Re Cecconi, un angelo biondo troppo presto volato in cielo - Gli Eroi del Calcio
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La Penna degli Altri

Re Cecconi, un angelo biondo troppo presto volato in cielo

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SPORTHISTORIA – Un’arma puntata contro è l’ultima immagine che ha davanti agli occhi, poi tutto avviene in un attimo, un lampo, uno sparo, il proiettile che si conficca nel petto, la disperata ed inutile corsa all’Ospedale San Giacomo di Roma dove, poco dopo, il suo cuore cessa di battere per sempre …

E’ la sera del 18 gennaio 1977, data che porta via Luciano Re Cecconi, 28 anni appena compiuti, lasciando nello sconforto la moglie di cinque anni più giovane, con due figli piccoli a carico, notizia che – in un’epoca in cui non esistevano smartphone, Tv satellitari, social network e neppure Televideo – non tarda comunque a rimbalzare dalla Capitale alle Agenzie Ansa ed alle varie testate giornalistiche, venendo per prima data dai Telegiornali della sera.

Su quello che accade effettivamente nella Gioielleria di Bruno Tabocchini, l’uomo che spara, avremo modo di ritornare, non prima di ricordare chi sia Luciano Re Cecconi da Nerviano, comune lombardo di meno di 20mila anime, dove nasce l’1 dicembre 1948, figlio di un muratore ma con le “stimmate regali” dovute ad un curioso aneddoto di cui beneficiarono i suoi avi.

Come lo stesso giocatore ha avuto modo di riferire, il tutto nasce da una visita dell’allora Re d’Italia Vittorio Emanuele II nell’allora campagna bustocca, e, quale riconoscimento per la festosa accoglienza ricevuta, volle donare alle popolazioni locali la possibilità di aggiungere ai propri cognomi l’appellativo regale, così che i Cecconi divennero Re Cecconi, usanza poi tramandatasi anche con la nascita della prima Repubblica.

Ma non è certo l’appellativo nobiliare ad evitare che il giovane Luciano debba dare il proprio contributo alla famiglia, alternando la passione per il pallone al lavoro da carrozziere presso l’officina gestita dal cugino, con la ferma volontà di affermarsi nel mondo del calcio, lui infaticabile corridore di centrocampo.

Cosa che, puntualmente, accade dopo l’esordio non ancora 20enne nelle file della Pro Patria in Serie C, al quale segue un intero Campionato da titolare che lo pone alle attenzioni di varie Società di categoria superiore, tra le quali la spunta il Foggia per assicurarsi le prestazioni di questo giovane maratoneta dai piedi buoni, capace di dare un valido contributo nel settore nevralgico del terreno di gioco.

A volerlo fortemente quale rinforzo dell’undici rossonero pugliese è l’allenatore dei “Satanelli”, ovvero Tommaso Maestrelli, proveniente da un eccellente periodo quadriennale alla guida della Reggina – condotta nel 1965 alla sua prima, “storica” Promozione tra i Cadetti per poi sfiorare, l’anno seguente, quella che sarebbe stata un’impresa davvero clamorosa, vedendo sfuggire la Serie A per un solo punto – e chiamato sulla panchina foggiana con il chiaro compito di riconquistare la Massima Divisione persa due anni prima.

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Acquistato quale rinforzo di un centrocampo in cui dominano l’esperienza di Camozzi (per un biennio alle dipendenze di Maestrelli alla Reggina …) e Majoli, bandiera rossonera di origine veneta, cui si unisce la verve del livornese purosangue Garzelli, il giovane lombardo fatica a ritagliarsi uno spazio, racimolando solo scampoli di partita, subentrando in 9 occasioni dalla panchina sino a fine marzo ’70.

Ma quando la fatica di un Torneo lungo ed estenuante come quello Cadetto inizia a farsi sentire nella testa e nei muscoli dei propri centrocampisti, Maestrelli non si fa scrupoli nel lanciare nella mischia, ad inizio maggio, questo biondino “sette polmoni” che in allenamento non si risparmia, avendone intuito, oltre alle qualità tecniche, anche la forte volontà di affermarsi, così consentendo di far ruotare, a turno, i tre ricordati titolari e portare a conclusione il compito assegnatogli.

