LoLa carriera di Sergio Brio
Sergio Brio da Lecce, nato il 19 agosto 1956, 1,92 di altezza, un gigante. Giocatore precoce cresce nelle giovanili del Lecce. Inizialmente impiegato in attacco ma in Salento si accorgono presto di quanto potesse valere nel centro della difesa. Gioca in “C” con la squadra di casa, gli osservatori della Juventus lo notano e nell’ottobre del 1974 Boniperti acquista il suo cartellino. Nel 1974 -75 può prendere coscienza di quello che è il pianeta Juve giocando nella Primavera della stessa, ma allenandosi con la prima squadra.
Nel 1975 viene mandato a Pistoia a farsi le ossa. Due anni in “C” è una in “B”, dopo la promozione nella stagione 1976 -77 (la Pistoiese del presidente Marcello Melani nella seconda metà degli anni ’70 era molto ambiziosa, con l’obiettivo di pervenire in “A”, riuscendoci, peraltro, nella stagione 1979 – 80).
Dopo il campionato 1977 – 1978 i responsabili del settore giovanile della Juve Vycpalek e Parola (che non avevano mai perso di vista Brio) constatano i progressi e la complessiva maturazione del giocatore e suggeriscono a Boniperti di riprenderselo. Del resto, nel ruolo di stopper, i bianconeri annoverano Francesco Morini, grande giocatore, d’accordo, ma a fine carriera, e bisogna trovare chi lo affianchi per qualche anno e poi lo sostituisca. Nel 1978 – 79, dunque, Brio è di nuovo nella Juve, rimanendovi fino al 1990. Vincerà tutto. Nel suo palmares manca la Supercoppa italiana, ma solo perché non era stata istituita nei primi anni ’80.
La prima vittoria con la Juventus
Il primo successo è la Coppa Italia della stagione 1978 – 79. La finale di questa competizione, in un’annata in cui la Juve aveva deluso in campionato e in Coppa dei Campioni (che a mio avviso, per la caratura delle squadre all’epoca impegnate nella stessa, avrebbe potuto vincere), si tiene il 20 giugno 1979, avversario il Palermo, che milita in cadetteria.
Ma un gran Palermo, gagliardo, messo bene in campo da Veneranda, deciso a conquistare quel trofeo di cui nel 1974 in un certo senso era stato derubato. La compagine isolana passa in vantaggio al primo minuto di gioco, tiene, crea problemi e la Juve, pur superiore in fatto di classe, non ne riesce a venite a capo. Brio è in panchina, nella semifinale della stessa competizione aveva subito un infortunio serio e da poco gli è stato tolto il gesso.
Al 50’ Trapattoni lo manda in campo. Tenta il tutto per tutto per raddrizzare un match che si fa sempre più complicato. Per caricare il giocatore il Trap, sempre astuto e impareggiabile motivatore, gli ordina di rompere tutto con la sua stazza. Nella Juve a un certo punto si fa male Bettega e i bianconeri giocano con un uomo in meno. È l’assedio finale. Il Palermo spera sia la volta buona, ma al minuto 84’ Brio pareggia.
1979-80: la stagione storta di Sergio Brio
Poi nei supplementari Causio segna il gol vittoria bianconero, quando tutti credevano si potesse arrivare ai rigori. Nella stagione 1979 – 80 Brio gioca la prima stagione senza che ci fosse più Morini nella Juve. Si deve arrangiare. Ma la stagione non è di quelle felici per i bianconeri e Brio subisce critiche su critiche, specie dopo che a novembre 1979 la Juve perde nel campo dell’Inter per 4 a 0, presente e protagonista Altobelli, marcato dallo stesso gigante leccese, che segna 3 gol. Ma Brio ha sempre ammesso le proprie pecche e Boniperti lo ha sempre difeso, apprezzandone impegno e volontà di ferro.
Contro il difensore leccese ci si mette contro anche la sfortuna e il 16 aprile 1980 in un’amichevole si rompe un ginocchio di brutto. Questo nell’immediato impediva a Brio di giocare la semifinale di ritorno di Coppa contro l’Arsenal. Eliminazione per un gol a due minuti dal termine su colpo di testa.
Uno come Brio avrebbe potuto fare comodo. Il peggio è che chi lo opera pronostica che lo stesso giocatore difficilmente sarebbe potuto tornare in campo. Boniperti è testardo, come Brio, e gli mette a disposizione un massaggiatore. Lo stesso presidente juventino non mette in discussione che il giovane possa tornare a giocare, anzi gli migliora le condizioni contrattuali. Brio viene curato bene, spronato adeguatamente e riesce a ritornare in campo. Dopo 9 mesi dall’infortunio, campionato 1980 – 81. E qua entra in ballo Trapattoni. Che per mesi e mesi allena con sedute straordinarie il difensore che può ritornare in campo.
Dall’infortunio al cambio di ruolo
Gioca da stopper, marcatore fisso, tranne che l’attaccante da controllare non vada fuori zona. In difesa ha un compagno come Scirea, una garanzia, e se lo stesso avanza, copre Furino. Poi la maturazione definitiva come marcatore, affinando la tecnica, grazie alla quale matura la capacità di effettuare precisi lanci a cercare per esempio Boniek. Coronamento di tutti i sacrifici, le vittorie. Coppe su coppe. A Tokyo nel 1985 nella finale di Coppa Intercontinentale annulla l’argentino Borghi, un fuoriclasse, poi segna un rigore dopo i supplementari, benché stanchissimo. Prima, unica delusione, la sconfitta in finale in Coppa dei Campioni nel 1983.
Sergio Brio: vincente con la Juventus ma mai in Nazionale
Forse troppa sicurezza nei bianconeri, favoritissimi contro l’Amburgo, squadra ben organizzata e con un Hrubesch che fa ammattire Brio. Ma la Juve si riscatta vince la Coppa Italia contro il Verona. Scudetto e Coppa delle Coppe nel 1984. Fra tanti attaccanti avversari annullati, qualche errore ci è potuto scappare. Ma tanta volontà e determinazione, apprezzata dai tifosi, che non mancavano, però, di fischiarlo in caso di sbagli. È il calcio. Ultime grandi vittorie nel 1990 con Zoff in panchina. In nazionale solo una comparsa nella selezione Olimpica nel 1984. Pazienza. Ma chiaro esempio delle generazioni di calciatori di quell’epoca: dove non arrivava la classe innata, perveniva la volontà.
GLIEROIDELCALCIO.COM (Francesco Zagami)