“Come andò con la Juventus? Giocavamo nella Cattolica Virtus a Firenze. Gli osservatori delle squadre venivano a vederci. Paolo aveva 14 anni, io 16. In quel periodo, per la Juve in Toscana c’era Luciano Moggi, che ci segnalò. Di calcio ne capiva. Ci fanno tanti provini, si fa due-tre gol, e loro: “Ok così…”. Avevano già visto di che stoffa era Paolo. Ma mia mamma non ci voleva mandare a Torino. Le sembrava troppo distante e sapendo soprattutto il mio carattere aveva paura che ci smarrissimo. Il suo desiderio era quello di farci rimanere qui e andare a giocare a Firenze. Noi si era tifosi della Fiorentina. Invece i dirigenti della Cattolica Virtus vanno a Torino e fanno una trattativa. Il mio babbo indicò una cifra spropositata: “voi chiedetegli questa cifra… Sicuramente dicono di no e i ragazzi restano a casa”.
“Dopo mezz’ora gli ritelefona un dirigente: “Sai Vittorio? Non hanno neanche battuto ciglio, hanno detto di sì subito”. All’inizio sono andato io, poi ci siamo scambiati. Per Paolo è stato un periodo brutto: ha subito delle operazioni dai 16 ai 18 anni, tre menischi gli hanno tolto. Aveva nostalgia di casa ma era tanto tenace, determinato e ha proseguito nella carriera”. Ha concluso il fratello del compianto Pablito.