Storie di Calcio

25 febbraio 1965 – Nasce il “Cobra” Sandro Tovalieri

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GLIEROIDELCALCIO.COM (Susanna Marcellini) – Compie 55 anni ma se ne sente ancora 20, il Cobra, Sandro Tovalieri. Se gli chiedi di parlare della sua carriera parte da una notte speciale quella di Roma Ascoli di Coppa Italia. Era il 1985 finì 3 a 0 e Sandro ne fece proprio 3 davanti a quasi 50mila spettatori. “Una serata incredibile, feci tre gol e il giorno seguente mi trovai su tutti i giornali. Ti cambia la vita e se non hai la testa sulle spalle rischi di fare cazzate. Non che io non ne abbia fatte” aggiunge sorridendo dopo un momento di pausa.

Della sua carriera ricorda tante cose e non potrebbe che essere diverso visto le piazze in cui ha militato: Roma, certo. Ma anche, e forse soprattutto, Pescara, Arezzo, Avellino, Ancona, Bari, Bergamo, Reggio Emilia, Cagliari, Genova, Perugia, Terni. Sono queste, in rigoroso ordine di apparizione, le dodici città in cui il Cobra ha lasciato il segno. A lui sono dedicate canzoni rap, pizze speciali e birre artigianali. Ha amato ogni squadra di cui ricorda tutto, ed è stato amato da tutti i tifosi che lo ricordano ancora con affetto. D’altra parte, 143 gol fra i professionisti non sono numeri da tutti. Ma non è certo solo per la sua spiccata propensione a mordere mortalmente le difese avversarie che il Cobra è ancora un mito per tanti tifosi.  È innanzitutto per la sua umanità schietta e vera, quella che, con il suo aspetto un po’ guascone Tovalieri comunica subito, a chiunque lo incontri, e che è forse il dono più bello.

“A 50 anni ho voluto scrivere un libro autobiografico un po’ perché arrivato al traguardo dei 50 si sente il bisogno di raccontarsi veramente senza alibi, un po’ per far conoscere quello che c’è dietro il Cobra.”  La vita di Sandro è stata piena di episodi indimenticabili e di gioie esplosive, di affetti profondi ma anche di dolori lancinanti, di battaglie sportive e personali vinte e perse, ma sempre giocate col cuore, fino all’ultimo minuto di recupero. Il primo Tovalieri quello calciatore era intelligente in area di rigore, furbo, esuberante, anche incazzoso se i compagni non gli passavano la palla. Era sempre in agguato, e non solo dentro al campo era cosi anche fuori. Uno che mordeva la vita senza pensare troppo alle conseguenze. “Mi fossi chiamato Tovalierich avrei militato in squadre più importanti. Purtroppo ho sempre avuto l’etichetta del giocatore di serie B, forse anche per il mio carattere non sempre facile” ammette. “Oggi a 55 anni mi sono calmato, ho trovato un equilibrio. La mia vita si divide in due parti. C’è il prima e il dopo la morte di mia moglie Laura, una morte che ancora oggi non sono riuscito a superare. Chi mi dà la forza di andare avanti sono i miei due figli Ilaria e Simone, tutto quello che faccio è per loro.” Quando parla della moglie lo sguardo è duro, quasi estraneo a quello che gli succede intorno, poi torna il sorriso quando pensa a come da solo è riuscito a crescere due figli e ne va orgoglioso. La sensazione è quella che adesso nel giorno del suo compleanno avesse più voglia di parlare della sua vita privata che del calcio. “Forse si hai ragione, ma parlare della Roma in questo momento mi fa venire l’ulcera. Vedere la Lazio seconda in classifica è un dolore per un tifoso come me. E poi – confida- crede che alla gente piaccia conoscere di più l’uomo che c’è dietro il calciatore. Le parole danno realtà ai tempi, ai luoghi, ai sentimenti. E oggi mi piace ricordarli. La vita è così, va come va. L’importante è non dimenticare. Io non dimentico i gol, me li ricordo tutti cosi come non dimentico la mia vita privata, ogni momento che ho vissuto mi ha fatto diventare quello che sono oggi. Un po’ Cobra un po’ Sandro”.

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