Il talento di Robin Friday
“Perché la vita è un brivido che vola via
È tutto un equilibrio sopra la follia
Sopra follia”
(Sally – Vasco Rossi,1996)
The greatest footballer you never saw.
Il più grande calciatore che non avete mai visto. S’intitola così un libro scritto dall’ex bassista degli Oasis- Paul McGuigan- e da Paolo Hewitt ed è interamente dedicato a Robin Friday. Pochi di voi lo avranno sentito nominare, e devo ammettere che anch’io mi sono imbattuto in lui per caso. La sua storia è un qualcosa di impensabile. Sembra uscita da un copione di film (che pure pare sia stato in cantiere, con Sam Claflin nei suoi panni) ma invece è tremendamente reale, fino all’ultimo eccesso, fino all’ultimo dribbling, all’ultima droga provata, all’ultimo goal segnato, fino all’ultima sua bravata. Tanto da farlo votare, da France Football, come il giocatore piu cattivo mai esistito. Eppure, pur non calcando i grandi palcoscenici, in Inghilterra lo ricordano come fuoriclasse assoluto!
Se George Best, grandissimo del calcio, era considerato il quinto Beatle, lui viene considerato il sesto, senza ombra di dubbio. In comune hanno tre cose: l’essere britannici, la follia nella vita e la fantasia nel calcio. Per qualcuno Robin era addirittura migliore dell’immenso George. Bill Shankly, allenatore del Liverpool dal 1959 al 1974 e iniziatore del ciclo più vittorioso della storia della squadra inglese, disse “Robin Friday inizia dove finisce George Best”.
Sesso, droga e rock ‘n roll in campo.
Robin Friday nacque ad Acton, un quartiere problematico nella periferia ad ovest di Londra dimostrando subito di avere un grandissimo talento quando da bambino riusciva a palleggiare con qualsiasi cosa, dalla gomma per cancellare alle arance. Entrò nelle giovanili del Crystal Palace, poi in quelle del QPR e infine in quelle nel Chelsea, ma era fuori dal campo che riusciva a dare il “meglio” di sé: furti, spaccio, scippi, le prime droghe minori, in un continuo tragitto casa-prigione e viceversa. A 16 anni, arrestato mentre stava rubando un’autoradio, viene condannato ad un anno di riformatorio. Il direttore del riformatorio lo prende a simpatia, capendo le problematiche di quel giovane particolare ma anche il suo grande talento. E decide di dargli una possibilità. Robin ottenne così il permesso di potersi allenare con le giovanili del Reading per tre pomeriggi alla settimana e poi rientrare in cella a dormire.
Nei suoi allenamenti dimostrò di essere un calciatore di un’altra categoria: finte, dribbling, tunnel, gol (tantissimi) e assist nonostante sia, e lo resterà, un individualista. Deride i compagni di squadra, li schernisce, il suo unico schema è quello illustrato da Pelè nel film “Fuga per la Vittoria”: palla a lui e li dribbla tutti! Tornato libero, incontra due donne: la prima è la droga, che da allora chiama La Signora, e la seconda una giovane ragazza di colore di nome Maxine.
Robin se ne innamorò e, dopo averla messa incinta, i due si sposarono fregandosene dei pregiudizi razziali del tempo. Piccolissimo dettaglio: Robin aveva 17 anni ed era disoccupato. Trova una squadra, il Walthamston Avenue, squadra semiprofessionista, che gli offre un premio partita e un lavoro come asfaltatore e con quello, per un po’ di tempo mantiene moglie e figlio. Nonostante l’utilizzo di droghe, liquori a profusione e altri vizi in campo continua a regalare magie e a segnare valanghe di gol.
All’Hayes
Passa, nel 1971, all’Hayes, che gli offre di piu’. Robin continua a seminare avversari, segnare gol, e ingurgitare veleni di ogni tipo. Dopo uno di questi “sballi”salì su un tetto e, inciampando, cadde da un altezza di almeno cinque metri, colpendo in pieno un palo che gli perfora una natica e per poco non gli trapassa i polmoni. Incominciano 4 lunghi mesi di convalescenza e finalmente arriva il giorno del rientro in campo. L’allenatore ha deciso di schierarlo dal primo minuto. Ma Robin ha deciso altrimenti: lo trovano in un pub accanto allo stadio a bere e a parlare con un posacenere.
Lo portano di forza in campo e lui, strafatto di solo Dio sa cosa, cammina per il campo come un morto vivente. I giocatori avversari lo deridono, i compagni lo ignorano. Ma all’80° succede che il pallone gli capita, per caso fra i piedi. Lui fa quello che gli riesce meglio, oltre a rovinarsi. Calcia al volo dal limite dell’area e segna. L’Hayes vince 1-0! Tifosi in delirio, compagni che lo vogliono abbracciare, ma lui si dirige verso l’allenatore e gli urla in faccia “La prossima volta vedi di non rompermi i coglioni!”
