MEDIAPOLITIKA.COM (Marco Milan) – 16 maggio 1999, 33° e penultima giornata del campionato di serie A, minuto 94 di Bologna-Sampdoria: il centrocampista svedese del Bologna Klas Ingesson è sul dischetto del rigore, pronto a trasformare la massima punizione che potrebbe valere il 2-2 e condannare la Sampdoria alla retrocessione in serie B dopo quasi vent’anni, uno scudetto e varie coppe nazionali ed internazionali. Riavvolgendo il nastro è possibile capire come quella squadra sia stata capace di giungere a quell’epilogo nonostante un organico di tutto rispetto.
La Sampdoria che ha chiuso la stagione 1997-98 non è certo quella dei fasti di fine anni ottanta-inizio novanta, quando Vialli e Mancini portavano a casa il primo ed unico scudetto della storia doriana, capitanati da Vujadin Boskov in panchina e dal presidente Paolo Mantovani, il vero artefice di quella meravigliosa e forse irripetibile squadra. Al timone del club ligure c’è ora un altro Mantovani, Enrico, che ha entusiasmo e mezzi economici ma non il carisma del papà; la Sampdoria ha perso posizioni nelle gerarchie della serie A, pur mantenendosi fra le prime del campionato italiano, partecipando con costanza alle coppe europee. Nell’estate del 1998, il presidente sampdoriano vuole attuare un processo di ringiovanimento della squadra e ricostruire un gruppo solido e vincente, possibilmente più motivato rispetto a quello che nell’ultima annata ha chiuso il campionato a metà classifica con 48 punti, a pari merito col Bologna e con conseguente partecipazione alla Coppa Intertoto (che si disputa d’estate) che può valere l’accesso in Uefa.
In panchina è stato chiamato Luciano Spalletti, giovane tecnico toscano, reduce da tre anni eccellenti alla guida dell’Empoli, portato prima dalla C1 alla B, poi subito in serie A ed infine condotto ad una brillante salvezza in massima serie con un gruppo giovane e determinato. A Mantovani piace il carattere di Spalletti, così come ottime sono le referenze dell’allenatore, preparatissimo dal punto di vista tattico e molto propenso al gioco offensivo; sembra lui l’ideale guida tecnica di una Sampdoria che ha salutato qualche senatore, acquistando calciatori di prospettiva in Italia e all’estero, come l’attaccante Palmieri dal Lecce e l’estroso fantasista argentino Ariel Ortega. Ma, soprattutto, la Sampdoria ha tenuto in squadra Vincenzo Montella, centravanti fra i migliori del campionato e capace di far gol a raffica grazie alla sua tecnica e al suo innato fiuto del gol. Una squadra così allestita non potrà certo lottare per lo scudetto o per i primi posti, ma un piazzamento in Coppa Uefa può plausibilmente apparire alla portata dei genovesi.
La stagione, però, non parte benissimo: dopo aver passato i primi turni dell’Intertoto, infatti, la Sampdoria viene beffata proprio dai connazionali del Bologna che saranno nel corso dell’anno i grandi giustizieri dei blucerchiati, sia in campionato che in Coppa Italia. “Abbiamo pagato l’inesperienza”, dirà Spalletti al termine del doppio confronto con gli emiliani, anche perchè nessuno in pieno agosto può ancora fiutare il dramma sportivo a cui la Genova blucerchiata sta per andare incontro. L’esordio in campionato è discreto, sabato 12 settembre 1998 la Sampdoria pareggia 2-2 a Udine e recrimina per il 2-1 siglato da Montella e mantenuto per pochissimi minuti; ma la squadra di Spalletti lascia buone sensazioni, si vede che è una formazione giovane e con voglia di fare, forse i primi risultati poco incoraggianti possono fungere da palestra per quando la stagione arriverà ai momenti decisivi in primavera. Alla seconda giornata, il Perugia strappa l’1-1 a Marassi ed ancora una volta la Samp non riesce a mantenere il vantaggio, stavolta firmato dal centrocampista francese Laigle. Il 27 settembre, alla terza giornata, il campanello d’allarme suona come una sirena impazzita in casa doriana: la compagine di Spalletti cade 5-0 a Cagliari in casa di una neopromossa e la panchina del tecnico toscano comincia a scricchiolare, almeno secondo la stampa.