L’ottimo finale di Campionato fa sì che Re Cecconi scali le gerarchie nelle preferenze del tecnico, venendo confermato rispetto a Camozzi che prende la strada di Arezzo, così da avere la possibilità di esordire nella Massima Serie il 4 ottobre 1970 allo “Zaccheria”, subentrando a Luigi Villa a 5’ dal termine della sfida con il Milan, conclusa sull’1-1.

Sapiente gestore dei propri giocatori, Maestrelli – già premiato con il “Seminatore d’Oro” nel 1969 – non intende “bruciare” il suo gioiellino, tant’è che la prima volta che lo fa scendere in campo nell’undici titolare avviene solo il successivo 13 dicembre, avversaria tra le mura amiche proprio quella Lazio a cui entrambi resteranno legati per l’eternità, con Re Cecconi a ricompensare il tecnico della scelta sbloccando dopo appena 5’ il risultato per il 5-2 conclusivo che rappresenta, assieme al 3-0 inflitto al Verona una settimana prima, la più larga vittoria stagionale per i rossoneri.

[…]

L’anno seguente, Re Cecconi accumula esperienza con un intero Torneo cadetto da titolare, che vede il Foggia concludere in un’anonima ottava posizione con Puricelli alla guida, in quanto Maestrelli aveva preso proprio la strada di Roma, per portare a termine il compito di far riguadagnare alla Lazio la Massima Divisione appena persa.

E’ una squadra tosta, quella biancoceleste, in cui furoreggia il centravanti Chinaglia, Capocannoniere con 21 reti, ma che per affrontare un Torneo come quello di Serie A ha bisogno, di pochi, ma mirati rinforzi ed ecco quindi, oltre al portiere Felice Pulici – ed ad aver dato fiducia al giovane Oddi quale stopper al posto di Papadopulo, ceduto al Brindisi – approdare nella Capitale l’ala Garlaschelli in luogo di Massa, trasferitosi all’Inter, e, quali componenti la cerniera di centrocampo, l’esperto Frustalupi e quel giovane di cui Maestrelli non si era affatto dimenticato, avendone seguito i progressi nel Campionato Cadetto.

Quella della stagione 1972-’73 è una Lazio “sbarazzina”, partita senza eccessive ambizioni e che per questo, priva di particolari pressioni, gioca un calcio spumeggiante, che la porta, quasi senza accorgersene, a lottare per il titolo fianco a fianco di due “nobili avversarie” quali Juventus e Milan, ritrovandosi a quattro giornate dal termine, dopo aver sconfitto per 2-1 all’Olimpico proprio i rossoneri, appaiata in vetta alla Classifica alla compagine di Rivera & C. con 39 punti, con i bianconeri a due lunghezze di distanza.

La storia poi ricorda come la stagione si sia conclusa con la beffa della “fatal Verona” in casa milanista e la Lazio, sconfitta 0-1 a Napoli all’ultima giornata, a chiudere al terzo posto mentre la Juventus festeggia il suo ennesimo trionfo, ma quel che conta è il fatto che Maestrelli abbia oramai capito che disperdere un capitale di tale qualità sarebbe un delitto, di cui “Cecconetzer” – come era stato soprannominato per una qual certa somiglianza con l’altrettanto biondo fuoriclasse tedesco, nonché per l’instancabile lavoro svolto in mezzo al campo – è oramai divenuto un perno insostituibile, dall’alto delle sue 29 presenze sulle 30 gare in calendario della stagione appena conclusa.