Al Reading
Di lui si innamora l’allenatore del Reading, Charlie Hurley, e contro tutto e tutti, decide di dare una possibilità a quel centravanti capellone dalle folte basette. E’ il 1974. Firma il primo contratto da semiprofessionista, continuando a lavorare. L’ impatto con la nuova realtà non fu dei migliori. Non ci mette molto a farsi conoscere e lo fa alla sua maniera: Il primo giorno, Robin chiede ad un dirigente della squadra in quale posto può trovare “roba migliore” !. Il Reading non naviga in buone acque e Robin è aggregato solo alla squadra riserve. Charlie Hurley, come ultima speranza, decide di sfruttare il talento di quel matto scriteriato. Mancano 14 partite. Robin lo ripaga con un calcio da favola e gol incredibili, diventando ben presto l’idolo dei tifosi e il Reading si salva.
La stagione ’74/’75 lo vide andare a segno per ben 18 volte vincendo il premio di giocatore dell’anno, ma fu la stagione successiva che lo consacrò definitivamente. 22 gol tra cui uno splendido: Friday controlla con il petto e calcia in rovesciata da fermo senza guardare la porta alle sue spalle. A fine partita l’arbitro si complimentò dicendogli che era il gol più bello che avesse mai visto. “Ah sì – rispose Robin – dovresti venire a vedermi più spesso”. Grazie alle sue magie, il Reading fu promosso in 3rd Division. Robin festeggiò la promozione baciando un poliziotto. “Era l’unico serio in tutto lo stadio. Però mi sono pentito subito di averlo baciato. Io odio i poliziotti!”. Il Reading sapeva di avere in casa un autentico fenomeno, ma completamente ingestibile.
Tra i tanti Robin ha un altro grandissimo difetto: non vuole che qualcuno gli dica cosa deve o non deve fare ! E lui continua ad accoppiare miracoli in campo e sregolatezze fuori. Sheffield United e Arsenal chiesero delle informazioni su di lui senza però presentare un’offerta concreta, probabilmente sconvolti dalle follie extracalcistiche di Robin. Una sera gli venne in mente, in una discoteca, ubriaco fradicio, di inventare The Elephant: facile per lui come segnare un gol! Tirò in fuori le tasche dell’impermeabile, tirò fuori il pene ed ecco che, con un po’ di fantasia, potete vedere la testa di un elefante! Un’ altra volta, al ritorno da una trasferta Robin fece fermare il pullman della squadra vicino ad un cimitero. Rubò delle decorazioni ad una tomba e le sistemò intorno al suo presidente che stava dormendo!
Se Gigi Meroni camminava con la gallina, lui si presentò con un cigno al guinzaglio. Durante una partita vide uno spettatore che stava bevendo del whisky. Gli venne naturale chiedergli un sorso, raggiungendolo in curva. Una altra volta chiese al pubblico il risultato della partita che stava giocando. Contro il Mansfield dopo essere stato sostituito entrò nello spogliatoio avversario, si abbassò i pantaloncini e defecò nel mezzo della stanza. Robin, intanto, si era persino sposato per la seconda volta. Il matrimonio fu qualcosa di epico: prima della cerimonia fu beccato fuori dalla chiesa a rollarsi una canna. Il rinfresco finì in rissa con gli invitati che, totalmente ubriachi, prima spaccarono tutto e poi, prima di andarsene, rubarono parte dei regali di nozze tra cui svariati chili di marijuana.
A Cardiff
Le pazzie erano troppe anche per Charlie Hurley, l’unico che lo aveva sempre difeso e per cui Robin, in fondo, nutriva qualcosa di molto simile al rispetto. Alla fine fu ceduto al Cardiff City, squadra di 2nd Division, che era convinta di rimettere il ragazzo sulla retta via. Illusi! Non era ancora arrivato in Galles, che fu arrestato perché beccato in treno senza biglietto. La cosa non lo sconvolse, anzi, gli fece balenare un’altra delle sue folli idee! . Ogni giorno andava agli allenamenti in treno fingendosi il controllore chiedendo ai passeggeri di fargli vedere il biglietto obliterato, il tutto al fine di intascarsene due, uno per l’andata e uno per il ritorno.
Il suo esordio avvenne contro il Fulham del mitico Bobby Moore, il football per eccellenza, l’immortale capitano dell’Inghilterra al Mondiale ’66. Robin Friday era così felice di affrontarlo, e strafatto con ben sedici pinte di birra, che prima segnò una doppietta e poi gli strizzò i testicoli ! Ma gli mancava casa sua, i pusher che conosceva a menadito, i pub che non aspettavano che lui per svuotare le cantine. E così l’esperienza al Cardiff non fu eccezionale. Saltava diversi allenamenti, ad ogni partita riusciva sempre a scatenare almeno un paio di risse con gli avversari e a volte anche con i compagni, venne trovato nudo e svenuto negli hotel dove la squadra andava in ritiro e più volte ed era oramai diventato il miglior cliente dei pub gallesi.