Ci pensa il presidente Mantovani a rassicurare ambiente ed allenatore: “Siamo solo all’inizio – dice dopo il ko del Sant’Elia – dateci tempo e fiducia, lo stesso che noi stiamo dando a Spalletti”. E il patron ligure sembra aver ragione poichè appena una settimana dopo la Sampdoria batte 2-1 in rimonta la Roma grazie ai gol di Palmieri e Iacopino, autore di un gol da cineteca su calcio di punizione. E’ forse la grande illusione del popolo doriano che non riesce a capire che la casa costruita in estate non ha fondamenta, anzi, l’unico muro portante sta venendo pericolosamente giù perchè Vincenzo Montella, il bomber della squadra, si è fatto male e ne avrà per diversi mesi; l’attacco si poggia così su Palmieri (che non è esattamente un goleador) e sul talento di Ortega che di qualità ne ha tanta, di continuità molta meno. Un rigore dell’argentino non evita la sconfitta per 4-1 rimediata a Piacenza, mentre una doppietta dell’ex leccese regala il secondo successo nella sfida casalinga contro l’Empoli, battuto 3-0 dall’ex di giornata Spalletti, un po’ più saldo in panchina dopo la vittoria sulla Salernitana, inframezzata dai due ko contro Juventus ed Inter in trasferta, messi ampiamente in preventivo.
Dopo 10 giornate ed oltre tre mesi di lavoro, la Sampdoria è al 12.mo posto della classifica con 12 punti, a sole due lunghezze dalla zona retrocessione ma anche a due dalla qualificazione in Coppa Uefa. Fino a Natale i blucerchiati non vincono mai e la svolta a metà dicembre prova a darla la società con l’esonero di Spalletti (comunicato al tecnico in pullman) a seguito del 5-2 subìto con la Lazio e l’avvento dell’inglese David Platt che la Sampdoria la conosceva già da calciatore ad inizio anni novanta. Il nuovo allenatore (affiancato dal più esperto Veneri poichè sprovvisto di patentino) esordisce con un incoraggiante 2-2 casalingo contro il Milan, rimontato per due volte dai gol di Palmieri ed Ortega. L’anno nuovo si apre con la sconfitta in casa della capolista Fiorentina (1-0) e con lo scialbo 1-1 casalingo contro il Bologna che fa precipitare la Samp al quart’ultimo posto della classifica alla pari del Vicenza; l’impressione è che i liguri debbano riporre nel cassetto i sogni europei e cominciare seriamente a difendersi dalle minacce dei bassifondi, soprattutto perchè i vari Empoli, Venezia e Salernitana sanno sin dall’inizio di dover lottare per la sopravvivenza, mentre la Sampdoria rischia di ritrovarsi a mendicare la carità con addosso lo smoking ancora fresco di tintoria, il che non aiuta.
