buongiorno e buongiorno. Io non parlavo italiano, lui non parlava inglese. Ma ci capivamo, contava che mi allenassi seriamente e che in campo facessi quello che dovevo fare. E poi mi lasciava anche fumare…»
La cercavano grossi club italiani. «Ma io sono già in una grande squadra» disse. E da Verona non si mosse.
«Io non dissi “una” ma “la” più grande squadra. Ed era vero, perché lo scudetto sul petto l’avevamo noi»
Quell’eliminazione in Coppa dei Campioni a Torino contro la Juve in uno stadio deserto, non fu invece un bel momento. A fine partita, lei all’arbitro francese Wurtz fece il gesto di compilare un assegno…
«In realtà gli volevo scrivere il numero di un buon oculista…scherzo, quello fu un furto. Ero molto deluso e arrabbiato; ci sta di perdere, ma non in quel modo» […]
Quando in Italia c’era lei, con i nostri difensori erano duelli rusticani…
«Durissima, ricordo certe entrate. E poi si marcava a uomo e con gente come Vierchowod, Gentile, Bruscolotti, Ferri e compagnia, non si scherzava».
Corriere del Veneto – Lorenzo Fabiano
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