GLIEROIDELCALCIO.COM (Federico Baranello) –
Scudetti contesi … un argomento scottante
Abbiamo sempre cercato, pur con dei nostri limiti, di dare voce a tutte le parti in causa. Del resto la storia del calcio è nostra materia e, nel caso venisse riscritta, noi vogliamo cercare di capire il come e il perché. Almeno vorremmo provarci.
Nei giorni scorsi abbiamo intervistato Giancarlo Rizzoglio, membro del Comitato Storico Scientifico della Fondazione Genoa 1893, in occasione della presentazione del libro “La Stella negata al grande Genoa”, edito da De Ferrari. L’oggetto del contendere è il campionato 1924-25.
Qualche nostro lettore ci ha fatto notare, giustamente, che avevamo dato più spazio alle “ragioni” del Genoa e meno a quelle del “Bologna”. Ce ne siamo scusati e abbiamo immediatamente contattato Carlo Felice Chiesa, giornalista professionista, autore di diversi testi storico/sportivi tra cui “Bologna 1925. Fu vera gloria”, Edizioni Minerva.
Ringraziamo Carlo Felice Chiesa per averci voluto mandare il testo che pubblichiamo integralmente:
“Ho letto l’intervista di Giancarlo Rizzoglio e sono rimasto molto stupito, anche se forse qualcosa del genere me lo aspettavo e lo avevo anticipato nel mio libro, l’unico – ripeto – l’unico che finora abbia affrontato la questione della pretesa della Fondazione Genoa sullo scudetto 1924-25 non riferendosi a una generica e non meglio specificata “evidenza documentale scaturita dagli archivi”, ma a documenti autentici, trovati e pubblicati come si fa nella storiografia seria. Ecco, questo è il punto. Nelle parole di Rizzoglio ho trovato una impostazione del tutto opposta a quella propria di uno storico: lo storico cerca la verità, non i pasticci e, anzi, lavora con passione per evitare i pasticci. La “proposta” (sic) che Rizzoglio avanza, di un generale e generico “volemose bene” (ma davvero?) per cui tutti i club in qualche modo coinvolti nelle vicende degli “scudetti contesi” dovrebbero siglare un patto di non belligeranza atto a dare ragione e torto a tutti con una serie di “ex aequo” aderisce alla mentalità di un tifoso, non di uno storico. Perché parlo di “ragione e torto”? È molto semplice: questi “ex aequo” che dovrebbero sanare le situazioni, in realtà le incancrenirebbero, fissandole addirittura istituzionalmente negli almanacchi. Il nostro campionato, sin da quando è nato, non ha mai ammesso gli “ex aequo” (ecco perché il riferimento a Tamberi e Barshim è del tutto fuori luogo: regolamenti diversi, prassi diverse, c’è bisogno di spiegare la goffaggine dell’accostamento?). Dunque se in questi casi vi si facesse ricorso ciò equivarrebbe a riconoscervi difetti gravi, che dunque, al contrario, avrebbero consigliato la non attribuzione del titolo. Come se poi fossero casi omologhi! Mentre è palese a qualunque storico (storico, non tifoso) quanto l’uno diverga dall’altro, in modo assoluto.
Nel 1915 abbiamo una improvvida sospensione del campionato e una successiva – mai dimostrata con documentazione diretta, il che Rizzoglio dimentica di ricordarlo – attribuzione del titolo priva di qualunque fondamento giuridico-sportivo.
Nel 1924-25 abbiamo una vittoria limpida del campionato e la pretesa di una squadra eliminata in quella che de facto era una semifinale di intrufolarsi nell’albo d’oro senza alcuna giustificazione attendibile: in caso di ex aequo, l’unico vantaggio sarebbe per il Genoa, mentre al Bologna deriverebbe un “vulnus” non sanabile, come ho scritto nel mio libro, perché per qualunque giovane che in futuro si accostasse all’albo d’oro del calcio italiano, di fronte a una enormità del genere – il titolo assegnato sia a chi lo vinse sul campo, sia a chi invece si fermò in “semifinale” senza neppure disputare la finale, con buona pace dell’Alba Roma, che la finale la giocò e la perse – sarebbe giocoforza concluderne che nella circostanza dovessero essere state perpetrate, da parte bolognese, nefandezze di irredimibile gravità. Dunque, quello scudetto, il primo della sua storia, il Bologna se lo vedrebbe irrimediabilmente macchiato, e i protagonisti, a quasi un secolo di distanza, non avrebbero la possibilità di difendersi da così degradanti accuse. Se penso al fatto che Giovanni Mauro prima che arbitro era uomo di diritto (avvocato), inorridisco alle parole vellutate con cui Rizzoglio si sforza di diluire l’accusa di una falsificazione del referto, cioè di un atto compiuto da chi nella fattispecie esercitava le funzioni di pubblico ufficiale. Un abominio. D’altronde, sui fatti del 1924-25 il Bologna, tutti lo ricorderanno, propose un dibattito pubblico, a cui io diedi la mia piena disponibilità: mettiamo sul tavolo i documenti storici – se li abbiamo – e vediamo se davvero venne perpetrata nell’occasione “la più grande ingiustizia della storia del calcio internazionale”. Da parte della Fondazione Genoa e di Giancarlo Rizzoglio la risposta fu invece un muro invalicabile: non si può fare. Chissà perché.