Platt fa quel che può, troppo poco a dire il vero: la Sampdoria chiude il mese di gennaio perdendo 3-1 a Bari, pareggiando a Genova con l’Udinese nel giorno dell’esordio dei due nuovi acquisti, l’inglese Sharpe e il brasiliano Doriva, e perdendo 2-0 a Perugia un fondamentale scontro diretto in chiave salvezza. Lunedì 1 febbraio 1999 la classifica dice che la Sampdoria ha 16 punti, gli stessi di Vicenza e Salernitana, meglio solamente dell’Empoli ultimo che ne ha collezionati 15 e a tre lunghezze dalla zona salvezza, occupata dalla coppia Piacenza-Venezia. La società riflette ma conferma la fiducia a Platt che però, un po’ a sorpresa, il 3 febbraio rassegna le dimissioni e lascia Genova dopo 6 partite e nessuna vittoria; torna Spalletti che nella conferenza stampa di presentazione si dice sicuro di riuscire a salvare questa squadra. Il nuovo debutto dell’allenatore di Certaldo coincide con lo 0-0 casalingo contro il Cagliari, ma un raggio di luce in casa doriana si intravede, un po’ perchè Spalletti appare più rassicurante dell’inesperto Platt ed un po’ perchè l’infortunio di Montella è alle spalle e il bomber campano è pronto per riprendersi il posto in campo ed aiutare la Sampdoria a salvarsi per poi volare verso la Roma, squadra che ne sta ormai definendo l’acquisto per l’anno successivo.
E in effetti Montella torna e la Sampdoria riconquista la vittoria, per di più facendo suo un confronto diretto importantissimo contro il Piacenza, battuto 3-2 dalle reti proprio del centravanti napoletano, di Laigle e di Ortega. E non finisce qui, come amava dire Corrado Mantoni alla Corrida, perchè una settimana più tardi i blucerchiati vincono un’altra gara fondamentale, sbancando Empoli per 1-0 grazie ad un gol di Pecchia nel primo tempo; ora la classifica sorride un po’ di più ed i 23 punti incamerati permettono ai genovesi di mettersi 4 squadre alle spalle e guardare con maggior serenità alle ultime 11 partite di un campionato travagliato ma ancora tutto sommato salvabile. Anche gli esperti collocano la Sampdoria come una delle favorite per salvarsi, il ritorno di Montella, dicono, è di vitale importanza per Spalletti che grazie ai ritrovati gol del centravanti può dormire sonni meno agitati. I fatti, in verità, danno ragione a tali affermazioni perchè la Samp contro la Juventus gioca una signora partita, segna con Ortega e solo nel finale viene ribaltata dalle reti di Amoruso ed Inzaghi, lasciando però un’ottima impressione negli occhi di chi era a Marassi la sera del 7 marzo.
Le due settimane che seguono spiegano molto della stagione da montagne russe di una Sampdoria indecifrabile: prima arriva la pesantissima sconfitta patita a Salerno (2-0), quindi i liguri si rifanno con gli interessi 7 giorni dopo travolgendo a Marassi l’Inter per 4-0 con tripletta di Montella e meraviglioso sigillo finale di Ortega, in gol con un sontuoso pallonetto di esterno destro dal limite dell’area. E’ probabilmente l’ultimo grande miraggio della squadra di Spalletti, convinta di poter uscire dai guai a suo piacimento, come un tossicodipendente che dice spavaldo “smetto quando voglio”. A complicare i piani della Sampdoria, ci si mette anche un calendario beffardo, ma soprattutto l’incapacità della formazione blucerchiata di assestare il colpo decisivo per risollevare la classifica: dopo il poker inflitto all’Inter, infatti, ecco il ko di Vicenza che rianima i veneti che agganciano a 26 punti proprio i sampdoriani che, viceversa, vincendo avrebbero affossato probabilmente in maniera definitiva i rivali. Il drammatico 2-1 a Marassi contro il Venezia restituisce fiato ad una Sampdoria sempre più impaurita ma capace di andare a Parma a strappare un promettente 1-1 grazie all’ennesimo centro di un Montella ritrovato e ristabilito. “Dio solo sa quanto ci è mancato il marziano“, sospira Spalletti nella sala stampa dello stadio Tardini, riferendosi al bomber campano.