Due soli marginali ritocchi, Petrelli preferito a Facco quale terzino ed il lancio del 19enne Vincenzo D’Amico al posto del tornante Manservisi, ed il gioco è fatto, con un undici titolare praticamente intoccabile, la Lazio affronta il Torneo che la porta alla conquista del suo primo, “storico” Scudetto con una formazione composta da giocatori che non si amano tra loro, divisi in due fazioni e che sono soliti darsele di santa ragione durante le partitelle di allenamento (che il saggio Maestrelli sfrutta per far “sbollire” contrasti e rivalità interne …), ma che divengono un gruppo quanto mai coeso allorché la domenica si deve lottare tutti assieme per un unico, comune obiettivo …

Un percorso che ha però bisogno di prove concrete che ne garantiscano la fattibilità, e dopo che alla terza giornata i biancocelesti inciampano 1-3 al Comunale di Torino contro i Campioni d’Italia, una gara fondamentale diviene la sfida di fine anno che si svolge all’Olimpico, ospite un Milan reduce dal successo per 2-1 a Napoli, mentre la Lazio aveva guadagnato la vetta solitaria della Classifica approfittando dello scivolone bianconero a Cagliari.

I rossoneri – alle prese con beghe dirigenziali interne e che concluderanno la stagione ad un deludente settimo posto – disputano forse la loro miglior partita, fallendo un paio di clamorose occasioni per portarsi in vantaggio e venire quindi puniti al 90’ da una rete siglata proprio da Re Cecconi che sfrutta un lancio in profondità di Frustalupi per incunearsi in area e battere Vecchi da pochi passi, per un successo che consente alla Lazio di estromettere definitivamente il Milan dalla lotta scudetto e di prendere sempre più convinzione nei propri mezzi, quest’ultima poi sancita dalla “restituzione” alla Juventus del 3-1 subito all’andata, nella gara di ritorno del 17 febbraio ’74 all’Olimpico, per poi trovare la relativa ufficialità alla penultima giornata grazie al successo di misura all’Olimpico contro il Foggia.

Per Re Cecconi alla gioia per il titolo si aggiunge anche la soddisfazione di essere selezionato, assieme ai compagni Chinaglia e Wilson, tra i 22 per i, purtroppo amari, Mondiali di Germania ’74 – pur non venendo mai utilizzato, avrà poi modo, con il nuovo Commissario Tecnico Fulvio Bernardini, di vestire in due sole occasioni la maglia azzurra – mentre difficile è confermarsi la stagione successiva, anche se la Lazio è in lotta per il titolo sino a sei giornate dal termine, allorché, approfittando della sconfitta della Juventus nel derby col Torino, riduce a 4 (34 a 30 punti, con il Napoli secondo a 32 …) le lunghezze di distacco dai bianconeri, solo per essere travolta a propria volta 1-5 all’Olimpico dai granata la domenica successiva, in un ambiente irreale, poiché sulla panchina siede Lovati in quanto Maestrelli è costretto a lasciare accusando le prime avvisaglie del male che lo condurrà alla tomba …

Priva del proprio mentore – che grazie all’impresa dell’anno precedente aveva ricevuto il suo secondo “Seminatore d’Oro” – la squadra si sfalda in un amen e, concluso il Campionato in una comunque onorevole quarta posizione, la stagione seguente rischia seriamente la retrocessione, salvandosi solo all’ultima giornata grazie al pareggio per 2-2 ottenuto a Como dopo essere stata in svantaggio 0-2 ed al “favore” dei cugini giallorossi che impattano per 1-1 con l’Ascoli all’Olimpico.

L’estate 1976 è di grandi cambiamenti in casa biancoceleste, soprattutto per l’abbandono di Chinaglia, trasferitosi negli Stati Uniti ai New York Cosmos, nonché per la presenza alla guida del nuovo tecnico Luis Vinicio visto che Maestrelli, che aveva ripreso il suo posto in panchina nella precedente stagione, aveva visto peggiorare le proprie condizioni di salute, e del “Gruppo storico” sono rimasti solo Pulici, Martini, Wilson, D’Amico e Garlaschelli, oltre al 27enne lombardo su cui anche l’allenatore brasiliano fa affidamento.

Ma le prime avvisaglie che sarà una stagione nefasta – non per la Lazio, che conclude il Campionato in un più che soddisfacente quinto posto, lanciando due 20enni di grandi prospettive quali Bruno Giordano e Leonello Manfredonia – giungono a Re Cecconi già alla terza di Campionato.

