IOGIOCOPULITO.IT (Antonio D’Avanzo) – Bellissima intervista, diversa dal solito, in cui si racconta la storia di Ruggiero Rizzitelli nella fase precedente alla notorietà. Domande e risposte che raccontano la sua infanzia in un piccolo centro della provincia pugliese e il trasferimento al Cesena, quando aveva solo 14 anni.
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“Nasco in un paese di mare, tutto ha inizio sulla spiaggia del mio paese e nei vicoli. Le porte erano composte di sassi o di scarpe, era divertimento assoluto come tutti i bambini e i ragazzi che vivono quegli anni. Non avevamo campi da calcio, poi ho iniziato a frequentare la prima scuola calcio del paese, la Polisportiva Don Bosco. Ricordo che quando tornavo da scuola con un brutto voto i miei genitori mi nascondevano la borsa e l’unico paio di scarpe da calcio per punizione.
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“Sì, un dirigente si presentò a casa nostra e spiegò ai miei genitori che a Cesena avrei dormito in un convitto con altri ragazzi e sarei stato seguito anche da un punto di vista scolastico. Avrebbero mandato periodicamente i voti del mio andamento scolastico ai miei genitori.
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“… all’inizio ovviamente ero preso dall’entusiasmo della novità. Dopo qualche settimana ho cominciato ad avvertire la mancanza del mio paese di origine e del mio mare. Sono scappato! In realtà sono scappato tre volte da quel posto, nonostante le frequenti visite dei miei genitori! Poi ho cominciato ad ambientarmi, a conoscere i nuovi amici e a legare soprattutto con quelli della tua stanza, anche perché non avevamo la televisione. Alle 9 di sera, dopo aver mangiato, guardavi il soffitto della stanza… Adesso tutti hanno un cellulare, anche a 14 anni sei collegato al mondo e puoi contattare chiunque in qualsiasi momento…”
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“Ai miei tempi di Cesena mi viene in mente un altro particolare: la classica busta di gettoni per andare a telefonare alla tua famiglia dalle cabine telefoniche della Sip alla solita ora prestabilita, aspettando il tuo turno in fila, insieme agli altri compagni di squadra”.
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“… quando ero lontano dalla mia famiglia, ho trovato persone che mi hanno aiutato. Quando stavo male il presidente mi portava le medicine nella mia stanza. Non ero “Rizzitelli”, ero solo un ragazzino. Questi gesti li reputo indelebili”.
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