Cinque giornate al termine del campionato, 15 punti in palio ed un calendario complicato: la Sampdoria, nonostante la fiducia, sa di correre contro sè stessa e la sua paura, sa che nei due turni che seguono affronterà prima e seconda della classe, prima la Lazio a Genova e poi il Milan a San Siro. La sfida ai biancocelesti è tutta grinta e carattere per la Samp, battuta da un guizzo di Christian Vieri a mezz’ora dalla fine, mentre Milan-Sampdoria del 2 maggio 1999 rappresenta la fotografia estrema ma perfettamente emblematica dell’intera annata doriana, una partita epica, leggendaria ma terribilmente drammatica per la squadra di Spalletti. La Sampdoria va a San Siro carica di orgoglio, scende in campo col coltello fra i denti, impavida ed incurante di uno stadio pieno e di un avversario che si sta giocando lo scudetto; se ne infischia la Samp dello scudetto inseguito dal Milan, i blucerchiati si giocano una fetta importantissima di una corsa salvezza sempre più circoscritta e nella quale commettere errori può essere a quel punto fatale per chiunque, specie per chi, come i liguri, ha appena 30 punti in classifica.
Si capisce subito che la Sampdoria ha un piglio migliore rispetto ad un Milan stranamente compassato ed indolente. Montella è una furia e fa il diavolo a quattro in casa di chi, per classifica oltre che per stemma, diavolo lo dovrebbe essere per davvero. Ma, nel momento migliore della Samp, Ambrosini lascia partire dal limite dell’area di rigore un sinistro potente e preciso che batte Ferron e porta in vantaggio i rossoneri; per la squadra di Spalletti tutto si complica, anche perchè alla fine del primo tempo il difensore ivoriano Lassissi si fa buttare fuori per un ingenuo fallo da ultimo uomo su Maurizio Ganz lanciato a rete. Sotto di un gol e di un uomo, per la Sampdoria le speranze sembrano esaurirsi qui; nulla di più sbagliato perchè al ritorno in campo i blucerchiati rientrano col sangue agli occhi e pareggiano quasi subito con Montella, poi si gettano in avanti a caccia del vantaggio. Al 78′ una punizione di Leonardo riporta avanti un Milan sempre più immeritatamente vicino alla vittoria, ma l’indomita Samp raccoglie le ultime forze rimaste e pareggia ancora col difensore Franceschetti all’85’. Poi la partita si sposta da San Siro ai confini della realtà, alla saga dell’assurdo: a ridosso del recupero, prima la Sampdoria ha una colossale palla gol per vincere la partita quando il brasiliano Catè e Pecchia partono in contropiede due contro nessuno e l’attaccante sudamericano si fa rimontare anzichè servire il compagno solo davanti la porta. Poi, al minuto 95, una palla gettata in area da calcio d’angolo pesca Ganz che con una rovesciata di sinistro colpisce il gomito di Castellini spiazzando Ferron: 3-2 per il Milan, aggrappato ancora allo scudetto e killer spietato di una Sampdoria ormai quasi condannata.
I blucerchiati non sanno cosa dire a fine partita, Spalletti allarga le braccia e sorride sarcastico, Franceschetti impreca come un ossesso negli spogliatoi, poi davanti ai microfoni è più riflessivo: “Oggi avremmo meritato 3 punti, alla fine ci saremmo accontentati di uno, ne abbiamo raccolti zero. Andiamo avanti”. Sì, va avanti lo stesso la Sampdoria, ora penultima in classifica a quota 30 punti, a 4 lunghezze dalla zona salvezza ma con la possibilità, vincendo con la Fiorentina, poi a Bologna e infine contro il Bari di capitalizzare lo scontro diretto fra Piacenza e Salernitana in programma all’ultima giornata. I doriani fanno il proprio dovere contro la Fiorentina, battuta con indicibile sofferenza 3-2, mentre Salernitana e Vicenza perdono, e il Piacenza vince. L’ultimo barlume di speranza per la Sampdoria è vincere a Bologna e sperare, crederci fin quando c’è possibilità, almeno fin quando la matematica lascerà in gioco gli uomini di Spalletti, anche perchè il confronto fra Salernitana e Vicenza potrebbe togliere punti a qualcuno, se non ad entrambi. Tutto fa brodo, insomma, e la Sampdoria si appresta a vivere altre due settimane di passione di un’annata perennemente in sofferenza.