Dopo aver difatti bagnato l’esordio con una rete capolavoro nel match inaugurale all’Olimpico contro la Juventus – ancorché inutile agli effetti del risultato, con i bianconeri ad imporsi per 3-2 – tre settimane dopo, il 24 ottobre ’76, Re Cecconi subisce un grave infortunio al ginocchio dopo uno scontro con il difensore bolognese Roversi, che lo costringe ad abbandonare il campo dopo 20’ ed ad una lunga assenza dai terreni di gioco per la necessaria riabilitazione.

Periodo durante il quale Re Cecconi ha la possibilità di festeggiare, l’1 dicembre, il suo 28esimo Compleanno, non potendo certo sapere che sarà l’ultimo, una ricorrenza peraltro funestata dal grave lutto che colpisce la “Famiglia biancoceleste” allorché, il giorno dopo all’età di appena 54 anni, Tommaso Maestrelli si arrende al tumore al fegato che lo aveva aggredito, lasciando un vuoto immenso in tutti coloro che ne avevano apprezzato le notevoli doti tecniche ed umane.

La vita, come suole dirsi, deve andare avanti, e per Re Cecconi la ripresa degli allenamenti avviene dopo le festività natalizie, ponendosi come obiettivo per un possibile ritorno in squadra la fine di gennaio ’77, dato che il Calendario, dopo la 13esima giornata in programma il 16 di detto mese, prevede una sosta per una gara della Nazionale.

Ed eccoci, dunque, tornati al punto di partenza, ovverossia alla sera di martedì 18 gennaio 1977 quando Re Cecconi, in compagnia del compagno di squadra Ghedin e del profumiere Giorgio Fraticcioli, amico di entrambi, si reca nella gioielleria gestita dal Tabocchini, al quale il Fraticcioli doveva consegnare dei prodotti.

Che cosa sia esattamente avvenuto, poco dopo le 19,30 di quel tragico martedì non si è mai realmente saputo, dato che le ipotesi e le versioni sono sempre state contrastanti, parlando di un “tragico scherzo” così come di “uno scherzo finito male” ai danni di un negoziante che già aveva subito rapine in passato, senza dimenticare che si sta parlando dell’epoca degli “anni di piombo”, in cui reati del genere venivano compiuti pressoché quotidianamente da frange estremiste di destra e sinistra per procacciarsi il denaro utile a compiere successive azioni eversive.

Vi è anche chi sostiene che il colpo sia partito accidentalmente mentre il Tabocchini stesse mostrando ai presenti la pistola in suo possesso, tutte ipotesi più o meno fondate e/o credibili, anche se l’orario dell’ingresso in gioielleria (tipico per una rapina, essendo prossimo a quello di chiusura …) fa ritenere più probabile come, si sia trattato di uno scherzo o meno, il gioielliere avesse pensato ad un’eventualità del genere ed avesse reagito di conseguenza, con l’arma rivolta verso Re Cecconi in quanto Ghedin avrebbe, a differenza del compagno di squadra, alzato le mani.

Tesi, quest’ultima, sostenuta dai Legali del Tabocchini, il quale, arrestato per il reato di “eccesso colposo di legittima difesa”, viene successivamente assolto in sede processuale con la motivazione di “aver sparato per legittima difesa putativa”, sentenza alla quale, nonostante il parere contrario del Pubblico Ministero Franco Marrone, la Procura di Roma decide di non fare ricorso in appello.

Tanto, la vita al povero Luciano non l’avrebbe mai più nessuno restituita, così come un padre ed un marito alla sua famiglia, e mentre per chi volesse approfondire la vicenda esistono due libri al riguardo, “Aveva un volto bianco e tirato – il caso Re Cecconi” di Guy Chiappaventi e “Non scherzo. Re Cecconi 1977, la verità calpestata” di Maurizio Martucci, a noi piace ricordarlo con un’immagine, romantica quanto volete, ma che ne ripercorre la breve, ma intensa carriera …

Vale a dire, vederlo trasformato in un Angelo che, sulla soglia del Paradiso, trova ad attenderlo il suo “padre putativo” Tommaso Maestrelli che, con la sua consumata bonarietà e pacatezza, lo accoglie con un: “Lucianino mio, ma che hai combinato …!!

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