Nel 1926-27 siamo di fronte a un verdetto sportivo limpido: ci fu un illecito, conclamato in quanto confesso e confermato anche da un tribunale penale ordinario, cioè il tentativo di un dirigente del Torino di “comprare” uno o più giocatori della Juventus in vista del derby decisivo per lo scudetto. Ebbene, Giancarlo Rizzoglio parla della inevitabile revoca del titolo che ne seguì come di una “decisione probabilmente ingiusta”: in base a quale codice morale o sportivo è “ingiusto” togliere lo scudetto a chi lo ha conquistato incorrendo in un tentativo di corruzione con tanto di consegna di una somma colossale di denaro? Anche in questo caso, la “toppa” proposta sarebbe peggiore del buco: nell’albo d’oro del Torino figurerebbe uno scudetto “a metà”, non previsto dal regolamento, e dunque inquinato, perché, come nel caso precedente, a chiunque si accostasse a una così vistosa deviazione da norme e prassi consolidate non resterebbe che dedurre che l’attribuzione del titolo anche al Bologna secondo classificato scaturisse da qualcosa di molto grave commesso dall’ambiente granata; mentre al Bologna non verrebbe per lo stesso motivo alcuna soddisfazione, dato che uno scudetto a metà non potrebbe significare che la sconfessione del verdetto sportivo emesso all’epoca e dunque di ogni diritto del club emiliano a fregiarsi di quello stesso titolo nel proprio albo d’oro. In altre parole: si propongono soluzioni che dal punto di vista storico sono assolutamente – ripeto, assolutamente – ingiustificabili. Soluzioni-pasticcio, che darebbero in conclusione più torto che ragione a tutti i protagonisti.
Allora sorge il sospetto che tale “proposta” sia avanzata da chi è consapevole – e la documentazione da me portata nei miei libri, sul caso ’24-25 come su quello ’26-27, lo dimostra – di difendere posizioni irrimediabilmente prive di fondamento. Posizioni da tifoso, non da storico. Perché, tornando al caso di specie di cui si occupa Rizzoglio nella nuova edizione del suo libro, delle due l’una: o il Bologna ha barato, e allora lo scudetto andava attribuito ad altri, magari all’Alba Roma sconfitto in finale; o il Bologna non ha barato e allora nessuno ha da reclamare. Lo storico non può accettare che lo scudetto di chi non ha barato venga “dimezzato”, né parimenti che uno scudetto venga assegnato, sia pure a metà, a chi si è fermato in semifinale. Tralascio ovviamente le digressioni “storico-politiche” in cui avventurosamente si addentra Rizzoglio in quanto sul tema ho già pubblicato, nella postfazione del mio libro, il parere di un esperto “vero”, cioè il professor Riccardo Brizzi, ordinario di storia contemporanea all’Università di Bologna. A ciascuno il suo mestiere… Non so se la fantomatica commissione della Federcalcio (di cui sono uscite finora sempre e solo voci, e sono ormai quasi tre anni…) emetterà mai un giorno i propri verdetti. Di certo, se si tratta di un consesso di storici autentici, non potrà nemmeno in ipotesi prendere in considerazione una così assurda “proposta”, che non farebbe che inquinare l’albo d’oro del calcio italiano”.
Grazie ancora a Carlo Felice Chiesa per il contributo.
Nel marzo del 2020 dicevamo … “Abbiamo scritto ancora una pagina di questa querelle, certo non l’ultima. Rimaniamo in attesa della prossima mossa… il dibattito aperto o la pronuncia della Commissione di Saggi?”.
Al momento ne l’uno ne l’altro …