C’è caldo ma poco sole al Dall’Ara di Bologna domenica 16 maggio 1999 quando Bologna e Sampdoria scendono in campo per una gara utile solo ai liguri, coi felsinei già scottati dalla tremenda eliminazione in semifinale di Coppa Uefa e con la possibilità di agguantare l’Europa solo tramite lo spareggio. Per la Sampdoria c’è invece in gioco una stagione intera, tutto o quasi in 90 minuti, col sostegno di una tifoseria encomiabile che riempie lo spicchio di stadio riservato agli ospiti; pronti via e subito Montella colpisce il Bologna su punizione: 0-1 al 4′. Si mette bene per i doriani che reagiscono anche al pareggio bolognese firmato dallo svedese Ingesson, ritrovando il vantaggio prima dell’intervallo sempre col proprio centravanti: 2-1 e salvezza ancora possibile. Nel secondo tempo il Bologna non sembra voler andare all’arrembaggio, mentre la Sampdoria appare più interessata ai risultati che provengono da Salerno, da Udine (dove gioca il Perugia) e da Parma (dove è di scena il Piacenza) rispetto a quanto non voglia fare in campo. La partita, dunque, si trascina stancamente verso il triplice fischio dell’arbitro Trentalange, con tutti pronti a fine gara a stilare tabelle e schemi in vista della volata salvezza dell’ultima giornata. Ma il destino vuole che il giustiziere della Sampdoria sia sempre il Bologna, come nell’Intertoto, come in Coppa Italia: al 93′, infatti, il russo Simutenkov scappa in area alla guardia di Sakic che, ingenuamente ma in fondo venialmente, gli mette una mano sulla spalla; l’attaccante sovietico cade e il direttore di gara torinese decreta il calcio di rigore.
Attimi di disperazione in casa blucerchiata, un panico che porta i calciatori a scagliarsi contro l’arbitro prima e contro Giuseppe Signori poi, il quale, forse memore della sua precedente esperienza sampdoriana, lascia il tiro ad Ingesson a cui alcuni avversari iniziano a chiedere, quasi supplicandolo, di non fare gol. Ma il centrocampista è svedese, ligio al dovere e alle regole, non ascolta neanche quello che gli sussurrano, va deciso sul dischetto, piazza il pallone e poi lo calcia alla sinistra di Ferron che, viceversa, si butta a destra: 2-2 al 94′ inoltrato, ormai il tempo è finito, ormai la speranza è svanita. La Sampdoria retrocede in serie B dopo 17 anni e al termine di un campionato dai risvolti drammatici ed impronosticabili, buttato via da una squadra con un organico decisamente superiore alle concorrenti, ma mal sfruttato.
Lo stop prolungato di Montella (12 gol a fine torneo, 6 solo nelle ultime 5 partite) non ha aiutato, così come il difficile calendario finale, quando però una Sampdoria più attenta avrebbe potuto arrivare anche col margine sufficiente per evitare brutte sorprese. Sampdoria-Bari 1-0 (rete di Doriva nel primo tempo) chiude davanti a pochi intimi un calvario durato 9 mesi, un incubo da cui a Genova non sono riusciti a svegliarsi; ci vorranno ben 5 anni per rivedere la Sampdoria in serie A, risorta dalle ceneri della gestione Mantovani grazie a Riccardo Garrone, l’uomo che riporterà i blucerchiati anche in Europa. L’anno orribile 1998-99 resta ancora oggi una sorta di mistero sportivo per i sampdoriani, partiti per raggiungere la qualificazione alle coppe europee e sprofondati invece all’Inferno.
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