Nonostante questo arriva il momento della storia che lo consegnerà per sempre alla leggenda. E’ 16 aprile 1977. Il Cardiff in piena zona retrocessione affrontava in casa il Luton Town che viceversa era nelle zone alte della classifica. Robin, in una delle sue classiche giornate no, fu lanciato in profondità da un compagno e si scontrò fortuitamente contro il portiere avversario Milija Aleksic. Friday, stranamente, per il tipo che era, allungò la mano per chiedere scusa, ma Aleksic rifiutò la stretta e fece ripartire il gioco. Mai svegliare il can che dorme! La scintilla si accende in Robin. Come un dio greco furioso decide di scendere dall’Olimpo della sua vita dissoluta tra Bacco e Venere e scendere nei più umani terreni di gioco calcistici.
Rincorre il difensore , riprende il pallone, ne salta un altro e si ritrovò a tu per tu col portiere. Dribbling secco, Aleksic col sedere per terra e gol a porta vuota. Nel festeggiare, Robin mostrò allo sconsolato Aleksic le due dita a V, simbolo che nei paesi anglosassoni indica un bel vaffanculo. Quel momento fu immortalato dai fotografi e la foto fece il giro del mondo. Diventò addirittura la copertina di un singolo dei Super Furry Animals, gruppo rock gallese, intitolato The Man Don’t Give a Fuck. Il Cardiff si salvò, ma la stagione successiva iniziò nel peggiore dei modi per Friday che si ammalò di un misteriosissimo virus. Perse una quindicina di chili e restò lontano dal campo per i primi tre mesi.
La partita del rientro fu una trasferta a Brighton. E come per tutti gli esordi o i ritorni in campo, Robin decise di lasciare il marchio anche in quella partita. Lo marcava un rude difensore, quel Mark Lawrenson (che farà un ottima carriera al Liverpool vincendo tutto), stopper alla vecchia maniera, che non toglieva mai la gamba nei contrasti con entrate al limite del codice penale. Dopo essere stato malmenato per tutta la partita, Robin, frustrato ed incazzato, approfittò dell’ennesima scivolata assassina di Lawrenson per colpirlo con un calcio in bocca. Espulso, naturalmente! Uscito dal campo, la sua follia si espresse in un déja-vu: si diresse verso lo spogliatoio del Brighton e, proprio come fece contro il Mansfield, si abbassò i pantaloncini e defecò nella borsa di Lawrenson.
Il ritiro e la fine.
A fine stagione, mentre stava divorziando anche dalla seconda moglie che gli aveva dato un secondo figlio, Robin Friday annunciò il proprio ritiro a soli 25 anni perché stanco di quel mondo pieno di gente che gli diceva cosa doveva fare. Detto da uno che non li aveva mai ascoltati, è comico! Tornò ad Acton, e ricominciò a lavorare come asfaltatore. Non gli dispiaceva, anzi! Finalmente poteva bere quanto poteva, drogarsi quanto voleva e andare a prostitute quanto doveva.
Era “padrone” della sua vita più che mai. E dei suoi casini. Si sposò per la terza volta e dopo tre anni divorziò ancora. Andò a vivere in una casa popolare e fu arrestato perché travestito da poliziotto sequestrò a degli spacciatori un’ingente somma di droga per poterla poi consumare in privato. Sostenne un provino con il Bradford però al momento di firmare il contratto si tirò indietro e non se ne fece di nulla.
Fu cercato anche dal Reading dopo una raccolta di firme da parte dei tifosi per riportarlo in squadra. Ad un allenatore, che si presentò a casa sua per vedere le sue condizioni, alla domanda di quanti anni aveva, Robin gli rispose “Ho la metà dei tuoi anni, ma ho vissuto il doppio di te. Il 22 Dicembre del 1990, a soli 38 anni il suo corpo fu trovato senza vita in un solitario appartamento nella sua Acton. Arresto cardiaco dovuto ad un overdose. La Signora, l’unica donna che gli rimasta sempre vicino, aveva deciso di portarlo via con sé.
Un talento sprecato.
Questo era Robin Friday. Un calciatore diventato leggenda pur giocando soltanto per cinque stagioni, non avendo mai vinto un trofeo e non giocando neppure un minuto in First Division, conosciuta oggi come Premier League. Un record, in fin dei conti. Robin è rimasto nei ricordi dei suoi tifosi perché sarà per sempre quel ragazzo che giocava senza parastinchi per proteggersi dai falli degli avversari, che segnava gol sensazionali, come quando contro l’Exeter si beve l’intera difesa da solo prima di segnare con un rasoterra imparabile. Era, soprattutto, quel ragazzo, un pò matto, molto folle, che non mollava mai, che ogni volta che veniva steso dagli avversari si rialzava più forte di prima, come contro il Lincoln, rientrando in campo ancora più determinato e segnando le due reti della vittoria, la dove altri avrebbero mollato per paura di rimetterci una gamba.
Un calciatore che non è diventato grande soltanto perché non ha mai voluto esserlo, preferendo vivere la sua vita così come la voleva, piena di eccessi fuori e dentro il campo. Dopo tutto lui sapeva di esserlo, grande. E la sua grandezza e, al contempo, la sua debolezza era racchiusa tutta in questa frase: “Sul campo odio tutti gli avversari. Non mi importa niente di nessuno. La gente pensa che sono pazzo, lunatico. Io sono un vincente.”
GLIEROIDELCALCIO.COM (Antonio Mattera)