Tutte le attività sportive hanno una peculiarità, quella di contenere elementi misurabili per creare il giusto concetto di competizione.
Nelle gare di velocità prevale, appunto, chi è più veloce, nelle gare di distanza la maggior superficie coperta nel minor tempo, in quelle di forza il peso che si riesce ad alzare o a lanciare, e così discorrendo.
Poi ci sono gli sport di squadra, dove il discrimine tra vittoria e sconfitta è dato dal miglior punteggio che si riesce ad accumulare rispetto agli avversari.
In quest’ultimo caso, però, subentrano molteplici variabili anzitutto perché il numero dei contendenti può essere alto, si pensi al rugby, quindici contro quindici, o al calcio, undici contro undici, ma ci sono differenze anche se quella gara è disputata in un palazzetto, basket o volley, o all’aperto, dove ci può essere l’influenza del clima.
Chiaramente, nel caso di questi sport di squadra, è quasi impossibile che una distanza possa determinare un risultato, eppure nel calcio nel nostro calcio, è capitato che pochi centimetri influissero nell’assegnare uno scudetto, e quella sottile differenza, quel battito di ciglia, continuasse ad essere fonte di aneddotica diatriba.
La stagione calcistica 1980/1981 non si presentava facile, ma si sarebbe rivelata appassionante, con una lotta a tre fino alle battute finali e con episodi che l’avrebbero decisa che sono passati alla storia del calcio.
Il torneo che andava a iniziare vedeva alcune novità, innanzitutto l’assenza di Lazio e Milan.
Era freschissimo il ricordo delle auto della Polizia e della Guardia di Finanza negli stadi dell’anno prima, lo spettacolare quanto scenografico arresto dei giocatori in campo a seguito dell’indagine sul Totonero, le squalifiche, le retrocessioni, appunto, di rossoneri e biancocelesti: tutti eventi nefasti che avevano bollato a fuoco il nostro calcio, che si ritrovava con un’immagine sgualcita che doveva essere ricostruita.
A questo si aggiungeva un costante calo del livello tecnico che indusse i vertici del nostro calcio alla riapertura delle frontiere ai calciatori stranieri, limitato ad uno per squadra.
Ciò permise l’arrivo di campioni quali Herbert Prohaska all’Inter campione uscente, Ruud Krol al Napoli, Daniel Bertoni alla Fiorentina, Liam Brady alla Juventus, Paulo Roberto Falcao alla Roma, oltre che a perfetti sconosciuti che nella maggior parte dei casi si rivelarono fallimentari.
Fu aumentato anche il numero delle sostituzioni, da una a massimo due, e in questo clima di sostanziale curiosità e anche incertezza iniziò il torneo che vide delinearsi, dopo poche giornate, un duello tra Roma e Juventus, con Napoli terzo incomodo.
Tra giallorossi e bianconericoncrete, anzi, sembravano a un certo punto le possibilità degli azzurri, sospinti anche dalla forza morale di un popolo ferito dal tremendo terremoto che colpì l’Irpinia e la Campania il 23 novembre 1980, ma la squadra di Rino Marchesi crollò a poche giornate dalla fine. Furono quelle di Nils Liedholm e Giovanni Trapattoni a contendersi lo scudetto e a trovarsi di fronte per l’atto decisivo a tre giornate dal termine.
Il cammino che aveva portato a quel momento era stato sostanzialmente pari, un solo punto le divideva, per cui quello sarebbe stato il match decisivo.
Come italico costume, soprattutto nelle cose pedatorie, la vigilia non fu tranquilla, alla Juventus, cui sarebbe mancato Marco Tardelli, fu squalificato anche Roberto Bettega proprio alla vigilia della partita per una presunta violazione dell’articolo uno nella gara contro il Perugia, ingenerando più di un sospetto sulla sentenza e, soprattutto, sulla sua tempistica.
Sia come sia, il 10 maggio del 1981, sul terreno del “Comunale” di Torino, le due contendenti si trovarono una di fronte all’altra, arbitro Paolo Bergamo di Livorno, assistenti Giuliano Sancini di Bologna e Marco Ravaglioli di Firenze.
Ci si attendeva un buono spettacolo, del resto le due compagini erano infarcite di campioni che, di lì a un anno, fondendosi, avrebbero dato vita al sogno di Spagna ’82.
Dino Zoff, Beppe Furino, Claudio Gentile, Gaetano Scirea, oltre ai già citati Tardelli, Bettega e Brady, formavano la spina dorsale dei bianconeri; Franco Tancredi, Bruno Conti, Ago Di Bartolomei, il Bomber di Crocefieschi Roberto Pruzzo, l’Ottavo Re di Roma Falcao, un giovanissimo Carlo Ancelotti i pilastri su cui si poggiavano i giallorossi.
Pur essendo in primavera inoltrata la giornata era uggiosa, in campo la gara fu subito tesa, nervosa, i giocatori consci della posta in palio, gli scontri duri, ne risentì lo spettacolo, povero, nulle le occasioni, logico il nulla di fatto con cui si andò al riposo.
Nella ripresa la svolta sembrò avvenire intorno al ventesimo minuto quando Furino fu espulso per somma di ammonizione, dopo un duro fallo su Falcao.
La superiorità numerica rinvigorì i giallorossi, che provarono a forzare il gioco, i bianconeri resistettero, finché si arrivò al minuto settantacinque: l’azione della Roma si dipanò sulla destra, con cambio di lato attraverso i passaggi da Ancelotti a Falcao, a Di Bartolomei.
Questi indirizzò a Conti cheavanzò sulla mezz’ala sinistra, poi la funambolica ala crossò al centro, sulla sponda di Pruzzo si inserì Maurizio Turone in tuffo, che superò Zoff.
Partì la festa romanista, ma fu subito gelata dalla bandierina alzata dell’assistente Sancini: fuorigioco.
Turone si fermò incredulo, in campo le proteste furono poche, il match scivolò poi via verso la divisione della posta che cucì mezzo scudetto sul petto dei bianconeri.
Le polemiche iniziarono dopo, quando si provò a decifrare le immagini per capire la giustezza di quella chiamata.
All’epoca non esisteva, naturalmente, il Var, era il Telebeam a costituire il massimo della tecnologia, un software di scomposizione delle immagini che non chiarì le esatte distanze.
Ironica, in linea con i personaggi che furono, la reazione dei due presidenti, Dino Viola e Giampiero Boniperti, con il primo a ribadire di aver perso uno scudetto per centimetri, e il secondo a regalargli un metro.
Una questione di centimetri insolita, un aneddoto vivo a quarant’anni di distanza, a ricordarci come dovrebbero essere vissuti i momenti del calcio.
Con classe, qui non è più questione di centimetri, però, ma dell’abisso che divide i personaggi di oggi con quelli di allora.
10 maggio 1981 Torino Stadio “Comunale” Juventus-Roma Serie A 28^ giornata 0-0