CORRIERE DELLO SPORT (Alberto Polverosi) – […] Sono stati otto anni insieme, Gattuso e Ancelotti, gli otto anni di Carletto al Milan. Hanno vinto tutto, scudetto, supercoppe, coppe nazionali, due volte la Champions, un mondiale per club. Era una squadra fantastica, capace di rinnovarsi restando sempre se stessa. Il Milan dei numeri 10, in una stagione Ancelotti ne mise insieme quattro: Pirlo, trasformato in regista, Seedorf, modificato (con mugugni) in mezz’ala, Kakà e Rui Costa. Più un attaccante. Questa impalcatura si reggeva per una sola ragione: i polmoni di Rino Gattuso. Non a caso, quando chiedevano ad Ancelotti chi fosse il giocatore determinante per quella squadra, rispondeva così: «Prima metto Gattuso, poi tutti gli altri».
[…]”Quando vedevo Pirlo giocare a calcio, mi chiedevo quale fosse il mio sport. Di sicuro non lo stesso di Andrea”. Rino corre da quando è nato. Correva nel Perugia e nei Rangers di Glasgow, quando divenne un idolo per i tifosi dell’Ibrox Park e prese il soprannome di Braveheart. Correva nella Salernitana e in quella stagione fu il grande rimpianto di Trapattoni che chiese a Vittorio Cecchi Gori il suo acquisto al mercato di gennaio, con la Fiorentina in testa al campionato, invece Rino rimase dov’era e i viola non vinsero lo scudetto. Ha corso per 13 anni nel Milan, 443 partite e 11 gol, e ha chiuso in Svizzera, col Sion, dove ha iniziato anche ad allenare […]