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Sartori: “Chievo… che dolore, cancellati trent’anni di vita, emozioni e gioie”

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Corriere di Verona (Matteo Sorio) – Il Corriere di Verona ha intervisto Giovanni Sartori, l’ex ds, grande artefice dell’epopea clivense. Di seguito un estratto.

Arrivato al Chievo nel 1984 come attaccante, la seconda vita da ds artefice della scalata fino alla A. “[…] in un colpo solo si sono cancellati i miei trent’anni di Chievo. E soprattutto la storia di un club cui ho dato sempre tutto, fino al 2014. Tutti noi, insieme a Luca Campedelli, abbiamo portato avanti il lavoro iniziato da Luigi Campedelli […] In questo lungo mese di sofferenza il primissimo pensiero è sempre andato a Luca Campedelli, al quale devo tutto: so quanto ami il suo Chievo e quanto lui e la famiglia stiano soffrendo […] Poi a chi ci lavora e ha partecipato alle fortune del club, al suo messaggio positivo in Italia e nel mondo. Quindi i tifosi. Magari piccoli nei numeri ma grandi su quello della presenza, sempre pronti a far sentire il proprio sostegno ed educatissimi, vedi i tanti premi per il fair play…[…]”

“Dai dilettanti alla serie A e anche in testa alla A, sette volte capolista, un record. In quegli anni qualsiasi realtà un po’ anomala capace di arrivare ai vertici per restarci con merito e risultati era abbinata al Chievo: si diceva “il Chievo d’Inghilterra, il Chievo d’Albania, il Chievo di Svizzera… […] Non c’è nessuna squadra espressione di un quartiere che abbia fatto il percorso del Chievo. Però noi siamo stati un bene per il calcio, mi auguro possa riaccadere […] Anni condivisi con un gruppo straordinario che ha dato tutto per la causa, da solo nessuno vince niente. Grazie a Luca Campedelli e alla sua famiglia il Chievo è stato il mio banco di prova: arrivavo da due anni come osservatore per il ragionier Luigi e fu un grande azzardo da parte di Luca darmi il ruolo di ds […] Le scelte erano sì tecniche ma abbinate a un valore morale che cercavi di cogliere, sebbene poi la certezza non ci sia mai finché non parla il campo. Puntavamo su ragazzi ancora inespressi oppure, come si diceva in gergo, “rispolveravamo” calciatori apparentemente al capolinea che in quest’ambiente trovavano la spinta per ripartire […]

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