GLIEROIDELCALCIO.COM (Eleonora D’Alessandri) – Raffaele Jaffe nasce ad Asti l’11 ottobre del 1877. Dopo la laurea trova impiego come professore di scienze naturali e chimica presso l’Istituto Tecnico Leardi di Casale Monferrato.
Un giorno, nel 1909, rincasando dal lavoro, incontra lungo la strada un gruppo di suoi allievi che lo convinsero ad andare a vedere una partita a Cresana.
Per Jaffe, che non conosceva né praticava calcio, è un vero e proprio amore a prima vista, dato che pochi giorni dopo convince gli stessi ragazzi a formare una squadra, il Casale.
In un’epoca in cui i vicini di casa della Pro Vercelli dominavano il calcio italiano, Jaffe decise che era arrivato il momento di un’alternativa poiché trovava inaccettabile che, con i valori di grinta e sudore della provincia, la Pro Vercelli fosse l’unica ad aver costruito una corazzata destinata a dominare il calcio italiano per molti anni.
Il 18 dicembre 1909, in un’aula dell’istituto Leardi, nasce ufficialmente il Casale Football Club: il presidente della società è lo stesso Jaffe, il presidente onorario il professor Gerolamo Occoferri, preside dell’istituto.
Con il chiaro intento di contrapporsi ai vicini di Vercelli e alla loro maglia bianca, il Casale vestirà casacche rigorosamente nere con una stella bianca, perché “ci vorrà molta fortuna per sfidare i grandi nemici”.
La fortuna sorride agli audaci e quindi anche a Raffaele Jaffe e i suoi ragazzi che, in pochi anni, prima trionfano in terza serie, poi dopo una stagione più che positiva in seconda approdano, grazie ad una sfida vinta contro i milanesi della Libertas, nella massima serie. Dopo soli due anni, il Casale ha raggiunto la Pro Vercelli.
I primi anni sono durissimi. Dopo un girone di andata disastroso, i ragazzi del Casale riescono a recuperare punti e, nella stagione successiva a fare ancora meglio. La Pro Vercelli intanto vinceva tutto, ma nonostante questo, il tempo passava e i giovani della squadra del professore Jaffe erano sempre più uniti.
Nel 1913 arrivano in Italia gli inglesi del Reading che, grazie alla grande differenza di qualità tra calcio inglese e calcio italiano, superano prima il Genoa 4-2 e poi il Milan con un 5-0, arrivando nella sconosciuta Casale Monferrato certi di una vittoria. I ragazzi del professore vinsero 2-1 diventando il primo club italiano della storia capace di battere un club inglese. Da questo momento iniziano per il Casale una serie di vittorie consecutive.
Così, nel 1914 diventa Campione d’Italia proprio il Casale, nonostante i pronostici non a favore. La squadra era ormai una realtà affermata a cui mancava solo la consacrazione che arriva nell’edizione 17 del nostro campionato, entrando di fatto nella storia. Nella fase finale del girone piemontese – ligure si qualificano con un punto in più della Pro Vercelli e nel girone nazionale battono Genoa, Inter e Juventus, fino alla doppia finale in cui superano i campioni meridionali della Lazio.
I ragazzi del professor Jaffe, dopo cinque anni dalla nascita, sono campioni d’Italia.
In città è festa grande. L’impresa viene festeggiata con cori e bevute, i calciatori – allora del tutto simili ai loro tifosi per abitudini e status – vengono abbracciati con orgoglio dai propri concittadini. È facile immaginare come il professor Jaffe sorrida, orgoglioso di quanto realizzato: il Casale, e le sue inimitabili maglie nere con la stella bianca, sono sulla bocca di tutti.
Nel 1919, Raffaele Jaffe abbandona la società nerostellata, di cui comunque continua a seguire sempre le sorti.
Nel 1927 sposa una ragazza cattolica e matura la sua conversione dalla fede ebraica a quella cattolica. Nel 1937 viene anche battezzato, ma questo non gli basta per sfuggire alle leggi razziali del regime fascista.
L’Italia è cambiata ed è cambiato anche il calcio che, nel frattempo è diventato professionistico.
Gli ebrei si trovano esclusi da tutto. Non possono mandare i figli a scuola, vengono a malapena salutati da quelli che fino al giorno prima erano vicini di casa o amici di famiglia, non possono lavorare e così anche Raffaele Jaffe, nonostante fosse sposato con una donna cattolica e avesse rinunciato alla fede ebraica, fu costretto a dimettersi dalla scuola in cui aveva trascorso una vita.
Il 16 febbraio 1944 viene arrestato e internato a Fossoli, nonostante la sua sia una posizione delicata perché, le leggi italiane non prevedevano la deportazione per chi si fosse convertito.
In quel luogo, durante i cinque mesi di detenzione, ha modo di conoscere Primo Levi.
Da Fossoli vede partire sette convogli ferroviari carichi di disperati; non ne conosce la destinazione ma qualcuno, sottovoce parla di Auschwitz. Il 12 luglio nel campo di Fossoli vengono trucidati, a caso, 67 prigionieri come rappresaglia per l’uccisione a Genova di sei soldati tedeschi e l’evento segnerà tantissimo il professore, al punto di scrivere in una lettera alla moglie: “Siamo alla fine del mondo…il mondo è alla fine…”
Il 2 agosto è allestito l’ultimo convoglio di deportati: l’ottavo. Il campo viene abbandonato e trasferito a Bolzano–Greis dove saranno dirottati parte dei prigionieri. Gli altri, fra cui il Professore, proseguono per Auschwitz. Quando finalmente arriveranno dopo quattro giorni di viaggio senza luce, senza mangiare e senza bere, l’aria gli riempie i polmoni di vita, mentre la luce improvvisa lo abbaglia. È la sera del 6 agosto. Il 7 pomeriggio è sottoposto, con tutti gli altri, alla rituale selezione, che però non supera e viene condotto, ufficialmente per fare una doccia, nella camera a gas. Bisogna dire che non c’è molta chiarezza sulla data della sua morte, l’unica certezza è la data del 6 agosto, giorno in cui è arrivato al campo di concentramento e dal quale non è mai tornato.
Il suo ricordo è nella mente tanto dei casalesi quanto degli appassionati di calcio e resterà per sempre indelebile: grazie al calcio, ai suoi ragazzi, al sogno del Casale che un bel giorno d’estate, contro ogni pronostico, si laureò Campione d’Italia.