GLIEROIDELCALCIO.COM (Andrea Gioia)
Per fortuna che il vecio ci aveva visto lungo
Siamo nell’estate del 1981 e, all’appuntamento più importante del primo biennio ’80, mancavano appena otto mesi. Il Mondiale spagnolo, conquistato dopo la delusione europea del torneo giocato in casa, sarebbe stato la naturale conseguenza della trasferta argentina del ’78, abbandonata sul più bello a causa di partite sfortunate, contro squadre di primissimo rango.
A quella compagine, cementata dal blocco juventino, mancava però la perla di un cannoniere silenzioso e timido, partito dalla provincia e finito nel turbinio mediatico del calcio scommesse. Paolo Rossi era stato messo “a riposo” per un lungo periodo, con la prospettiva, non troppo positiva, di rientrare in campo giusto prima dell’inizio del torneo iridato.
In molti non lo vedevano, criticandone la forma da riconquistare; altri lo supportavano. A questa seconda categoria apparteneva un certo Enzo Bearzot, vecio del calcio italiano e grande conoscitore del potere del gruppo. Accade così che, nell’Agosto del 1981, un trafiletto de La Gazzetta dello Sport lasci presagire le intenzioni del ct per quello che sarebbe avvenuto l’anno successivo:
“Sarà convocato comunque”
Le indiscrezioni provengono da Il Gazzettino, capace di intervistare l’allenatore in occasione di una cena in quel di Belluno. E sono indiscrezioni che segneranno il destino di una squadra entrata nel mito.
“Una volta pagato il suo debito, non vedo perchè Rossi non debba essere inserito; […] giocherà le tre partite di campionato, io le vedrò tutte e tre per vedere in che condizioni è, poi sarà convocato comunque e, se sarà meglio degli altri, giocherà”
Bearzot lascerà intendere di voler puntare su quel ragazzo toscano con il fiuto del gol innato. Via i veleni della squalifica, via i dubbi sulla forma fisica. Paolo Rossi avrebbe fatto parte di quel gruppo, con buona pace di detrattori e rivali. Insieme a lui, come “osservato speciale”, quel gran talento di Bruno Giordano, prodigio tra i migliori prodotti in cent’anni di calcio italiano. Bruno a quel mondiale non ci andrà.
Paolo diventerà l’idolo di una intera nazione, riuscendo a riportare in Italia un titolo che mancava dai tempi di Pozzo.